Facebook e Instagram potrebbero diventare (anche) a pagamento in Europa?

Se ne parla da tempo, ma ora sembra che Meta ci stia pensando seriamente. L'obiettivo? Offrire un'alternativa per rispettare le norme della UE

05/09/2023 di Enzo Boldi

Al momento si tratta di rumors che, però, provengono direttamente dalle stanze del quartier generale di Menlo Park: Meta sta pensando, per motivi legati alle normative europee, di mettere a disposizione degli utenti del Vecchio Continente una versione di Facebook e Instagram a pagamento. Un abbonamento, in app, per evitare di essere invasi dalla pubblicità durante la navigazione social. Per il momento, la holding di Mark Zuckerberg non ha confermato ufficialmente queste voci, però sembra che la grande novità potrebbe diventare realtà nel corso dei prossimi mesi.

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Attenzione, però: le eventuali versioni di Facebook e Instagram a pagamento non andranno a sostituire quelle gratuite che attualmente utilizziamo. Perché, come spiegato dal New York Times, l’abbonamento servirà solamente per avere due app social epurate dalla pubblicità. Questo vuol dire che, dietro pagamento, non ci sarà una profilazione dei dati utenti per le pubblicità:

«Coloro che pagano per l’abbonamento a Facebook e Instagram non vedranno la pubblicità nelle app […]. Ciò potrebbe aiutare Meta a respingere le preoccupazioni sulla privacy e altri controlli da parte delle autorità di regolamentazione dell’UE, offrendo agli utenti un’alternativa ai servizi basati sulla pubblicità dell’azienda, che si basano sull’analisi dei dati delle persone». 

Dunque, un cambio di paradigma: ciò che finora è stato fornito in forma esclusivamente gratuita (al netto di Meta Verified introdotto qualche mese fa e di tutti i discorsi sul valore economico-commerciale dei dati degli utenti), potrebbe diventare a pagamento per via dell’assenza di pubblicità. Quindi, degli introiti pubblicitari (per l’ecosistema di Meta) legati alla profilazione clienti.

Facebook e Instagram a pagamento? Costa sta succedendo

Oggi, il monografico di Giornalettismo si concentrerà proprio su questo scenario che potrebbe presto diventare una realtà molto più solida rispetto alle voci – sicuramente affidabili – raccolte dal NYT all’interno dell’ecosistema di Menlo Park. Perché questa mossa, qualora si concretizzasse, potrebbe rappresentare il primo tassello di una rivoluzione che potrebbe coinvolgere anche tutte le altre piattaforme social gratuite che, però, monetizzano attraverso la profilazione degli utenti a scopo pubblicitario.

Perché sullo sfondo, oltre al GDPR (Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati Personali), in ballo ci sono altre leggi approvate dall’Unione Europea e che si apprestano a mostrare i propri effetti sul controverso mercato dei servizi digitali. Si è partiti con il DSA (Digital Service Act) che dal 25 agosto scorso ha obbligato le principali piattaforme (le cosiddette 17 VLOP, Very Large Online Platforms) a mettersi in linea con le nuove regole. Si arriverà al DMA (Digital Market Act) che si occuperà del mercato digitale. Dunque, il cambio di paradigma sembra essere necessario. Con le sanzioni, come già accaduto nel passato più o meno recente, che potrebbero colpire duramente le aziende Big Tech. Anche perché, su Meta pende ancora quell’inchiesta guidata dalla Procura di Milano (su impulso Europeo) per una presunta evasione fiscale legata ai mancati versamenti al fisco. Un’indagine in cui si parla di un valore commerciale per i dati utenti, utilizzati per la profilazione pubblicitaria.

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