Il governo vuole introdurre un nuovo reato contro creator e YouTuber che “istigano alla violenza”

A proporla è stato il leghista Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia: ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare

20/06/2023 di Enzo Boldi

È il governo che guarda alla pancia del Paese e che segue la cronaca dei fatti. Si concretizza un episodio – possibilmente cruento – che fa discutere per giorni e che offre materiali ai giornalisti di ogni tipo? Ecco che il governo si inserisce con una sua proposta di legge o – meglio – con l’annuncio di una proposta di legge che ricalchi esattamente le intuizioni del cittadino medio che sostiene una discussione nel bar del proprio Paese. L’intervista rilasciata al Messaggero dal sottosegretario alla Giustizia, il leghista Andrea Ostellari, va proprio in questa direzione: l’episodio degli youtubers TheBorderLine, protagonisti di un incidente a Casal Palocco nel quale ha perso la vita un bambino di 5 anni, ha sicuramente fatto partire l’effetto domino, arrivando nelle stanze delle istituzioni. Che, adesso, puntano a fare una proposta che è già stata definita “legge anti-youtubers”.

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Legge anti-youtubers, la strana proposta di legge di Andrea Ostellari

Secondo il sottosegretario, la proposta dovrebbe andare a colpire coloro i quali – attraverso i propri comportamenti – vanno ad esaltare delle azioni illegali e/o pericolose per la pubblica incolumità. Traducendo pari pari dal politichese, sembra chiaro che l’obiettivo siano le famose challenge che impazzano sui social network frequentati dai più giovani e che rappresentano, da qualche tempo a questa parte, uno dei contenuti con maggiore engagement sui social network. L’obiettivo è quello di punire i responsabili di queste condotte con una pena che potrebbe arrivare fino a cinque anni di reclusione. E la proposta di legge potrebbe essere incardinata in quella sulle baby gang, che la Lega aveva proposto nell’ormai lontano 2019 e che non era mai stata calendarizzata prima di quest’ultima legislatura e dell’arrivo al governo di Giorgia Meloni, nonostante situazioni di equilibri interni alla Camera e al Senato molto favorevoli per il Carroccio. La legge prevedeva un abbassamento dell’età imputabile a 12 anni e l’eliminazione del trattamento di favore per i minori sorpresi nello svolgere tutto ciò che possa essere assimilato a un’associazione a delinquere.

«La ratio dell’intervento – ha spiegato Ostellari al Messaggero – è evitare l’effetto moda generato da chi compie bravate sul web» e uno spazio molto ampio all’interno della proposta di legge sarà destinato alla produzione di contenuti video – pubblicati sulle piattaforme come YouTube, ma anche su altri social network – che possano mettere in scena queste condotte pericolose e creare il famoso effetto emulazione.

Ancora una volta, si cerca di utilizzare uno strumento troppo specifico – come questa proposta di legge anti-youtuber – per affrontare un problema di carattere più generale. Difficile l’applicazione di una legge che possa individuare, sulla base della vulgata comune, quelli che sono ritenuti comportamenti pericolosi diffusi attraverso i social network. Ad esempio, cosa succederà ai video musicali e alle performance artistiche in generale che, proprio sui social network, trovano una vetrina di visibilità ideale? Come fare a definire il confine tra ciò che può causare emulazione e ciò che rappresenta un contenuto legittimo? Davvero lo Stato, fino a questo momento, non ha gli strumenti giuridici per normare situazioni di questo genere? E perché – questa è probabilmente la domanda centrale tra tutte le altre – lo stesso Stato preferisce agire sui comportamenti individuali e non attribuire delle responsabilità dirette alle piattaforme e alle multinazionali del digitale? Queste ultime, infatti, sebbene abbiano delle regole e delle policies che possono intervenire anche sui comportamenti off-line dei propri utenti, faticano ad applicarle. E troppo spesso – in nome del guadagno facile – chiudono un occhio. Anzi due.

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