«E allora la Thyssen?»: se Conte ci riporta al tempo dei Marò
01/07/2019 di Daniele Tempera
Chiamatelo, se volete, “Benaltrismo”. L’arte strumentale di spostare l’attenzione dal problema presente verso altri argomenti, creando di fatto una sorta di “nebbia cognitiva” che impedisce l’argomentazione, non è certo una novità di questi giorni. Vero e proprio frutto avvelenato del berlusconismo, immortalato dal geniale sketch di Corrado Guzzanti che potete visualizzare sotto, il benaltrismo è una modalità diventata pervasiva nel tempo dei social network.
Basti ricordare il tormentone “E allora i Marò?” che girava qualche tempo fa. Ogni appello umanitario veniva inficiato dalla sorte dei nostri militari, prigionieri nelle carceri indiane. La prigionia dei Marò era un’evidenza che escludeva qualsiasi forma di pietà verso altro, perfino la sorte di due cooperanti italiane rapite.
Una lezione che la destra ha saputo mettere a frutto magistralmente. Basti ricordare ai vari ritornelli: “E allora le foibe?”, “E allora i terremotati?” , “E allora gli italiani disoccupati?”, “E allora i ladri?” agitati di volta in volta da Meloni, Salvini Di Battista &Co.
Thyssen: se una tragedia operaia e nazionale diventa un gioco politico
La nuova vetta del benaltrismo è stata raggiunta ieri dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il caso è, nemmeno a dirlo, il tema caldo del momento, ovvero la vicenda della nave “Sea Watch”.
Frank-Walter Steinmeier, il Presidente della Repubblica Federale tedesca, aveva infatti difeso la capitana (tedesca) Carole Rackete, evidenziando come chi salva vite non sia un criminale e ammettendo che da un Paese fondatore della Ue come l’Italia ci si aspetta quantomeno un comportamento diverso.
Una dichiarazione a cui non si è fatta attendere la risposta di Conte: «Non evocherei concetti così forti come disobbedienza civile. Io ci vedo un ricatto politico deliberato sulla vita di 40 persone». Il presidente del Consiglio è a Bruxelles per un vertice europeo in cui incontrerà anche Angela Merkel: «Potrebbe essere l’occasione per chiedere a che punto è la Germania con l’esecuzione della pena dei due manager della Von Thyssen che sono stati condannati in Italia dopo regolare processo in tutti i gradi di giudizio» evocando così il tragico rogo allo stabilimento della ThyssenKrupp di Torino in cui persero la vita 7 operai italiani. I manager tedeschi, condannati in Italia per omicidio colposo, sono al momento in Germania e in libertà, anche se stanno attraversando un travagliato iter giudiziario.
Logicamente tra il rogo della Thyssen e la vicenda della Sea Watch non c’è nessuna connessione. Si resta perplessi nel vedere un leader sollevare una vicenda tanto dolorosa, che vede ben sette operai morti, per fomentare l’orgoglio nazionalista e spostare l’attenzione su una vicenda quantomeno spinosa, solo e unicamente per fini politici.
Sì, perché il fulcro del discorso sembra essere: se i tedeschi non hanno ancora assicurato alla giustizia dei manager responsabili di omicidio colposo, perché noi dovremmo valutare i “fini umanitari” nella vicenda della Sea Watch. Il tutto condito di nazionalismo, tragiche strumentalizzazioni e cecità morale. Insomma, anche per oggi, la nostra polpetta avvelenata a base di benaltrismo è servita.