Elezioni Amministrative 2016: candidati, data e sondaggi dei ballottaggi

10/06/2016 di Alberto Sofia

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ELEZIONI COMUNALI 2016

Le elezioni Comunali 2016? Non saranno decisive per il suo futuro a Palazzo Chigi, sbandiera Matteo Renzi. Lo aveva rivendicato in campagna elettorale, consapevole dei rischi per il Pd nella tornata di Amministrative. Lo ha rilanciato anche dopo i risultati piuttosto deludenti per il Nazareno al primo turno. Perché nella mente del premier sarà il referendum costituzionale di autunno sulle riforme il vero spartiacque della legislatura. Non è un caso che il presidente del Consiglio abbia già cercato di ridimensionare l’impatto delle urne. Soltanto «un test locale», per il segretario dem. Soprattutto ora che il Pd è crollato a Napoli, rimasto fuori dal ballottaggio. E teme pure un asse tra le opposizioni (M5S- destre- Sinistra), un fronte antirenziano seppur non ufficiale, per far perdere i candidati sindaci del Partito democratico. Basta osservare la mappa delle città dove il Pd si gioca tutto al ballottaggio per capire come le Comunali  possano però avere un peso simile a quello delle politiche. Roma, Milano, Torino, Bologna, Trieste saranno i test più importanti. Sfide dal verdetto tutt’altro che scontato per il Pd.

I RISULTATI IN DIRETTA DEI BALLOTTAGGI PER I SINDACI ALLE ELEZIONI COMUNALI 2016

I BALLOTTAGGI PER IL SINDACO ALLE ELEZIONI COMUNALI 2016

Soltanto Cagliari, tra le grandi città chiamate al voto, ha confermato il sindaco uscente Massimo Zedda (centrosinistra) al primo turno. In altri tre capoluoghi di provincia non sarà necessario il ballottaggio: a Cosenza è stato confermato Mario Occhiuto di Forza Italia (nonostante l’asse Pd-Verdini), a Salerno ha vinto il centrosinistra con Vincenzo Napoli, così come a Rimini con Andrea Gnassi. A VIllacidro (Medio Campidano) ha vinto Marta Cabriolu con Alternativa Civica. Altrove, invece, sarà necessario il ballottaggio il 19 giugno.

Tradotto, saranno necessari altri quindici giorni di campagna elettorale per decidere chi sarà a guidare le città più importanti italiane. Sarà sfida tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle a Roma (Roberto Giachetti contro Virginia Raggi) e Torino (l’uscente Piero Fassino contro Chiara Appendino), tra Pd e centrodestra a Bologna (l’uscente Virginio Merola contro la leghista Lucia Borgonzoni) e Milano (l’ex commissario Expo Beppe Sala contro Stefano Parisi), oltre che a Trieste (Cosolini contro Dipiazza),  Varese (Galimberti contro Orrigoni), Benevento (Del Vecchio contro Mastella, avanti al primo turno) e Caserta (Marino contro Ventre).

Infine, il Pd sarà costretto a guardare il secondo turno a Napoli, dove l’uscente Luigi de Magistris (Sinistra – civiche) parte da favorito contro Gianni Lettieri (Centrodestra).

Elezioni Comunali 2016

I RISULTATI DELLE ELEZIONI COMUNALI 2016

Questi invece sono stati i risultati del primo turno delle Amministrative nelle principali città chiamate al voto:

DATE ELEZIONI COMUNALI 2016: QUANDO SI VOTA PER I BALLOTTAGGI

Ma quando si vota per i ballottaggi delle Comunali? La data scelta dal Viminale è quella del 19 giugno, due settimane dopo il primo turno di domenica 5 giugno. Si voterà soltanto in una giornata, dalle 7 alle 23. Non sarà permesso il voto anche lunedì 6 e 20. Il motivo? Non si è trovato un accordo per le polemiche sull’aumento dei costi. Basterà presentarsi ai seggi con un documento di identità e la tessera elettorale (qui vi spieghiamo come sostituire la tessera se smarrita, deteriorata o completa). Ai ballottaggi si vota segnando una “x” su uno dei due candidati sindaco.

LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2016 CITTÀ PER CITTÀ: IL 1° TURNO DELLE COMUNALI 

Ma quali sono stati i capoluoghi e i Comuni chiamati a rinnovare i propri sindaci e consigli comunali? In totale sono stati 1351, con oltre 13 milioni di italiani chiamati alle urne. Tra questi Comuni, 1158 sono appartenenti a Regioni a statuto ordinario, mentre 193 a Regioni a statuto speciale.

Venticinque i capoluoghi al voto: rispettivamente Novara, Torino (Piemonte), Milano, Varese (Lombardia) Bolzano (Trentino Alto-Adige, si è già votato l’8 maggio, ha vinto il candidato Pd Renzo Caramaschi), Trieste, Pordenone (Friuli-Venezia Giulia), Savona (Liguria), Bologna, Ravenna, Rimini (Emilia-Romagna) Grosseto (Toscana), Latina, Roma (Lazio) Isernia (Molise), Benevento, Caserta, Napoli, Salerno (Campania), Cosenza, Crotone (Calabria), Carbonia, Villacidro, Cagliari, Olbia (Sardegna).

I SONDAGGI DELLE ELEZIONI 2016: PER IL PD INCUBO BALLOTTAGGI

Già in campagna elettorale era chiaro come la sfida delle Comunali avesse non poche ombre per il Pd: in quasi in tutte le maggiori città – con l’eccezione di Cagliari e Milano – è stata archiviata la vecchia coalizione di centrosinistra, con Sel-Sinistra Italiana che ha lanciato candidati autonomi. Il M5S e il centrodestra sono stati però per Renzi gli avversari più ostici. Il centrodestra si è presentato da più parti diviso, se si esclude il caso di Milano e di Bologna. La fotografia dell’alleanza tripartitica siglata nella stessa Bologna, con Silvio Berlusconi in coalizione con Salvini e Meloni, seppur nelle vesti del “gregario”, è già stata archiviata. Da Roma a Torino, è stato strappo nel segno dell’alleanza tra Carroccio e Fratelli d’Italia a trazione lepenista. Ora, in vista dei ballottaggi, il rischio per il Pd è quello di un remake delle disfatte di Livorno e Venezia al secondo turno.

LE DATE E I RISULTATI DELLE PRIMARIE

In attesa delle Comunali, per la scelta dei candidati in casa dem non sono mancate le polemiche sulle primarie. I gazebo che portarono il nuovo corso renziano ai vertici sono stati a lungo in bilico, con i vertici tentati di limitare la partecipazione agli ex sindaci sgraditi (come Marino e Bassolino, una norma poi bocciata) o di archiviare del tutto le consultazioni.

Alla fine sono state Roma, Napoli, Milano, Trieste e Grosseto le città principali dove si sono svolte le consultazioni. A vincere sono stati i principali candidati di vertice, sostenuti da Renzi. Giuseppe Sala ha trionfato nel capoluogo lombardo, Valeria Valente sotto il Vesuvio e l’ex radicale Roberto Giachetti nella Capitale.

Ma sul risultato di Napoli non sono mancate le ombre: un video diffuso da Fanpage ha documento alcuni scambi di denaro da parte di consiglieri ed esponenti del Pd napoletano che hanno allungato qualche soldo ai votanti alle primarie, invitandoli a partecipare e a sostenere la candidata vincente, Valeria Valente. Lo sconfitto Antonio Bassolino ha presentato ricorso al comitato dei garanti, invano.

Il verdetto è stato confermato e il ricorso dell’ex governatore bocciato (per tre volte). Una decisione anticipata dai vertici del partito che avevano blindato il risultato, compreso il presidente nazionale Matteo Orfini. Bassolino, tentato dallo scenario di una corsa solitaria, alla fine ha scelto di confermare il sostegno a Valente.

Ma sulle primarie non c’è stata soltanto l’ombra di un voto inquinato. Quello che preoccupa in casa dem è stata anche l’affluenza, soprattutto nella Capitale dove i partecipanti sono stati dimezzati (42mila circa) rispetto alle consultazioni che incoronarono l’ex sindaco Ignazio Marino.

A Milano hanno votato invece in 60mila, 7 mila in meno rispetto agli elettori che scelsero nel 2010 Giuliano Pisapia. In controtendenza, invece, il dato sotto il Vesuvio: alle urne sono andati in oltre 30mila. Alle Regionali 2015 erano stati soltanto 13mila a votare in città.

LE ELEZIONI COMUNALI 2016 A ROMA

Resta il voto per il nuovo sindaco del Campidoglio la grande incognita delle Amministrative. Dopo la polemica fine della giunta Marino, decaduto con le dimissioni dal notaio dei consiglieri dem e di parte delle opposizioni, per il Pd sarà la sfida più complessa, in una città ora amministrata dal commissario straordinario Tronca. E dove, sondaggi alla mano, la grande favorita è la candidata del M5S Virginia Raggi.

I CANDIDATI ALLE ELEZIONI COMUNALI 2016 A ROMA

In casa dem si sta cercando di ricostruire un rapporto con la città. Bocciata la proposta lanciata da Walter Tocci per una grande coalizione civica, con il Pd a supporto senza simbolo, il primo passo sono state le primarie di centrosinistra (senza Sel) che hanno incoronato il deputato renziano Roberto Giachetti candidato sindaco con il 64% circa dei voti. Più che doppiato l’avversario (che aveva ottenuto il timido endorsement di Bersani) Roberto Morassut. L’ex Assessore all’Urbanistica e a Roma Capitale dell’amministrazione Veltroni si è fermato intorno al 28%.

LE PRIMARIE A ROMA: IL TRIONFO DI ROBERTO GIACHETTI

Sembrava essersi candidato quasi controvoglia, Roberto Giachetti, dopo le pressioni ricevute da Matteo Renzi. Con quell’immagine del Campidoglio mostrata mentre parlava sul palco dell’ultima edizione della Leopolda, quando ancora non aveva comunicato la sua partecipazione. L’ex radicale non poteva dire di no al premier. I gazebo l’hanno incoronato oltre le più rosee previsioni: «Le primarie sono state un’amichevole, nonostante qualcuno volesse un’azzuffata. Ora voglio vincere le elezioni a Roma», ha rivendicato subito dopo il voto. Chiedendo liste pulite e presentando a due settimane di distanza dal voto la possibile Giunta.

Morassut si è messo a disposizione del vicepresidente della Camera, chiedendo però di allargare il fronte. Ma Sel-SI aveva però già scelto un’altra strada. Lo strappo nel vecchio centrosinistra romano è diventato ufficiale con la candidatura per il Campidoglio dell’ex viceministro dell’Economia Stefano Fassina, fuoriuscito dal Pd e tra i fondatori di Sinistra Italiana. Una decisione tormentata, con un pezzo di Sel romana che ha lavorato a lungo contro il suo stesso candidato, per conservare quell’alleanza larga che governa anche la regione Lazio presieduta da Nicola Zingaretti. Tensioni che sono sfociate pure nel pasticcio delle liste. La candidatura di Stefano Fassina è stata prima bocciata, con la commissione elettorale che ha escluso le sue liste. Poi, riammessa in extremis dal Consiglio di Stato. Il motivo? Fassina pagava una serie di errori materiali, come l’assenza della data tra le firme autenticate e (per quanto riguarda i Municipi) l’utilizzo di moduli vecchi, nei quali mancava il riferimento alla legge Severino. Il ricorso è stato però accolto, con il CdS che ha ribaltato il primo verdetto confermato dal Tar. La presenza del candidato di SI ha così ridisegnato il panorama politico alle Amministrative del Campidoglio. E potrebbe svantaggiare Giachetti, che puntava a recuperare una parte dei voti di Sel per conquistare il ballottaggio.  In casa Sinistra italiana, comunque, non manca l’amarezza per una partita giocata in modo superficiale. Con tanto di dissidi interni che rischiano di frenare il risultato di Fassina. Si era pure cercata anche la carta dei gazebo della “sinistra-sinistra“, alternativi a quelle del Pd, per una liaison con Ignazio Marino. Il sindaco uscente, in polemica con i vertici renziani dopo la fine traumatica della sua giunta (con le dimissioni imposte dal Pd ai suoi consiglieri con le firme dal notaio), ha però deciso di non candidarsi: «Vi chiedo di scegliere insieme un uomo o una donna, che non sia io, che possa vincere e guidare la città di Roma», ha spiegato, rivolgendosi ai suoi sostenitori delusi durante la presentazione del libro “Un Marziano a Roma“. Ma un nome alternativo non è stato trovato. Dalla stessa società civile, a sorpresa, aveva annunciato di essere pronta a candidarsi Ilaria Cucchi, sorella di Stefano. Una candidatura che avrebbe potuto sparigliare in tutta l’area di centrosinistra e togliere voti anche in casa M5S. Ma che è stata archiviata, dopo essere stata accolta timidamente dai partiti. Alla corsa per il Campidoglio non si “iscriverà” nemmeno l’ex ministro della Cultura del governo Letta Massimo Bray, già corteggiato invano dalla minoranza Pd e da Massimo D’Alema in chiave anti-Giachetti: «Non voglio essere elemento di divisione», ha spiegato. Nell’area della sinistra capitolina si era mossa anche l’iniziativa civica “Contaci“. Un progetto lanciato da civatiani, ex sostenitori della sinistra Pd, attivisti filo-Marino, accademici e mondo dell’associazionismo, che ha riproposto l’idea di una grande lista civica per Roma (senza simboli di partito) lanciata dal senatore dem Walter Tocci, ma bocciata dal Pd. Anche in questo caso però una candidatura non è stata trovata. A sinistra di Giachetti e Fassina si candiderà invece Alessandro Mustillo, per il Partito comunista.

OBIETTIVO BALLOTTAGGIO PER M5S E CENTRODESTRA (DIVISO) A ROMA

E il centrodestra? Al Campidoglio si presenterà diviso. Da una parte Forza Italia che ha scaricato in extremis Guido Bertolaso per convergere su Alfio Marchini, dall’altra la coppia lepenista Matteo Salvini-Giorgia Meloni, con la leader di Fratelli d’Italia che ha annunciato la sua corsa dopo lo “strappo del Pantheon“. In gioco non ci sarà soltanto il Campidoglio, ma le future gerarchie del centrodestra. Sul piatto c’è la leadership di un’area politica che punta a ricostruirsi nel mezzo del tramonto politico berlusconiano.

Sarà derby alle urne. L’obiettivo è chiaro per l’asse Lega-Fdi: sfruttare il test romano per archiviare la stagione del Cav. Perché, al di là del risultato delle Comunali, basterà un voto in più del candidato azzurro per provare a pensionare il vecchio “padre padrone” del centrodestra.

Certo, la partita del centrodestra romano si è trasformata nei mesi in una farsa. L’annuncio della candidatura della Meloni è arrivato dopo settimane di tatticisimi, candidature bruciate, veti e attacchi incrociati tra i leader. Con una vittima politica: la foto della piazza di Bologna, con l’unità sbandierata tra Fi-Lega-Fdi, si è già rotta. Ma era chiaro da tempo come l’intesa e la coalizione fossero rimaste solo sulla carta, con i partiti costretti alla convivenza forzata, soltanto per convenienze elettorali reciproche.

L’ultimo sacrificato è stato l’ex sottosegretario Guido Bertolaso, candidato prima supplicato dal Cav, ufficializzato dai tre leader della (ex) coalizione, poi scaricato da tutti. Doveva essere il “Rudy Giuliani” di Forza Italia, si è ritrovato «in panchina» a pochi giorni dalla presentazione delle liste, dopo una campagna elettorale condita da gaffes continue. Prima le frasi contestate dalla Lega sui “rom vessati” che hanno permesso a Salvini un alibi per mollarlo, celando i suoi reali interessi: impallinare e “picconare” i (presunti) alleati per racimolare consenso. Poi altre dichiarazioni e interviste che hanno fatto irritare e sobbalzare pure Forza Italia, l’ultimo partito che sosteneva l’ex sottosegretario: «Ha detto che la moglie vota Giachetti, lui voterebbe Marchini e che potrebbe fare l’assessore della Raggi: comunicazione e obiettivi mi sembrano un po’ confusi», era stato l’affondo di Giovanni Toti, il governatore ligure e consigliere politico del Cav che avrebbe voluto mantenere l’asse con Meloni. Invano, perché alla fine Bertolaso è stato scaricato per l’imprenditore Alfio Marchini.

Una scelta che ha spinto Lega e Fdi ad attaccare il Cav, evocando l’ipotesi di un «nuovo Nazareno» sotto il Campidoglio. Ovvero, per l’asse italico lepenista quella del Cav sarebbe una strategia per aiutare Renzi nella partita complicata delle Amministrative.

La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, era a dir poco restia a candidarsi. Aveva preferito sfilarsi, di fronte al rischio di una sconfitta che avrebbe pregiudicato qualsiasi ambizione futura. Senza dimenticare la gravidanza imminente: «Mi candiderei soltanto come extrema ratio», aveva spiegato. Poi, lo scenario è cambiato. Tanto che, pressata pure dal partito e da chi temeva che la Lega rosicchiasse la base romana del partito, alla fine ha deciso di correre. Con Salvini che si è subito aggregato.

Sarà così un derby fratricida, voto per voto, tra Meloni e Marchini, prima corteggiato – sia a destra (dal Cav) che da settori dem -, poi abbandonato. E infine riabbracciato dal Cav. Altro che “libero dai partiti“, come recita il suo slogan. Marchini “vestirà” da indipendente, ma avrà il sostegno di Ncd e dei fittiani di CoR e pure di quel che resta di Fi. Una sorta di Pdl 2.0.  Ma non solo: anche l’ex governatore del Lazio Francesco Storace, che già aveva lanciato un “appello” (invano) affinché il centrodestra scegliesse attraverso le primarie di coalizione il suo candidato unitario, potrebbe sfilarsi per Marchini.

Ci saranno anche altri candidati minori nell’area della destra estrema: da Simone Di Stefano, il candidato di Casapound, ad Alfredo Iorio, per Msi – Fiamma e Forza Nuova.

Si è invece ritirato dalla corsa il senatore di Forza Italia Antonio Razzi: «Con 450mila abruzzesi residenti nella Capitale…», aveva azzardato. Ma era chiaro fosse più una mossa da propaganda, che una volontà reale. Cambia poco: in casa centrodestra sarà comunque una tragicommedia. Con un rischio (a dir poco) concreto: con più candidati in campo raggiungere il secondo turno per il centrodestra sarà un’impresa.

Salvini ha già annunciato che, qualora Meloni non arrivasse al secondo turno, sosterrà il M5S in chiave antirenziana. Ma Marchini sogna comunque in grande. Perché qualora riuscisse ad arrivare al secondo turno, beffando sia Meloni che Giachetti, potrebbe incassare anche il sostegno di parte degli elettori dem. In un’ipotetica sfida contro Raggi, potrebbe essere scelto per frenare l’avanzata a 5 Stelle.

I pentastellati sono comunque i grandi favoriti delle Comunali per il Campidoglio. Tramontata l’ipotesi di una candidatura del “big” del Direttorio Alessandro Di Battista, il candidato è stato scelto con le “Comunarie“: sarà Virginia Raggi, candidata che tanto piace al quartier generale della Casaleggio a Milano.

Ha trionfato nel turno finale con il 45,5% (1.764 voti). Vice sarà l’ex candidato sindaco nel 2013, Marcello De Vito, sostenuto dall’ex capogruppo alla Camera Roberta Lombardi. E in casa dem confermano i timori: «Al secondo turno Raggi può raccogliere i consensi di parte del centrodestra». Con il fantasma della sconfitta di Livorno all’orizzonte.

Non è un caso che la candidata pentastellata abbia concentrato la sua campagna elettorale negli attacchi al Pd di Giachetti, puntando sui temi simbolo del M5S, trasparenza e legalità. Ed evocando pure qualche proposta singolare, compresa la “moneta virtuale” e la funivia tra Casalotti e Boccea contro il traffico. Dal fronte degli avversari non hanno risparmiato le accuse. In particolare è stata l’Unità a scagliarsi contro di lei, evocando pure l’ipotesi – falsa – che avesse fatto parte del vecchio video di Meno male che silvio c’è dedicato a Berlusconi. Nulla di vero: è stato pure il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, a condannare l’articolo e scusarsi. Un simbolo di una campagna elettorale scarsa di contenuti e condotta sulla base di slogan e propaganda. Un clima che rischia di prolungarsi fino al ballottaggio del 19 giugno, quando si conoscerà il prossimo sindaco della Capitale.

Si presenterà alle urne anche il fronte del Family Day. Candidato al Campidoglio sarà anche uno dei leader, Mario Adinolfi. Lo stesso Adinolfi, garante insieme a Gianfranco Amato (capolista), ha confermato la nascita di liste del neonato movimento in 300 Comuni.

LE ELEZIONI COMUNALI 2016 A MILANO

Anche a Milano la sfida è aperta per il post-Giuliano Pisapia, che ha deciso di non ricandidarsi. Al momento, sondaggi alla mano, il centrosinistra parte comunque in vantaggio.

I CANDIDATI ALLE ELEZIONI COMUNALI 2016 A MILANO

In casa centrosinistra a vincere le primarie del 7 febbraio 2016 è stato Giuseppe Sala, battendo Francesca Balzani (sostenuta da Pisapia), Pierfrancesco Majorino e l’outsider Antonio Iannetta. Sarà l’ex commissario Expo a tentare di raccogliere l’esperienza del sindaco arancione a Palazzo Marino: una candidatura che piace allo stesso Matteo Renzi, che non ha mai negato le sue simpatie verso il manager.

Le ombre però non mancano. Anche per il calo dei votanti ai gazebo, ben sette mila in meno rispetto al 2011, anno della sfida Pisapia-Boeri. Sala ha vinto, ma non ha sfondato. E se i voti della sinistra dem e di Sel non si fossero divisi tra Balzani e Majorino (57% in due, contro il 42% di Sala) il risultato poteva essere ben diverso. Non è un caso che il vicesindaco uscente abbia attaccato Majorino per il mancato accordo raggiunto prima del voto.

Ma non solo. La creazione delle liste ha creato non pochi problemi e fratture. Balzani ha rifiutato la candidatura, riaprendo le divisioni a sinistra dopo l’incognita Sel, già critica per una candidatura, quella di Sala, considerata nel segno del “Partito della Nazione“.

Non pochi dentro il partito di Vendola e Fratoianni – ormai dentro il cantiere del nuovo soggetto politico unitario, Sinistra Italiana – spingevano per una rottura con il vincitore delle Primarie del centrodinistra a Milano. Ha prevalso il gruppo dirigente milanese, che ha confermato il sostegno all’ex commissario Expo, nonostante le tensioni nazionali. E la mediazione di Pisapia, che ha spinto per conservare l’esperienza di un centrosinistra largo.

Eppure, a sinistra di Sala c’è chi appoggerà un candidato alternativo: sarà Basilio Rizzo, presidente uscente del Consiglio comunale. Correrà con la lista “Milano in Comune”, con l’obiettivo di riproporre lo schema della lista arancione, fuori però dalla coalizione che sosterrà Sala. In realtà, sondaggi alla mano, quella di Rizzo rischia di essere una candidatura di testimonianza. Sullo sfondo c’era Giuseppe Civati, che ha però deciso di non correre in prima persona. Stessa scelta fatta da Curzio Maltese, europarlamentare eletto nel 2014 con la lista Altra Europa con Tsipras, e dall’ex pm Gherardo Colombo, forse l’unico in grado di pescare in un elettorato più ampio. In assenza di alternative, non è rimasto che puntare su Rizzo. Tentando di far convergere tutto il fronte della sinistra che non si riconosce nelle primarie che hanno incoronato il commissario Expo. Compreso il movimento Possibile di Civati.

E gli altri avversari? Il M5S sembra tagliato fuori dalla corsa, in base ai sondaggi. Il motivo? Un cambio di candidato che sembra aver affossato le chances dei pentastellati. Il nome alla fine scelto è stato quello dell’avvocato Gianluca Corrado, che ha preso il posto di Patrizia Bedori, ritirata dopo mesi trascorsi nella marginalità.

Aveva vinto a sorpresa le  “Comunarie”, con un voto tra gli iscritti in assemblea invece che online (e appena una settantina di voti su 300 preferenze espresse). Eppure tra i 5 Stelle del capoluogo lombardo non aveva mai convinto nessuno. Tanto che non erano mancate le voci, smentite dalla stessa Bedori, sulle presunte pressioni dai vertici – Casaleggio e Grillo – per una sua sostituzione.

Alla fine Bedori si è ritirata, attaccando i media e «la macchina del fango» contro di lei: «Avete usato volutamente termini come casalinga e disoccupata per offendermi: volevo dirvi che per me non sono offese». E ancora: «A chi mi ha chiamato ‘brutta grassa e obesa’ e ‘fuori a calci nel culo’ non dico niente, poiché le sue parole si commentano da sole». Il suo sostituto, Coraddo, può però ambire soltanto a condizionare il risultato del probabile ballottaggio.

Perché, numeri alla mano, il vero avversario di Sala sarà il candidato del centrodestra, Stefano Parisi, ex ad Fastweb e fondatore della piattaforma di video on demand “Chili”. Una candidatura quasi speculare rispetto a quella dell’ex commissario Expo. Gli altri nomi sondati dal centrodestra non avevano dato le stesse garanzie. Sfumato Paolo Del Debbio, la candidatura considera più autorevole, si era fatto il nome del giornalista Alessandro Sallusti. Ma sulla bocciatura del direttore del Giornale hanno pesato sia i sondaggi non esaltanti sia i malumori tra i moderati di Forza Italia.

Stefano Parisi, già city manager di Gabriele Albertini dal 1997 al 2001, può invece rivendicare il “miracolo” di essere riuscito a tenere unito il vecchio centrodestra, da Ncd alla Lega Nord, includendo Fi. Capolista azzurra sarà Mariastella Gelmini, attuale coordinatrice regionale azzurra in Lombardia, per FI.

Per il centrodestra, sondaggi alla mano, sarà un testa a testa al primo turno. Ma l’obiettivo è provare a giocarsela al ballottaggio, in rimonta. Anche perché alla fine Parisi è riuscito a strappare pure il sostegno di Corrado Passera, ex ministro del governo Monti e leader di Italia Unica che ha ritirato la sua candidatura per sostenere l’ex city manager.

Marco Cappato, infine, sarà il candidato sindaco dei Radicali alle elezioni di Milano 2016. La formazione radicale presenterà una propria lista in autonomia da centrodestra e centrosinistra.

LE ELEZIONI COMUNALI 2016 A NAPOLI

Per le Comunali a Napoli le probabilità che si arrivi al ballottaggio, numeri alla mano, sono molto alte. Ma l’impressione è che il grande favorito sarà ancora una volta Luigi de Magistris.

I CANDIDATI ALLE ELEZIONI COMUNALI 2016 A NAPOLI

Ritenterà la corsa il sindaco uscente, verso il quale confluirà anche l’area che gravita intorno al nuovo cantiere della Sinistra italiana, oltre ai civatiani di Possibile, Rifondazione comunista e i Comunisti italiani.

PRIMARIE 2016 A NAPOLI: VINCE VALENTE TRA LE OMBRE, BASSOLINO NON STRAPPA

Il Pd ha scelto il suo candidato con le primarie, un verdetto sul quale non sono mancate le ombre per i possibili brogli alle urne denunciati da Fanpage.it. Il verdetto però è stato blindato, con la tripla bocciatura del ricorso presentato dall’ex governatore campano Antonio Bassolino. E lo stesso ex governatore ha alla fine scelto di confermare il sostegno a Valeria Valente, nonostante la tentazione di una corsa solitaria.

Valeria Valente, deputata e leader degli orfiniani in Campania, può contare anche sull’appoggio dei renziani ed è stata sostenuta anche da Scelta Civica alle primarie: «Napoli ha scelto di guardare avanti, di investire sul suo futuro, per l’affermazione di una nuova leadership e una nuova classe dirigente. Ora mandiamo a casa De Magistris e sconfiggiamo il progetto alternativo del centrodestra e delle altre forze che si contrappongono a noi», ha rivendicato. Sosterrà il candidato dem a Napoli pure ALA di Denis Verdini, con la sua truppa campana, di fatto entrata in maggioranza dopo la fiducia al governo sulle Unioni Civili. Un sostegno che ha scatenato polemiche tra la sinistra dem, soprattutto per la presenza di alcuni candidati discussi. Come Vitale Calone, figlio del pluripregiudicato Vincenzo, accusato proprio per le sue parentele. 

Sondaggi alla mano, non sembra tra i favoriti delle Amministrative il M5S. Archiviate le voci sul vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, dopo una votazione online a vincere è stato a sorpresa Matteo Brambilla. Ha battuto la concorrenza dell’attivista storica Francesca Menna, considerata vicina al membro del direttorio e presidente della commissione Vigilanza Rai, Roberto Fico. Per il centrodestra è in corsa l’imprenditore Gianni Lettieri, già sconfitto cinque anni fa dallo stesso De Magistris al ballottaggio. Berlusconi lo ha confermato come candidato, archiviando l’ipotesi evocata della corsa di Mara Carfagna. La deputata sarà invece capolista azzurra. Il diretto interessato è convinto di potersi giocare le sue carte. «Perché gli elettori dovrebbero votarmi se mi hanno già bocciato? Beh, non è la prima volta che accade. Cinque anni fa hanno sbagliato, non ho perso io, ma la città», ha replicato ai microfoni di Giornalettismo Tv. Non senza ostentare sicurezza: «Chi voterei se non arrivassi al ballottaggio? Io mi sento già al secondo turno, anzi mi sento sindaco». Eppure, il distacco da De Magistris sembra incolmabile. Anche al ballottaggio, in base ai sondaggi recenti.

LE ELEZIONI COMUNALI 2016 A TORINO

A Torino sembrava invece una corsa non troppo complicata per il sindaco uscente dem Piero Fassino. Eppure, secondo sondaggi interni, anche sotto la Mole il ballottaggio potrebbe essere all’orizzonte.

I CANDIDATI ALLE ELEZIONI COMUNALI 2016 A TORINO

L’ex segretario Ds Piero Fassino ha sciolto i dubbi, esortato da Renzi e dal Pd, ma i tentennamenti e l’ufficialità arrivata soltanto a metà dicembre rischiano di frenare la sua corsa. Rispetto a 5 anni fa, la coalizione perderà il supporto di Sel: a sinistra ha già confermato la sua partecipazione alle elezioni Giorgio Airaudo, ex sindacalista Fiom.

Al contrario appoggeranno Fassino, tra le polemiche della minoranza Pd e della sinistra, anche ex berlusconiani come Enzo Ghigo (già presidente della Regione Piemonte per due mandati e tra i fondatori del partito del Cav) o centristi come Michele Vietti (ex vicepresidente Csm, allora eletto in quota Udc).

La stampella dei centristi ha trovato collocazione nella lista dei Moderati di Portas, alleato del Pd, che a Torino vale circa il 10% dei consensi. Mentre sarà l’ex assessore Passoni a cercare di drenare voti di sinistra verso Fassino con una lista d’appoggio.

Al secondo turno punta però il M5S di Chiara Appendino, candidata dei pentastellati. «Lei è la miglior candidata che il M5S poteva scegliere…», ammettono dai corridoi di Montecitorio. Questo perché, si teme in casa dem, «conosce già la macchina amministrativa (è consigliere comunale in carica, ndr) e potrebbe riuscire a intercettare voti anche fuori dall’elettorato M5S».

Al ballottaggio, però, Fassino conserverebbe ancora un margine di vantaggio, seppur tutt’altro che rassicurante. Tradotto, peseranno anche i voti raccolti da Airaudo al primo turno e dal centrodestra.

L’ipotesi che quest’ultimo arrivi al secondo turno sono infatti remote. Il motivo? Come a Roma, il centrodestra si presenterà diviso. E si peserà in un derby fratricida. L’ex parlamentare azzurro Osvaldo Napoli sarà sostenuto da Forza Italia, ma non dall’asse in salsa lepenista Salvini-Meloni.

«Osvaldo Napoli non è un candidato valido, si è perso troppo tempo», ha attaccato il leader del Carroccio dopo aver incontrato il notaio Alberto Morano. Sarà lui il candidato ufficiale di Lega e Fratelli d’Italia: «Se Berlusconi non vuole politici, ma imprenditori e professionisti, per me la persona giusta è Morano. Noi della Lega non imponiamo nulla a nessuno, ma non vedo alternative». Tradotto, il fronte unitario non ci sarà nemmeno sotto la Mole.

Già da settimane Lega e Salvini avevano compreso come il centrodestra fosse ormai fuori dalla corsa. Per questo, era il ragionamento di Via Bellerio, il Carroccio non aveva alcuna intenzione di portare voti all’ex sindaco di Giaveno, Osvaldo Napoli, a dir poco indietro nei sondaggi. E con poche possibilità di infastidire Fassino. In casa centrodestra Napoli e Morano non saranno gli unici candidati. Nell’area del centrodestra si è candidato pure Roberto Rosso, ex FI ora vicino ai CoR di Fitto.

«La sfida che va profilandosi tra il candidato sindaco del centrosinistra Piero Fassino, presidente di Anci, e quella del centrodestra Osvaldo Napoli, presidente di Ancitel, è quella che in gergo calcistico si chiama “biscotto”, che significa che la squadra più debole fa passare quella più forte», ha invece attaccato il parlamentare di Sinistra Italiana e candidato sindaco Giorgio Airaudo. In pratica, una sorta di riedizione del “patto del Nazareno” in salsa sabauda. Dall’estrema sinistra, in corsa ci sarà invece pure l’ex eurodeputato Marco Rizzo, con il suo “rinato” Partito Comunista.

LE ELEZIONI COMUNALI 2016 A BOLOGNA

Le elezioni a Bologna sono forse l’unica sfida con minori incognite per il Pd. Almeno in base ai sondaggi. Il sindaco uscente Pd Virginio Merola dovrebbe essere confermato, vicino al 50% già al primo turno. Certo, al Nazareno non manca chi teme possibili sorprese in un eventuale ballottaggio. Non è un caso che, in un primo tempo, fosse stata avanzata anche l’ipotesi di un cambio di cavallo, con il nome evocato dell’ex governatore Vasco Errani. Poi, sondaggi alla mano, è arrivata la conferma dei vertici per Merola.

I CANDIDATI ALLE ELEZIONI COMUNALI 2016 A BOLOGNA

A sfidare il sindaco uscente per il M5S ci sarà il fedelissimo dei vertici pentastellati Massimo Bugani. Una candidatura – di fatto – “imposta” dall’alto, tra le polemiche all’interno della base per le mancate Comunarie” e le accuse degli attivisti al quale è stato impedito di competere con Bugani.

In casa centrodestra, invece, la Lega Nord è riuscita a imporre la candidatura di Lucia Borgonzoni. Archiviata l’ipotesi di una candidatura dell’esponente azzurro Galeazzo Bignami. Berlusconi aveva anche tentato la “carta” Vittorio Sgarbi, ma la candidatura possibile del critico d’arte è stata bocciata da Salvini . Ma a Bologna il fronte unitario, sancito a novembre proprio nel capoluogo emiliano, ha resistito.

A sinistra del Pd, invece, il candidato autonomo è stato scelto con le primarie dalla Coalizione Civica. Sarà Federico Martelloni (Sel) che ha vinto i gazebo appoggiato da Sinistra Italiana, con il 59,84% dei voti validi. Ha superato Paola Ziccone, ex direttrice del carcere minorile del Pratello, che ha ottenuto il 40,16%.

Sarà una grana per Merola, che perderà la stampella a sinistra della sua coalizione e rischia di perdere voti utili per vincere già al primo turno. Anche nella sinistra-sinistra non sono però mancate le (solite) divisioni. Con il Prc che ha deciso di abbandonare dopo il voto la Coalizione Civica, già critica sulla candidatura del dirigente locale del partito vendoliano.

LE ELEZIONI COMUNALI 2016 A CAGLIARI

Nemmeno a Cagliari mancavano ombre sul centrosinistra, anche se il capoluogo sardo è l’unica grande città dove ci sarà una candidatura (quasi) unitaria a sinistra.

I CANDIDATI ALLE ELEZIONI COMUNALI 2016 A CAGLIARI

L’uscente è l’esponente di Sel Massimo Zedda, perplesso però verso la strategia scelta a Roma dal partito e verso la linea di rottura con il Pd. Non è un caso che non pochi rumours abbiano evocato il possibile passaggio del sindaco al partito di Renzi, per ora smentita. Il sindaco sarà in corsa per il bis a Palazzo Bacaredda.

Poco prima di Natale è arrivato l’appoggio ufficiale del Nazareno al sindaco. Fiducioso di poter venire riconfermato dai cagliaritani. Anche perché sulla sua corsa non peserà nemmeno il processo per doppio abuso d’ufficio: Zedda è stato assolto dalle accuse, compresa quella sulla nomina di Marcella Crivellenti come sovrintendente del Teatro Lirico.

Il Movimento 5 stelle ha scelto con un voto sul blog il candidato, tra due liste pentastellate in corsa e divise tra loro, ovvero quella Floris e quella Martinez.  Ha vinto la lista con Maria Antonietta Martinez candidata sindaco.

Ma i sondaggi mostrano come sarà il centrodestra l’avversario più rischioso per Zedda. In realtà, fino a poche settimane prima dalla presentazione delle liste il fronte di destra rischiava di presentarsi diviso. Poi, il passo indietro di Forza Italia, dopo mesi di tentennamenti, con la convergenza sulla candidatura dell’ex senatore azzurro Piergiorgio Massidda, che si era presentato nelle vesti del “civico”. Ad annunciare l’appoggio, con la lista “Forza Cagliari”, è stato il coordinatore regionale azzurro Cappellacci.

Lui stesso in passato aveva frenato ed escluso una possibile intesa, per poi fare retromarcia, nella penuria di alternative e per l’indisponibilità annunciata da Farris, uno dei nomi in passato evocati. Sulla candidatura di Massidda ha deciso di convergere anche il deputato eletto nelle liste di Scelta Civica Pierpaolo Vargiu, che ha vinto le primarie del polo #Ca_mbia. Ora Massidda sarà sostenuto da circa 15 liste e punta a giocarsi la partita contro Zedda al ballottaggio.

Tra gli outsider, si candideranno sindaco con liste civiche a supporto anche due consiglieri di minoranza. Uno è Paolo Casu, indipendente. L’altro è Enrico Lobina, già Prc, poi passato all’opposizione nel novembre 2014. Infine, correrà anche il giornalista di Videolina Paolo Matta, altro candidato civico.

DATE ELEZIONI COMUNALI 2016: QUANDO E COME SI VOTA

Il Viminale ha scelto la data del 5 giugno per il primo turno delle elezioni amministrative 2016. Il 19 sono invece previsti gli eventuali ballottaggi. Ma come si voterà? Nei Comuni con un numero di abitanti superiore a 15mila si vota con una sola scheda, dove sono riportati i nomi dei candidati sindaci e le liste che appoggiano il candidato. L’elettore può esprimere il voto in tre modi:

  • segnando una “x” solo sul simbolo della lista. La preferenza va alla lista e al candidato sindaco che questa appoggia;
  • tracciando un segno sul simbolo di una lista, indicando nel caso anche la preferenza per uno dei candidati alla carica di Consigliere appartenenti alla stessa lista, e tracciando contestualmente un segno sul nome di un candidato sindaco non collegato alla lista votata. Questo è il caso del  “voto disgiunto“;
  • tracciando un segno soltanto sul nome del Sindaco, votando così solo per il candidato Sindaco e non per la lista o le liste a quest’ultimo collegate.

Nei Comuni con più di 15mila abitanti viene eletto sindaco al primo turno il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi (almeno il 50% più uno).Nel caso in cui nessun candidato ottenga questo risultato, si torna al voto due domeniche dopo per votare tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, in un turno di ballottaggio. Ad essere eletto è il candidato che prende più voti.

Il Consiglio comunale viene invece stabilito seguendo queste regole, come spiega l’Anci: se le liste collegate al candidato eletto nel primo o nel secondo turno non hanno conseguito almeno il 60% dei seggi ma hanno ottenuto nel primo turno almeno il 40% dei voti, otterranno automaticamente il 60% dei seggi. I seggi restanti saranno divisi tra le altre liste proporzionalmente alle preferenze ottenute.

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