Gli host Airbnb che dovranno pagare la cedolare secca al 26%

I cambiamenti inseriti nella Legge di Bilancio 2024 e le modifiche nella politica della piattaforma dopo la sanzione del Fisco

06/01/2024 di Redazione Giornalettismo

All’inizio del novembre scorso, l’Agenzia delle Entrate aveva sequestrato 779 milioni di euro ad Airbnb. L’accusa era grave: evasione fiscale per il mancato versamento (dal 2017 al 2021), della cedolare secca (pari al 21%). La piattaforma si è seduta al tavolo con il Fisco italiano e quella cifra è stata ricalcolata. Alla fine, il dovuto era di 353 milioni a cui sono stati aggiunti 174 milioni di sanzioni amministrative e 49 milioni di interessi (per un totale di 576 milioni di euro). Il tutto nei giorni in cui il Parlamento ha dato il via libera alla Legge di Bilancio 2024, all’interno della quale è stata aumentata l’aliquota per le locazioni brevi al 26%.

Cedolare secca Airbnb, tutti i cambiamenti dal 2024

Per correre ai ripari, in attesa di definire cosa accadrà per quel che riguarda i mancati versamenti del 2022 e 2023 (si sta cercando di coinvolgere gli host attraverso un “ravvedimento operoso), Airbnb ha deciso di cambiare le carte in carica: per evitare il ripetersi di quanto accaduto negli ultimi anni, a partire dal 1° gennaio 2024 sarà prelevata la cedolare secca al 21% in modo automatico. Il motivo? La legge di Bilancio, oltre a confermare la posizione della piattaforma come “sostituto d’imposta”, sottolinea come quella percentuale debba essere versata a titolo d’acconto. Prima di effettuare i calcoli (in base alla dichiarazione dei redditi 2024) in base al numero di alloggi in affitto breve: con due o più appartamenti in locazione entro i 30 giorni, l’aliquota passa al 26%.

In Italia, oltre il 75% degli host è proprietario di un solo “annuncio” su Airbnb. Questo riduce la fetta di popolazione che dovrà pagare molto più rispetto a quanto stabilito fino al 31 dicembre del 2023. Dunque, i grandi cambiamenti sembrano essere più sulle modalità di raccolta delle imposte e sulle strategie aziendali. Ma anche sulla trasparenza, come invece non è accaduto in Australia, dove la piattaforma è stata multata per aver “ingannato” i clienti sulla valuta della tariffa.

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