La legge sull’istigazione a delinquere via social punirebbe Salvini (ma lui non se ne è accorto)

Al netto dell'esistenza già conclamata della fattispecie di reato (articolo 414 del codice penale), il leader della Lega ha per anni alimentato campagne di odio contro persone. E non solo

20/06/2023 di Enzo Boldi

Tra il dire e il propagandare, c’è di mezzo una storia fatta di utilizzo delle piattaforme digitali per solleticare le sensibilissime pance dei suoi elettori. Perché se il governo Meloni sta realmente pensando di approvare una legge per modificare l’articolo 414 del codice penale, inserendo la fattispecie di reato di “istigazione a delinquere via social” (che tra l’altro già esiste ed è punita come aggravante), occorre fare un piccolo passo indietro per capire come gli stessi esponenti che compongono l’esecutivo siano stati tra i grandi protagonisti di video, post e card social in grado di provocare la reazione scomposta di chi li ha visti e letti. Un esempio su tutti: l’attuale Ministro delle Infrastrutture, nonché vice-Presidente del Consiglio, nonché Segretario della Lega Matteo Salvini.

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Prima di spiegare come il leader del Carroccio sia entrato in un completo cortocircuito, straparlando e facendo annunciare a un esponente del suo partito proposte di legge senza essere a conoscenza di come l’impianto normativo italiano (in riferimento al codice penale) già preveda addirittura un’aggravante (grazie alla legge 43/2015) per chi si macchia del reato di istigazione a delinquere via social, andiamo proprio a estrapolare il concetto giuridico di “istigazione” grazie a quanto descritto sul Brocardi:

«Per istigazione s’intende qualsiasi fatto diretto a suscitare o a rafforzare in altri il proposito criminoso di delinquere o di perpetrare i fatti illeciti indicati. Non appare necessario che tale istigazione sia accolta e che porti dunque alla commissione del fatto, diversamente infatti l’agente risponde del reato commesso». 

Dunque, all’interno della sfera sementico-giuridica del concetto di “istigazione”, non conta che questi atti criminosi vengano commessi da altri dopo l’istigazione. Basta utilizzare (anche) le piattaforme social contro uno o più soggetti. Una o più cose (in caso di beni materiali).

Istigazione a delinquere via social punirebbe Salvini

Questa premessa era necessaria per evitare di cadere nel tranello che risponde al grido di “ma nessuno ha commesso un reato in seguito a quell’istigazione”. Dunque, proprio per sottolineare l’incoerenza e quell’istinto propagandistico degli esponenti del governo, recuperiamo alcuni contenuti social del passato che potrebbero configurare la violazione ai sensi dell’articolo 414 del codice penale. E partiamo del leader della Lega che, dopo quanto accaduto a Casal Palocco, ha iniziato a pontificare sulla necessità di normative più stringenti. Perché, estremizzando i concetti, qualora i protagonisti di TheBorderline fossero ritenuti colpevoli proprio ai sensi di quell’articolo del CP, ecco che un post social dell’attuale Ministro delle Infrastrutture dovrebbe portare allo stesso destino.

Bere alcolici e superalcolici non è, ovviamente, un reato. Raccontare di essersi messi alla guida in stato di ebrezza, invece, è reato (punito dall’articolo 186 del Codice della Strada). Tutto ciò, seguendo la linea di pensiero dello stesso segretario della Lega, dovrebbe portare al reato di “istigazione a delinquere via social”, perché – di fatto – si sdogana la possibilità di mettersi alla guida di un mezzo dopo aver bevuto alcolici e superalcolici. E, inoltre, si tratta di un comportamento che potrebbe portare all’emulazione.

Il caso Oseghale

E facciamo un salto di qualche anno, arrivando ai giorni dell’omicidio della giovane Pamela Mastropietro. Sempre Matteo Salvini, una volta pubblicata la notizia dell’arresto di Innocent Oseghale (poi condannato all’ergastolo), pubblicò sui suoi canali social un post con su scritto: «Immigrato nigeriano, permesso di soggiorno scaduto, spacciatore di droga. È questa la “risorsa” fermata per l’omicidio di una povera ragazza di 18 anni, tagliata a pezzi e abbandonata per strada. Cosa ci faceva ancora in Italia questo VERME? Non scappava dalla guerra, la guerra ce l’ha portata in Italia. La sinistra ha le mani sporche di sangue. Espulsioni, espulsioni, controlli e ancora espulsioni! La Boldrini mi accuserà di razzismo? La razzista (con gli italiani) è lei». Parole al vetriolo contro Oseghale – ancor prima che la giustizia facesse il suo corso -, contro il Partito Democratico e contro Laura Boldrini. Ma concentriamoci sulle parole nei confronti del nigeriano, perché solo qualche giorno (il 3 febbraio del 2018) dopo la pubblicazione di questo post, a Macerato Luca Traini sparò – dalla sua auto – contro un gruppo di nordafricani.

Ovviamente non stiamo attribuendo la responsabilità a Matteo Salvini rispetto a quanto avvenuto nelle Marche, ma l’idea di un’istigazione a delinquere via social dopo aver messo alla gogna un uomo (condannato solo anni dopo) puntando tutto sul suo status di migrante africano con permesso di soggiorno scaduto (tirando in ballo il PD, prima di dimostrare la difficoltà nei rimpatri nei suo anno da Ministro dell’Interno) potrebbe rientrare nella fattispecie che la stessa Lega vorrebbe inserire nel decreto contro le baby-gang. E non citeremo il comizio in cui lo stesso Salvini ha sollevato al cielo una bambola gonfiabile che rappresentava Laura Boldrini, perché sarebbe un esercizio dialettico già commentato in passato. Dunque, da parte del legislatore – in questo caso di un Ministro – occorrerebbe maggiore prudenza e consapevolezza di quel che si è fatto nel corso degli anni. Proprio sui social.

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