Gli influencer si sono mai battuti contro il potere dell’algoritmo?

Lo sfogo di Clio MakeUp riaccende una discussione che non è stata sollevata dai quotidiani che si sono occupati del caso: come le BigTech indirizzano le dinamiche degli influencer marketing e come in pochi si siano ribellati a tutto ciò

06/03/2023 di Enzo Boldi

«Porta avanti una staffetta scorretta: non passa il testimone ma passa a testimonial». Questo è un verso di una nota canzone di Michele Salvemini, in arte Caparezza. Era il lontano 2009 e uno dei massimi esponenti del genere hip-hop/rap italiano raccontava di come la società moderna si fosse già trasformata in un ricettacolo di iniziative atte a un obiettivo: il diventare qualcuno attraverso i vecchi e i nuovi media. Non c’è un riferimento diretto ai social network, ma le dinamiche “contestate” in quel brano sono pressoché le stesse che oggi ci troviamo ad analizzare. Perché partendo dallo sfogo di Clio Zammatteo – meglio conosciuta come Clio MakeUp – occorre necessariamente estendere una riflessione a come gli influencer si siano mai battuti contro l’algoritmo di Meta e di tutte le piattaforme attraverso cui sono “diventati qualcuno”.

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C’è un vecchio detto: «Non si sputa nel piatto in cui si è mangiato». Dunque, immaginiamo sia difficile prendere una posizione dura e incontrovertibile nei confronti di quelle piattaforme social (parliamo di Instagram, Facebook, ma anche di YouTube e similari) che hanno reso una “persona qualunque” una celebrità del web. La viralità profonda, infatti, dipende in parte dall’abilità di coloro i quali scelgono questa strada, ma anche dall’algoritmo in continua evoluzione. Perché, spesso e volentieri, ci siamo trovati davanti a cambiamenti nello stile comunicativo da parte di un influencer/creator per un istinto di sopravvivenza di fronte a questa serie di codici – che creano schemi attraverso istruzioni e paletti – invisibili all’occhio umano e intangibili all’utente che, come le creature forgiate dai e sui social, subiscono passivamente questa natura digitalmente mutevole.

Influencer contro algoritmo Meta, i precedenti

Ma ci sono mai state campagne reali degli influencer contro algoritmo Meta? Difficile trovare testimonianze singole. Al massimo, infatti, c’è stato chi ha contestato i princìpi di moderazione dei contenuti (come il ban in seguito alla pubblicazione dei nudi parziali su Instagram, ora sdoganati dal gennaio scorso). Il caso più recente – ma senza una protesta ufficiale, se non attraverso un ironico e sarcastico commento su Instagram – riguarda Elisabetta Canalis che ha visto bannata un’immagine (una foto artistica) realizzata dal fotografo Andrea Varani perché considerato uno scatto di “nudo). Nel gennaio del 2021 toccò a Eleonora Rocchini, così come accadde a Wanda Nara.

Questo, però, è solo un aspetto. Altre proteste – o, per meglio dire, prese di posizione – contro i social network riguardavano sempre la moderazione dei commenti. In particolare, in molti criticarono Instagram (ma anche Twitter e Facebook) per un mancato intervento repentino nella sospensione di quegli utenti protagonisti del fenomeno dell’hate speech: il linguaggio dell’odio che, spesso, viene condito con epiteti razzisti, omofobi e discriminatori. A tutto ciò si uniscono una serie di iniziative personali di vip (quindi non influencer “di nascita”) che hanno deciso di abbandonare le piattaforme social per via dello “stress digitale” provocati proprio dall’atteggiamento degli haters (come nel caso dell’attore britannico Tom Holland).

Make Instagram Instagram Again

Dunque, abbiamo trovato singole iniziative (dall’esito piuttosto personalistico) che non si sono configurate come un vero e proprio trend in grado di spostare l’attenzione su come l’algoritmo dei social network sia una variabile impazzita a cui il mondo degli influencer si è piegato per mero istinto di sopravvivenza. L’unica testimonianza risale al luglio dello scorso anno, quando la fotografa Tatiana Bruening (conosciuta su Instagram con il nome di @Illumitati) lanciò una petizione per chiedere a Instagram di restituire agli utenti (e, dunque, anche agli influencer) il vecchio Instagram. Insomma, una mossa contro il nuovo algoritmo di Instagram che ha reso la piattaforma social molto simile (almeno all’apparenza) a TikTok.

 

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La petizione “Make Instagram Instagram Again” (che scimmiotta, nel nome, il motto elettorale MAGA – Make American Great Again – di Donald Trump) ha raccolto oltre 330mila adesioni ma, nonostante la ri-condivisione da parte di influencer di livello mondiale, la piattaforma di Meta è andata dritta per la sua strada. Da Kim Kardashian a Kyle Jenner, fino a Chiara Ferragni.

Dunque, un’iniziativa di influencer contro algoritmo Meta c’è stato. Ma cosa chiedevano-chiedono? La summa delle richieste è racchiusa in quattro punti:

  1. RIPORTA LE TIMELINE CRONOLOGICHE!
    Non c’è bisogno di complicare eccessivamente le cose, vogliamo solo vedere quando i nostri amici pubblicano. Il bello di Instagram era che era ISTANTANEO. All’alba dell’app stavamo tutti vivendo il momento, vedendo i nostri momenti migliori in tempo reale.
  2. SMETTI DI PROVARE A ESSERE TIKTOK!
    Abbiamo TikTok per un motivo e, ammettiamolo, gli unici rulli caricati sono TikTok riciclati e contenuti che il mondo ha già visto. Cosa c’è di innovativo e unico nei vecchi contenuti obsoleti? Niente!
  3. UN ALGORITMO CHE FAVORISCE LE FOTO!
    Torniamo alle nostre radici con Instagram e ricordiamo che l’intenzione dietro Instagram era quella di condividere le foto, non avevamo video sull’app fino a quando gli sviluppatori non hanno avuto paura di Vine. RIP vine tra l’altro ci manca anche quello.
  4. UNA PIATTAFORMA CHE ASCOLTA I CREATORI!
    Sembra sbagliato cambiare l’algoritmo sui creatori che si sono guadagnati da vivere e hanno contribuito alla comunità costringendoli a cambiare l’intera direzione dei contenuti e lo stile di vita per servire un nuovo algoritmo. Ascolta la comunità. Prendi in considerazione i nostri pensieri e le nostre richieste!

Quattro punti rivendicati dal movimento MIIA (Make Instagram Instagram Again) che non hanno portato a grandissimi risultati. Perché nei giorni in cui questa protesta degli influencer contro algoritmo Meta diventava un argomento di dominio pubblico, Adam Mosseri – il capo di Instagram – replicò con un video.

Protesta ascoltata? Assolutamente no. Mosseri ha spiegato che per “rimanere qualcuno” nel mondo dei social occorrerà “piegarsi” alle nuove scelte sull’algoritmo. Quindi, chi vuole fare l’influencer su Instagram deve realizzare più video al posto delle foto (con Instagram nato come social delle foto, occorre ricordarlo) per avere una maggiore indicizzazione all’interno dei feed e delle ricerche. Inoltre, il formato TikTok rimarrà preminente sulla piattaforma, proprio per tentare di contrastare “gli avversari” e veicolare il pubblico. Sta di fatto che, dunque, l’unico modo che hanno gli influencer per ribellarsi alle scelte aziendali dei Big Tech e i loro algoritmi è dire addio ai social network. Proprio quelli utilizzati per, come cantava Caparezza, diventare qualcuno. Anzi, per far parte del fronte dell’uomo qualcuno.

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