Perché il Ministero della Giustizia ha bloccato (per ora) la riforma sul praticantato giornalistico
Dopo il voto favorevole alla delibera sui «Criteri interpretativi dell’art. 34 della legge 69/1963 sull’iscrizione al Registro dei Praticanti», l'ordine dei Giornalisti è stato bloccato dal dicastero e tutto, almeno per il momento, è fermo
21/02/2023 di Enzo Boldi
L’annuncio ufficiale era arrivato lo scorso 8 novembre, con tanto di video in cui il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti – Carlo Bartoli – annunciava il voto favorevole e il via libera alla delibera sui «Criteri interpretativi dell’art. 34 della legge 69/1963 sull’iscrizione al Registro dei Praticanti» da parte del CNOG (Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti). Modifiche che, di fatto, andavano a cambiare le linee guida dell’articolo 34 della legge 69 del 1963, allentando le maglie per quel che riguarda l’accesso alla professione attraverso il tradizionale praticantato giornalistico.
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Un mese dopo, però, è arrivata la doccia fredda da parte del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli Affari Generali di Giustizia (Direzione Generale degli Affari Interni – Ufficio II – Ordini Professionali e Albi) – che ha bloccato questo tentativo di riforma che avrebbe permesso il riconoscimento del periodo di praticantato (per poi sostenere l’esame di Stato per accedere all’albo dei professionisti) anche con lavori presso (non) testate iscritte presso il Tribunale o in assenza di un direttore responsabile. Esattamente come spiegato da Carlo Bartoli nel video ancora presente sul sito dell’OdG e sul canale YouTube.
La delibera del CNOG aveva provocato diverse reazioni: da una parte i favorevoli a questo passaggio in linea con i tempi (sempre più social), dall’altra i contrari che hanno sottolineato come i princìpi alla base della legge 69/1963 (in particolare l’articolo 34) non possano essere stravolti modificando le basi della professione giornalistica.
L’articolo 34
Di cosa stiamo parlando? Entriamo nel dettaglio di come è la legge attuale (visto che lo stop del Ministero della Giustizia ha fermato l’entrata in vigore delle modifiche dei criteri interpretativi che dovevano entrare in vigore dal 1° gennaio del 2023) e come il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti aveva intenzione di cambiarla. E lo facciamo partendo proprio dal testo ufficiale dell’articolo 34 della legge 69/1963 (ovvero l’ordinamento della professione giornalistica) presente proprio sul sito dell’OdG:
«La pratica giornalistica deve svolgersi presso un quotidiano, o presso il servizio giornalistico della radio o della televisione, o presso un’agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno 4 giornalisti professionisti redattori ordinari, o presso un periodico a diffusione nazionale e con almeno 6 giornalisti professionisti redattori ordinari.
Dopo 18 mesi, a richiesta del praticante, il direttore responsabile della pubblicazione gli rilascia una dichiarazione motivata sull’attività giornalistica svolta, per i fini di cui al comma primo n. 3) del precedente art. 31.
Il praticante non può rimanere iscritto per più di tre anni nel registro».
Il tutto ovviamente, prevede anche l’accesso alle cosiddette “Scuole di Giornalismo“ (riconosciute dall’OdG) che formano i giovani alla professione unendo la parte teorica a quella del praticantato presso una testata registrata. Dunque, per spiegarla in breve: il praticantato giornalistico per poter accedere all’esame di Stato per l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti (albo professionisti) prevede un lavoro continuativo della durata di 18 mesi presso un quotidiano/settimanale/rivista (ma anche radio che si occupa di informazione, agenzia di stampa o un altra testata – anche televisiva – registrata presso un Tribunale) che al suo interno abbia delle caratteristiche ben definite per quel che riguarda il numero di giornalisti professioni già presenti all’interno della redazione (questo occorre proprio ai fini del praticantato supportato da persone già formate alla professione), con un direttore responsabile. E questi princìpi sarebbero stati stravolti da quella delibera approvata (ma bloccata). Nel testo del documento ufficiale condiviso dall‘OdG, infatti, è scritto:
«Per poter presentare la domanda di iscrizione è necessario consegnare all’Ordine regionale la documentazione attestante la continuità dell’attività giornalistica, esercitata in maniera sistematica e prevalente per almeno sei mesi nei dodici mesi precedenti la domanda e in particolare:
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la produzione giornalistica, comprensiva di scritti e/o fotografie e/o video e/o audio per giornali cartacei, radio e/o tv, piattaforme e canali on line e uffici stampa;
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la prova della retribuzione del lavoro, anche senza il vincolo della subordinazione, con la percezione di un reddito professionale indicativamente equiparabile al minimo tabellare lordo previsto per il praticante con meno di 12 mesi di servizio come stabilito dal C.N.L.G., unitamente alla documentazione fiscale».
Dunque, i riferimenti presenti nell’attuale articolo 34 della legge sull’ordinamento della professione giornalistica, sarebbero stravolti (con l’inserimento dei concetti di piattaforme, canali online e uffici stampa che, per definizione, non sono registrate presso un Tribunale e non hanno un direttore responsabile). E c’è di più:
«A seguito dell’accettazione della domanda di praticantato, l’Ordine regionale designerà un giornalista professionista che svolgerà il ruolo di tutor con il compito di vigilare sul percorso professionale del tirocinante. Il tutor designato consegnerà al Consiglio regionale dell’Ordine una relazione semestrale.
Il Consiglio nazionale e i Consigli regionali, eventualmente in collaborazione tra loro, organizzano un percorso di formazione deontologica erogando corsi gratuiti di preparazione, frontali oppure on line, che il praticante è tenuto a frequentare a cadenza almeno semestrale per un totale complessivo di 36 ore.
A conclusione dei 18 mesi di praticantato, il Presidente dell’Ordine regionale, acquisita la relazione finale del tutor e dopo aver verificato la sussistenza e la continuità dei requisiti di cui alle lettere a) e b), sentito il Consiglio regionale, rilascia la dichiarazione di compiuta pratica».
Proprio questi cambiamenti sono stati oggetto del blocco da parte del Ministero della Giustizia, che ha – di fatto – definita illecita questa modifica all’ordinamento della professione giornalistica.
Praticantato giornalistico, i motivi dello stop alla riforma
Nella lettera inviata dal dicastero di Giustizia – in particolare dal Dipartimento per gli Affari Generali di Giustizia (Direzione Generale degli Affari Interni – Ufficio II – Ordini Professionali e Albi) diretto dall’ex giudice lavoro del Tribunale di Roma, Giovanni Mimmo, si fa riferimento al fatto che una auto-riforma di questo tipo non sia permessa. In particolare:
«Si tratta di un intervento di contenuto normativo non consentito dal sistema ordinamentale, nel quale la legge istitutiva dell’Ordine professionale ha predeterminato in modo compiuto e organico le modalità di iscrizione nel registro dei praticanti in ragione di un periodo svolto presso una testata e con un direttore responsabile, senza delegare alcun potere normativo autonomo in capo al Consiglio nazionale che abbia attitudine derogatoria alle fonti primarie».
Dunque, è proprio il principio normativo a non poter essere superato da una decisione autonoma del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Di fatto, dunque, auto-riforme di questo tipo non sono legittime. Inoltre, nella stessa lettera in cui viene bocciata la riforma del praticantato giornalistico si spiega si sottolinea come questa modifica all’ordinamento professionale potrebbe portare a discriminazioni:
«La possibile difformità di trattamento a seconda che il Consiglio territoriale decida di applicare o meno i suddetti criteri, determinandosi così una potenziale discriminazione di aspiranti giornalisti sul territorio nazionale».
Perché si parla di difformità e possibili discriminazioni? Perché nel testo della delibera approvata dal CNOG si parla di “casi eccezionali” soggetti a una valutazione per quel che riguarda il praticantato giornalistico. Quindi, non tutto potrebbe essere equiparato a quel tentativo di modifica di paletti per ora bocciati dal Ministero della Giustizia.