E’ morto Spock, Leonard Nimoy non ce l’ha fatta. LLAP

Le orecchie a punta, gli occhi profondi, l’apparente atarassia delle sue espressioni, la soluzione razionale sempre a portata di mano.
Spock non c’è più, Leonard Nimoy, l’unico superstite dello Star Trek d’un tempo nel re-boot attuale di J.J.Abrams che gli ha regalato un paio di camei d’antologia, è entrato in ospedale per l’ennesima volta negli ultimi mesi e questa volta non ne è uscito più.

Solo tre giorni fa aveva postato queste parole, in cui già c’era un addio. Con il tipico saluto che lo aveva reso celebre in tv e al cinema, Live Long And Prosper. In fondo per lui è stato così: 83 anni vissuti alla grande, con la passione che quel suo viso lasciava trapelare proprio in pochi movimenti e in quegli occhi, ironici e potenti.

Dottor Spock Morto

Spock ci ha lasciato. E’ tornato sul pianeta vulcaniano, nella Federazione dei Pianeti Uniti. Noi rimaniamo qui, con la mano alzata e mignolo e anulare attaccati e così indice e medio, a formare una v. Tu, esempio di ragione e logica, come tutti gli abitanti del tuo mondo, ti sarai fatto una ragione del tumore ai polmoni che ti ha portato via. Lo dicevi spesso – come ricorda lo splendido articolo dedicatoti dal New York Times – che era a causa di anni e anni di sigarette.
Noi ci riusciremo con molta più difficoltà.

 

 

Nato a Boston nel 1931, avrebbe compiuto 84 anni il prossimo 26 marzo. Aveva un rapporto decisamente complesso con l’icona che rappresentava. Alla fine degli anni ’70, con l’autobiografia Io non sono Spock, quasi sembrò allontanarsene. Per poi, nelle convention dei fan, nei suoi camei televisivi (come in Big bang theory), riprenderselo. Fino ad arrivare a Twitter, in cui addirittura recuperò il saluto vulcaniano come chiusura e sorta di firma nei post. Di origine ucraine, i genitori, yiddish, avevano un negozio da barbiere. Dopo il diploma al Boston College e un Master of Arts si dedicò al teatro indipendente, al cinema di serie b, alla televisione. Fu nella seconda metà degli anni ’60 che arrivò la fama con l’ibrido umano-vulcaniano, il dottor Spock, inossidabile mito per generazioni di spettatori televisivi. Ne fu innalzato alle vette massime del suo lavoro – fu candidato per tre volte agli Emmy – ma ne fu anche oscurato: come Leonard Nimoy non riuscì mai davvero ad emergere, rimanendo un comprimario nelle serie tv, che lo riscoprirono in questo nuovo millennio (vedi Fringe) e un protagonista in vari film di genere, fantascientifico, ma sempre di serie B.

Ecco perché, come vediamo qui sopra, ha coltivato tante altre passioni. Poesia, scrittura, fotografia (buon successo ha avuto una sua personale nel 2008). E si è goduto, nella vecchiaia, la nuova notorietà consegnatagli dalla resurrezione di Star Trek, mai davvero defunta.

Noi lo salutiamo con questa introduzione non sense, che Matt Groening gli dedicò in una puntata dei Simpson. Anche a rimarcarne affettuosamente le contraddizioni e la capacità di stupire nelle sue uscite pubbliche, mai banali e raramente lineari com’erano quelle del suo Spock.

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