Facebook non può utilizzare dati pubblici per la pubblicità personalizzata

Lo ha stabilito l'avvocato generale presso la Corte di giustizia dell'UE dopo un ricorso presentato dall'attivista Max Schrems

26/04/2024 di Enzo Boldi

Dopo lo “schiaffo” al modello consent or pay e alla conseguente gestione della pubblicità comportamentale, l’avvocato generale presso la Corte di giustizia dell’Unione Europea infligge un altro duro colpo a una delle pratiche perpetrate nel tempo da Meta: l’utilizzo di dati pubblici relativi agli utenti per proporre personalità personalizzate. Il caso era stato sollevato dall’attivista Max Schrems – lo stesso che portò in tribunale l’azienda di Zuckerberg per il trasferimento dei dati fuori dall’Europa -, relativamente al suo coming out. E, stando ai giudici europei, la piattaforma deve rispettare una minimizzazione dei dati su Facebook.

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Cosa vuol dire? Che per proporre una pubblicità personalizzata – al netto dei consensi previsti dal GDPR e confermati dal DSA -, la piattaforma può limitarsi a utilizzare solamente dati presenti sulla stessa piattaforma. Per capire al meglio il significato di tutto ciò, occorre raccontare nel dettaglio l’oggetto della denuncia. Tutto è partito quando l’austriaco Max Schrems ha visto comparire lungo il suo feed di Facebook una pubblicità mirata riguardante il suo orientamento sessuale. Ma lui non aveva mai parlato o scritto del suo orientamento sessuale sulla piattaforma. Il coming out, infatti, è avvenuto al di fuori dell’ecosistema Meta. Dunque, il social network aveva utilizzato dei dati pubblici – ma non presenti sulla piattaforma – per fare una pubblicità personalizzata.

Minimizzazione dati Facebook, cosa ha deciso la Corte UE

Ed è per questo l’avvocato generale presso la Corte di giustizia dell’UE, dopo il ricorso presentato da Schrems nel 2020, ha deciso di imporre (ma si tratta di un parere) a Meta la fine di questo comportamento. La profilazione, sempre nei limiti della legge europea, deve essere limitata a ciò che viene fatto/scritto all’interno della piattaforma. Facebook, dunque, non può raccogliere, analizzare e profilare quei dati provenienti dall’esterno del suo perimetro d’azione digitale. Ora questo parere di Athanasios Rantos, avvocato generale presso la Corte di giustizia dell’UE, potrà essere applicato all’interno del contenzioso oggetto della causa. Con riflessi su molte altre cause che potrebbero essere intentate:

«Meta costruisce sostanzialmente da 20 anni un enorme bacino di dati di utenti, che cresce ogni giorno. Se la Corte seguirà il parere, solo una piccola parte di questo pool potrà essere utilizzata per la pubblicità, anche se hanno acconsentito alla pubblicità». 

Le parole di Katharina Raabe-Stuppnig, avvocato di Max Schrems, danno il quadro di ciò che potrebbe avvenire in futuro. Il principio di minimizzazione dei dati Facebook cambierà i paradigmi del funzionamento delle pubblicità sui social.

 

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