Flavia Carlini, né giornalista né influencer: «La mia formazione è sul merito, non sul metodo»

Il rapporto tra informazione tradizionale e divulgazione svolta attraverso i social network, che sono anche il "mondo" degli influencer, è complesso non solo per chi ne fruisce ma anche per chi lavora nella creazione di contenuti divulgativi

21/02/2023 di Giordana Battisti

Flavia Carlini utilizza i suoi account sui social network per fare divulgazione sui principali temi di attualità legati a argomenti come i diritti, la politica e la geopolitica e la parità di genere. Carlini non ha una formazione specifica nell’ambito del giornalismo o della comunicazione ma ha spiegato a Giornalettismo che se non avesse una formazione accademica sui temi che tratta sui social non si sentirebbe sicura nel fare un lavoro di divulgazione come quello che ha intrapreso: «Sto ancora imparando come fare divulgazione e so che si può sempre migliorare, finora ero più un “topo da biblioteca”. La mia formazione è sul merito, non sul metodo».

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Il rapporto di Flavia Carlini con i social network tra divulgazione, informazione giornalistica mainstream e la volontà di cambiare le cose

«Ho avuto l’idea di iniziare a lavorare come divulgatrice quando mi sono resa conto, in quanto fruitrice dell’informazione, che in questo ambito c’era un buco, cioè mancava qualcosa. Il mio obiettivo era mettere in discussione la grande informazione di massa e renderla accessibile, semplice e comprensibile per chiunque» spiega. Carlini è su TikTok con più di 164mila follower ma la piattaforma che utilizza di più è Instagram dove è seguita da 159mila persone e dove pubblica principalmente video e contenuti testuali nelle Storie o nei Post, sotto forma di grafiche: «I social hanno il potenziale enorme di rendere l’informazione accessibile a tutti ma offrono anche la possibilità di fare controinformazione. Attraverso i social tutti possono far sentire la propria voce, e con quella voce possono mettere in discussione gli aspetti della società che reputano ingiusti».

“Rabbia” è un termine e un concetto che emerge spesso dalle frasi di Carlini mentre parla del mondo dell’informazione più tradizionale ma anche di scelte politiche e di società, lei stessa dice di essere «una persona incazzata», che ha deciso di usare la propria voce e i mezzi che ha a disposizione per esporsi, per proporre riflessioni su argomenti complessi e per fare informazione in modo indipendente.

Carlini spiega che è difficile dare una definizione precisa e univoca del suo lavoro: non è una giornalista e neanche una influencer anche se le è capitato in qualche caso di essere inserita, erroneamente, in questa seconda categoria. «Io non ho l’ambizione di dare risposte assolute con i miei video, voglio che le persone si pongano delle domande e per evitare equivoci o critiche infondate l’ho scritto anche nella mia biografia su Instagram. Anche quando scrivo degli articoli per i giornali con cui collaboro o con cui ho collaborato in passato seguo la stessa linea di quando utilizzo una piattaforma social come mezzo per proporre un ragionamento su alcuni argomenti» dice. «È chiaro a tutti che non si può fare informazione solo attraverso i social ma questi mezzi sono perfetti per trasmettere l’urgenza di trattare un certo tema. Se devo proprio dare una definizione del mio lavoro, direi che funge da aggancio tra gli utenti e l’informazione più approfondita per cui si devono consultare altri mezzi e fonti» aggiunge.

La community che Carlini ha creato nel tempo, facendo il suo lavoro di trasmissione di dati e fonti utili per comprendere un certo argomento, la ritiene una fonte di informazioni affidabile. A suo avviso questo succede anche perché è vicina alle persone che la seguono nel senso che i suoi follower la vedono «come una di loro» e lei stessa sente di essere responsabile di tutelare questa caratteristica del suo lavoro fornendo loro in modo preciso le fonti cui fa riferimento: «Indicare i dati e le fonti in modo chiaro è importante sia per una questione di credibilità sia di consistenza dell’informazione».

In conclusione, secondo Carlini l’informazione giornalistica non può utilizzare solo i social come mezzo se vuole essere completa e approfondita ma allo stesso tempo il lavoro di divulgazione svolto su Instagram e TikTok o su altri mezzi simili, pur non essendo esaustivo, richiede moltissimo tempo e dedizione: «Dietro un singolo video c’è una fase di studio del tema e di ricerca delle fonti molto impegnativa. Io per esempio impiego più tempo per creare un video di pochi minuti che per scrivere un articolo. Sintetizzare un argomento anche complesso in due o tre minuti di video è estremamente difficile, devi sapere perfettamente cosa dire e devi dirlo nel modo più rapido e chiaro possibile». Questo tipo di lavoro, come qualsiasi lavoro nell’ambito dell’informazione, dovrebbe essere rispettato e tutelato e ovviamente retribuito: anche per questo secondo Carlini la decisione dell’Ordine dei Giornalisti di aprire al praticantato senza testata è giusta e «al passo coi tempi». Inoltre, Carlini ritiene giusto che un aspirante giornalista possa decidere di non legarsi necessariamente a una testata giornalistica.

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