Cartella clinica Messina Denaro: in che modo il diritto di cronaca è stato valicato

L'opportunità di pubblicare la cartella clinica di Messina Denaro deve essere oggetto di riflessione. Ne abbiamo parlato con Alvaro Fiorucci, presidente dell'Odg Umbria alla stesura della Carta di Perugia sul trattamento dei dati sanitari

17/01/2023 di Redazione Giornalettismo

Matteo Messina Denaro, ritenuto a tutti gli effetti capo di Cosa Nostra e latitante da trent’anni, è stato arrestato lunedì 16 gennaio 2023 presso la clinica privata La Maddalena di Palermo, dove si era recato per ricevere “terapie mediche”. Al di là di foto e immagini che girano, stralci di quello che è accaduto sono trapelati dalle parole delle forze dell’ordine coinvolte nell’operazione. La notizia è finita automaticamente su tutti i giornali così come ci è finita – in molti casi – la cartella clinica Messina Denaro. Il documento è stato pubblicato valicando quelle che sono le regole deontologiche – stabilite nero su bianco tramite la Carta di Perugia – che inquadrano la procedura corretta, in ambito giornalistico, quando si tratta di trattamento dati sanitari.

Tra i dati resi noti dalle varie testate italiane – insieme alle foto dei referti di Messina Denaro negli anni – troviamo informazioni precise sul numero di ricoveri sotto falso nome nella clinica dove è stato arrestato, visite ed esami a cui è stato sottoposto, numero e tipologia di interventi nel corso degli anni, malattie diagnosticate e attualmente in cura.

Elementi necessari alla narrazione di questo arresto sono sicuramente le informazioni fornite dai carabinieri che hanno materialmente effettuato l’operazione: Messina Denaro era ricoverato come Andrea Bonafede utilizzando una carta di identità falsa, da lì la consapevolezza che lunedì mattina l’avrebbero trovato in clinica. Una volta arrestato – ha riferito il procuratore aggiunto Paolo Guido – Messina Denaro «si è subito dichiarato, senza neanche fingere di essere la persona di cui aveva utilizzato l’identità» (come riporta Il Post). Al momento, secondo chi indaga, non ci sarebbero elementi concreti per pensare che la clinica abbia avuto un ruolo attivo nel fornire assistenza a Messina Denaro per la sua latitanza.

Cosa dice la Carta di Perugia sul trattamento dei dati sanitari?

La Carta di Perugia, validata l’11 gennaio 1995, è frutto della collaborazione – nella stesura – di Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri dell’Umbria (all’epoca, il Presidente era Piergiorgio Volpini), del Consiglio Regionale Ordine dei Giornalisti Dell’Umbria (presieduto, nel ’95, da Alvaro Fiorucci) e dell’Ordine Regionale degli Psicologi Dell’Umbria (con presidente Antonio Bertini). Ciò che rimane della carta in tal senso è rintracciabile nel Testo Unico dei doveri del giornalista nell’art. 16.

Al centro del documento – che si compone di tredici articoli in tutto – c’è l’intento di «garantire il rispetto dei diritti del cittadino malato e del cittadino che legge i giornali e guarda la televisione», quindi al giornalista tocca informare tenendo presente la necessità di questo equilibrio. Recita l’articolo 1 della Carta di Perugia: «Sono pregiudiziali in ogni processo di comunicazione la valutazione dell’interesse generale, il rispetto del diritto del cittadino-paziente alla tutela della propria dignità personale, il diritto del cittadino-utente ad un’informazione corretta e completa».

In un caso come questo una riflessione sulle regole deontologiche della professione giornalistica e sull’opportunità di fare la cronaca di un arresto che rimarrà nella storia è necessaria. Abbiamo scelto di farla insieme a Alvaro Fiorucci che – come abbiamo già accennato – ha contribuito alla stesura della Carta di Perugia. La sua posizione sulla vicenda è molto chiara. Quanto è stato corretto, su una scala da 1 a 10, far prevalere il diritto di cronaca sul rispetto e sulla tutela della dignità del cittadino, sia pure il mafioso più ricercato degli ultimi trent’anni? «1. La pubblicazione del dettaglio delle patologie e delle cure non aggiunge elementi di completezza delle informazioni. Parti della cartella clinica pubblicabili sarebbero, se ci sono, quelle che eventualmente disvelano la catena di complicità. E i dati sulla salute questo non lo fanno».

Cosa andava detto e cosa no, quindi? «Dire che è malato di cancro e che si sottoponeva a periodiche terapie è una sufficiente informazione corretta. Basta dunque sapere che è malato di cancro e il diritto di cronaca è rispettato. Pubblicare altro è come pubblicare intercettazioni telefoniche che non hanno attinenza o sviluppi giudiziari», conclude Fiorucci ai microfoni di Giornalettismo, che non ne fa una questione di giornalismo ai tempi del cartaceo o di giornalismo ai tempi del digitale (che pure richiede una maggiore rapidità nella pubblicazione perché gli scoop invecchiano rapidamente e perché i colleghi potrebbero pubblicare prima di noi: «Il buon giornalismo è uno solo, con le sue regole e i suoi codici validi per tutti».

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