Pos o non pos: qual è la situazione nell’Unione Europea

Mentre in Italia si discute ancora sul vincolo imposto agli esercenti sui pagamenti elettronici, la situazione fuori dai nostri confini è ben diversa

05/12/2022 di Enzo Boldi

Il percorso italiano è stato molto farraginoso. Sono serviti dei decreti con articoli ad hoc da inserire all’interno di leggi a più ampio respiro, poi sono arrivati passi indietro di fronte alle polemiche, infine è arrivato il via libera (con soglia azzerata) e il nuovo annunciato ritorno al passato senza sanzioni. Ma cosa accade con l’obbligo di accettare pagamenti con POS in Europa? Perché la lotta all’evasione fiscale non è una problematica solamente nostrana, eppure – come accade anche su un altro tema caldo (e strettamente correlato) come il “tetto ai contanti” – non vi è uniformità all’interno della UE.

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In Italia, l’evoluzione di una legge sull’obbligo – per gli esercenti – di accettare pagamenti elettronici è stata irta di ostacoli. Tutto nacque nel 2012 (sotto il governo Monti), ma la misura – con vari ritocchi segnati nel tempo – è arrivata alla sua versione attuale (anche se in fase di rimodulazione, come annunciato dal governo Meloni) con l’esecutivo guidato dall’ex Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi: dallo scorso 30 giugno (anticipando di 6 mesi la scadenza, in linea con uno degli obiettivi del PNRR), tutti gli esercenti (non solo chi vende prodotti, ma anche chi offre servizi a pagamento) devono permettere al cliente di utilizzare anche i pagamenti elettronici (per qualsiasi cifra), altrimenti scatta una multa di 30 euro a cui si somma il 4% del valore di quella stessa transazione non concessa. In attesa di chiarire la decisione che prenderà il Parlamento che nei prossimi giorni dovrà presentare, discutere e votare gli emendamenti alla Legge di Bilancio 2023, proviamo a capire cosa accade fuori dai confini.

Obbligo Pos in Europa, la situazione fuori dall’Italia

Perché l’obbligo POS in Europa non c’è. Probabilmente perché c’è meno esigenza di normare un qualcosa che è già entrato di diritto all’interno della quotidianità dei cittadini. Ma dall’Unione Europea sono stati forniti dei paletti per regolamentare cosa deve accadere con i pagamenti elettronici. Per esempio: «Le norme dell’UE sui pagamenti fanno sì che le imprese e i loro clienti possano effettuare e ricevere facilmente versamenti elettronici. Stabiliscono che per i pagamenti in euro all’interno dell’UE le banche devono addebitare la stessa commissione che applicano alle operazioni equivalenti a livello nazionale». Ma anche: «Le imprese non sono autorizzate ad addebitare alla loro clientela costi aggiuntivi per l’uso di una carta di credito o di debito. Ciò si applica a tutti gli acquisti effettuati con una carta (nei negozi e online) in tutta l’UE».

Paletti che, dunque, rispondono a esigenze comunitarie e che l’Italia ha provato a recepire con le varie norme che si sono susseguite nel corso degli anni. Ma un vero e proprio obbligo Pos in Europa non esiste. Ci sono, però, alcuni dati che ci spingono a capire il motivo, come quelli evidenziati dal rapporto Cashless 2022 di The European House-Ambrosetti. Il tutto sintetizzato in un grafico.

Questo grafico mostra il numero di transazioni pro-capite (quindi il totale suddiviso per numero di cittadini che vivono in un determinato Paese) effettuate con strumenti di pagamento elettronici. Il dato è relativo al 2020 (con paragone rispetto al 2019) e fa vedere come l’Italia sia al 25° posto su 27, con una media di 62. Mentre la media europea si attesta sulle 142. In testa ci sono i Paesi scandinavi, mentre in Bel Paese è in coda.

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