Cosa sono i Non-Fungible Token (NFT) e perché se ne parla tanto
La certificazione, attraverso Blockchain, ha dato vita a una nuova forma di mercato
28/03/2021 di Enzo Boldi
Una nuova forma di mercato, attraverso nuove tecnologie e strumentazioni che spostano su digitale quel che – fino a poco tempo fa – era fisicamente tangibile. Nelle ultime settimane si è parlato molto dei Non-Fungible Token, questi certificati digitali che, piano piano, stanno prendendo il posto delle vecchie certificazioni sul diritto d’autore. Un aggiornamento al tempo della rete e del perennemente connesso nel web. Cambiano le dinamiche comunicative (ma anche commerciali) e di conseguenza variano anche gli approcci. Ma cerchiamo di capire cosa sono questi NFT, come funzionano e perché anche nel nostro Paese si stanno muovendo i primi passi in questa direzione.
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Partiamo dalla definizione di Non-Fingible Token. Per capire al meglio questo concetto, iniziamo dal significato del termine “fungibile“, citando il vocabolario dell’Enciclopedia Treccani:
fungìbile agg. [dal lat. mediev. fungibilis, der. del lat. fungi «fungere»]. – In diritto, di beni che, non avendo specifica individualità, possono tenere l’uno il posto dell’altro agli effetti giuridici (bene f. è, per eccellenza, il denaro). Per estens., e in usi fig., di cose in genere, e anche di persone, che possono essere usate l’una in sostituzione di un’altra (quindi sinon. di intercambiabile).
Insomma, è fungibile un qualcosa che non è unica. Per esempio: una forma di Parmigiano Reggiano stagionato 36 mesi è uguale a un’altra forma di Parmigiano Reggiano stagionato 36 mesi. Per questo motivo, sul bancone dei formaggi di uno stesso supermercato, il prezzo per le due forme sarà lo stesso. Il discorso, dunque si basa sull’unicità di un determinato prodotto. Se esiste un qualcosa di “unico” a possederla può essere una sola persona. Ed è qui che entra in ballo il concetto di certificazione di unicità e proprietà (intellettuale, ma anche economica) di quel determinato prodotto. Non-fungible, dunque, fa riferimento a un qualcosa che – a differenza di un qualcosa di fungibile – non ha eguali. Il termine token, invece, è molto più semplice da spiegare: parlando di digitale, infatti, è l’insieme di informazioni (per l’appunto) digitali che sono alla base di un singolo file.
NFT, cosa sono e come funzionano i Non-Fungible Token
Fatta questa premessa di carattere linguistico, occorre analizzare a fondo come questi NFT – uniti alla tecnologia Blockchain – stiano rivoluzionando il mercato digitale. I Non-Fungible Token sono, di fatto, delle certificazioni: una sorta di ticket unico digitale che contiene tutte le informazioni sulla proprietà di un determinato “oggetto” nato sul web. Certificazione che, come abbiamo visto nelle ultime settimane, può anche essere messa sul mercato e venduta (per centinaia di migliaia di dollari, o euro, ma attraverso Bitcoin o Ether) al miglior offerente.
I casi più noti di vendita degli ultimi mesi
Tra i casi che hanno fatto crescere grande curiosità attorno al mondo dei NFT c’è quello del gatto arcobaleno (Nyan Cat), la gif venduta a oltre 500mila euro. Poi, a stretto giro di posta, sono arrivati altri due casi emblematici dagli Stati Uniti: il primo riguarda la vendita del primo tweet pubblicato da Jack Dorsey, fondatore di Twitter per quasi tre milioni di dollari (acquistato da Sina Estavi, amministratore delegato della società blockchain Bridge Oracle) devoluti in beneficenza; il secondo, sempre con fine benefico, ha visto come protagonista il New York Times che ha venduto il suo primo articolo – in formato Non-Fungible Token – per 563 milioni di dollari.
Una soluzione per il diritto d’autore sul web?
Al netto dell’aspetto commerciale evidenziato da questi tre esempi (ma ce ne sono molti altri), la soluzione dei Non-Fungible Token potrebbe risolvere la questione del copyright nel web. Spesso e volentieri, infatti, il diritto d’autore online è stato oscurato (e ostacolato) da norme di difficile efficacia che non hanno mai fermato il fenomeno dei Copia&Incolla. Spieghiamo bene: una replica delle Gioconda di Leonardo da Vinci può essere venduta ed esposta, se viene dichiaratamente espressa la sua natura di replica. Una foto (come accade con i famosi meme), una gif e altri contenuti digitali nati in rete, invece, non godono di un riconoscimento di “paternità” che, spesso e volentieri, non riesce neanche a essere individuato. Con gli NFT, invece, i vengono certificati proprio tutte le informazioni che compongono un determinato file. Per questo motivo, anche l’eventuale vendita assume dei contorni ben più ufficiali rispetto al recente passato.
E l’Italia che fa con gli NFT?
E anche l’Italia sta muovendo i suoi primi passi. Tra. compiti assegnati al Ministero per la Transizione digitale – affidato da Mario Draghi a Vittorio Colao – c’è anche quello dello sviluppo della tecnologia Blockchain (su cui si basano anche i Non-Fungible Token). E la Siae, Società Italiana degli Autori ed Editori, ha avviato la sua sperimentazione sugli NFT applicati – per il momento – al mondo della musica attraverso degli asset digitali. Perché il diritto d’autore, nel 2021, non è più solo un concetto scritto su carta adesiva e affrancato su un prodotto fisico.
(foto di copertina: da Canva)