Cosa sta accadendo ai social network negli Stati dell’Asia centrale

La scorsa settimana c'è stato un blocco temporaneo in Uzbekistan. Si parla della richiesta di "accesso diretto ed esclusivo ai Sistema di segnalazione dei contenuti di Facebook", ma Menlo Park smentisce

08/11/2021 di Enzo Boldi

Le linee guida sono simili – per non dire uguali – a quelle già in vigore in Russia (ma anche in Cina). Sta di fatto che in moltissimi Paesi dell’Asia Centrale il tema dei social network è di strettissima attualità. Le pagine di cronaca digitale, infatti, raccontano di blocchi temporanei delle varie piattaforme (come quello avvenuto la scorsa settimana per Telegram in Uzbekistan). Decisioni figlie, secondo molti pareri interni ed esterni, di quelle posizioni governative che vorrebbero il controllo verticale dei sistemi di moderazione e archiviazione dati dei propri cittadini.

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Il caso uzbeko sta facendo molto discutere, ma è la cartina di tornasole della situazione in quell’area del Mondo. Perché negli ultimi mesi non c’è stato solamente un blocco temporaneo di Telegram, ma anche di molte altre piattaforme: si va da Skype a Twitter, passando per TikTok per arrivare fino alla nota social-chat di estrema destra V-Kontakte (VK), oltre a Facebook, Instagram e YouTube. Una situazione evidenziata anche dall’ultimo report di Freedom House che ha inserito l’Uzbekistan nelle ultime posizioni per quel che riguarda la classifica della libertà di accesso a internet per i cittadini.

Uzbekistan e Kazakistan, cosa sta succedendo ai social

Uzbekistan e non solo. Perché nelle ultime ore è trapelata anche l’intenzione del Kazakistan (altro Paese dell’Asia Centrale che ha standard di libertà di internet non soddisfacenti) di chiedere – anzi, pretendere – l’accesso ai sistemi di moderazione dei diversi social network, con tanto di esclusività nella gestione dei dati dei cittadini che si collegano all’interno dei confini dello Stato. Come riporta il Washington Post, dalle stanze del potere kazako è stato diramato un comunicato congiunto con Facebook che parlava di un accordo di cooperazione per monitorare i contenuti dannosi. Il governo, si legge, ha ottenuto «l’accesso diretto ed esclusivo al ‘Sistema di segnalazione dei contenuti’ di Facebook che può aiutare il governo a segnalare contenuti che potrebbero violare la politica sui contenuti globali di Facebook e le leggi locali del Kazakistan».

Peccato che da Menlo Park sia arrivata una secca smentita attraverso una nota inviata da un portavoce. Ma questo è il sintomo di una situazione che va avanti da diversi mesi. La libertà di Internet in molti Paesi dell’Asia Centrale (nell’elenco vanno inseriti anche Stati come Tagikistan e Turkmenistan) è da tempo a rischio. In molte zone la connessione alle principali piattaforme (e non solo social) non sono permesse. Oltre a un divario tecnologico – evidente in alcune zone – ci sono anche decisioni politiche che seguono, pedissequamente, le linee guida già in vigore in Russia.

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