Le fonti del giornalismo e le fake news

L'informazione, per definizione, dovrebbe scegliere con cura le proprie fonti. Con i social, però, il paradigma è stato cambiato. In peggio

23/02/2024 di Redazione Giornalettismo

Cos’hanno in comune una creator di TikTok che aveva il nome del fidanzato tatuato sulla testa, una teoria su Instagram che ci dice che gli uccelli non sono reali e che sono stati invece sostituiti da droni piazzati lì dal governo degli Stati Uniti e la cittadina di Gubbio? In realtà, non hanno proprio nulla in comune se non il fatto di essere tutte e tre delle fake news, veicolate attraverso canali diversi.  

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La prima attraverso un video su TikTok, la seconda attraverso i post su Instagram, la terza invece prima su una chat di WhatsApp e di Telegram e poi addirittura attraverso i principali giornali online italiani. Nella fattispecie, a Gubbio si parlava di un attacco presunto di dissenteria collettiva dopo una cena di pesce: non è mai esistito nulla di tutto questo.  

Fonti del giornalismo e fake news, tutti i problemi

Questo per far capire quanto le fake news possano essere pericolose e quanto queste si possano diffondere attraverso canali di comunicazione diversi: non possiamo fidarci di un video, non possiamo fidarci di un post su Instagram, forse non possiamo fidarci nemmeno di alcuni articoli su alcuni tipi di giornali online. La fake news o meglio il disordine informativo – questa accezione che si sta diffondendo oggi sempre di più con l’aumentare del traffico su internet – è un problema che si può declinare attraverso tre direttrici.  

La fake news può essere un fatto che non è mai esistito, un fatto che è esistito solo in parte e che poi, magari, è stato sovrainterpretato, contestualizzato in maniera diversa, oppure un fatto che è esistito, ma che è stato collocato in un tempo e in un luogo completamente diversi, completamente a caso. 

Per quanto riguarda la prima fattispecie, queste fake news sono più facili da smascherare per un giornalista: basta che esegua delle semplici operazioni. Come telefonare alle persone direttamente coinvolte nel fatto, oppure recarsi sul posto come sarebbe sempre buona prassi fare, o ancora sentire pareri di persone informate sui fatti o pareri di esperti. Nel giro di due o tre telefonate o con un viaggio in loco potrebbe smentire facilmente la fake news.  

Più difficile, invece, è quando la fake news parte da qualcosa che effettivamente esiste, ma che poi è stata interpretata in maniera diversa. Lì l’operazione di controllo per un giornalista è molto più complessa. Allo stesso modo potrebbe essere complesso localizzare nel tempo e nello spazio un fatto che si è verificato, ma che magari è stato riportato sui social network come riferibile a un’altra epoca.  

In tutto questo è molto importante per il giornalista la consultazione delle fonti. Le fonti del giornalismo sono fondamentali e soltanto il giornalista ce le ha: non ce l’ha il creator su Instagram o su TikTok e soprattutto non ce le ha l’utente X che fa partire una catena di notizie false su canali come WhatsApp e come Telegram. Inoltre, il giornalista ha un ulteriore elemento che può aiutare nella riconoscibilità e nella lotta a questo disordine informativo: la deontologia professionale, il rispetto per la sua professione. Non può dire il falso, non può testimoniare qualcosa che non è reale e che non è concreta. Per questo è importante, da utente, selezionare delle fonti certificate, attendibili, che possano far luce su quello che vediamo in un video, che leggiamo in un post o quello che riceviamo in un messaggio sul nostro cellulare.  

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