Ma se abbiamo già il “Parental control”, a cosa serve l’age verification?

Dal 21 novembre scorso, tutti gli operatori telefonici devono dotarsi e fornire questo strumento. Ed è prevista la restrizione a siti che ospitano contenuti per adulti

03/04/2024 di Enzo Boldi

All’Italia piace, storicamente, creare leggi su leggi per ogni singola fattispecie. Lo vediamo per quel che riguarda il codice penale, quello civile e per tutte le norme che vanno a implementare – di anno in anno – anche le leggi a livello fiscale. Spesso e volentieri, questo florilegio di normative non fanno altro che generare confusione e rendere ogni decisione figlia dell’interpretazione. Sta accadendo la stessa cosa anche per quel che riguarda l’opportunità di inibire l’accesso ai siti pornografici ai minori di 18 anni attraverso soluzioni che rispondono all’esigenza dell’age verification. Nel nostro Paese, in realtà, c’è già una soluzione che agisce non sulle piattaforme, ma sul traffico in internet. Parliamo del cosiddetto “Parental Control“.

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Facciamo un piccolo passo indietro. Il 21 novembre dello scorso anno, è entrato in vigore un provvedimento – rivolto a tutti gli operatori telefonici che forniscono anche la possibilità di navigare in internet – figlio di un emendamento (che risale al 2020) trasformato in legge con il più recente Decreto Giustizia. A spiegare i dettagli è una delibera Agcom che fornisce tutte le spiegazioni che possiamo sintetizzare così: da quella data, tutte le aziende che svolgono il ruolo di operatore telefonico devono adeguarsi e implementare i loro sistemi al Parental Control. Dunque, ogni singolo titolare di un contratto telefonico può decidere – secondo modalità differenti se si è maggiorenni o minorenni – se inibire la propria linea telefonica e internet alla consultazione e visione di piattaforme che ospitano (anche) contenuti non adatti ai minori. Se si è minorenni e si ha una SIM (nel caso degli smartphone) intestata, la limitazione avviene di default; se si è genitori e si ha una SIM utilizzata dai figli minori, si può intervenire in diversi modi per applicare questo strumento.

Parental control è più efficace dell’age verification?

Di fatto, dunque, questa soluzione dovrebbe già permettere il blocco dei contenuti pornografici (attraverso i siti) sui telefoni e sui pc utilizzati dai minorenni. Anche perché, la stessa delibera Agcom ha inserito questa tipologia di piattaforme in quelle che devono essere oscurate se il dispositivo viene utilizzato da un bambino o adolescente. Tra le otto categorie individuate dall’Autorità (oltre al gioco d’azzardo, le armi, la violenza, l’odio e la discriminazione, le sette, l’anonymizer e comportamenti che mettono a rischio la salute mentale), c’è proprio (al primo punto) l’impossibilità di collegarsi a portali che ospitano “contenuti per adulti”, identificati in questo modo:

«Siti web riservati ad un pubblico maggiorenne, siti che mostrano nudità totale o parziale in un contesto sessuale pornografico, accessori sessuali, attività orientate al sesso. Siti che supportano l’acquisto online di tali beni e servizi». 

Come abbiamo già spiegato in un nostro precedente approfondimento, dal controllo parentale (ripetiamo, strumento che gli operatori telefonici devono mettere a disposizione – obbligatoriamente – di tutti i cittadini) restano fuori alcune zone franche: utilizzare una VPN, accedere al dark web attraverso strumenti ad hoc o – più banalmente – cercare e trovare materiale pornografico (nel migliore dei casi) su applicazioni di messaggistica istantanea (vedi Telegram). Tutti comportamenti su cui non può nulla il Parental control. Ma neanche l’age verification potrebbe andare a coprire questa lacuna “tecnica”. Dunque, ancora una volta, si sta cercando di intervenire su uno spazio già coperto da una normativa vigente. Certamente si tratta di due livelli d’intervento differente: il controllo parentale è relativo agli operatori telefonici, la verifica dell’età fa riferimento alle piattaforme. Cambia la forma, ma non la sostanza: in entrambi i casi ci sono dei limiti, ma almeno con il Parental control non c’è la malsana idea di fornire a siti privati le generalità dell’utente.

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