Chi «arreca danno» usando l’AI rischia una condanna fino a 5 anni
Lo ha annunciato il Ministro della Giustizia Carlo Nordio durante la conferenza stampa post approvazione, in CdM, del disegno di legge sull'intelligenza artificiale
24/04/2024 di Enzo Boldi
Con quasi un mese di ritardo rispetto alla tabella di marcia (anzi, rispetto agli annunci fatti tra la fine dello scorso e l’inizio dell’anno), il Consiglio dei Ministri ha dato finalmente il via libera al testo del ddl AI, il disegno di legge sull’intelligenza artificiale. Si tratta di una serie di disposizioni che vanno a intervenire su cinque ambiti: strategia nazionale, autorità nazionali, azioni di promozione, tutela del diritto di autore e sanzioni penali. Di fatto, viene confermato l’impianto trapelato da quella bozza di cui avevamo parlato all’inizio di aprile. Molto interessante, però, il dettaglio sulle pene previste per chi arreca danno (o commette reato) attraverso l’utilizzo di sistemi AI.
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Proprio relativamente a questo aspetto, nel tardo pomeriggio di martedì 23 aprile, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il Sottosegretario con delega all’innovazione tecnologica Alessio Butti, hanno annunciato i princìpi cardine del ddl AI in conferenza stampa. Si è parlato, come detto, dei cinque ambiti su cui interverranno queste disposizioni (ovviamente manca ancora il passaggio in Parlamento, con la discussione del testo e la presentazione di eventuali emendamenti a modificare il testo approvato in CdM), ma anche dei risvolti penali che vedono l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale come un’aggravante rispetto all’impianto normativo attuale.
Ddl AI, l’intelligenza artificiale come “aggravante”
Nel comunicato stampa pubblicato al termine del Consiglio dei Ministri di ieri, non vengono forniti molti dettagli sull’aumento delle pene e sul concetto di aggravante. O, almeno, non vengono fornite notizie in merito ai reali effetti di questo intervento che va a modificare anche parte del codice penale.
«Si prevede un aumento della pena per i reati commessi mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale, quando gli stessi, per la loro natura o per le modalità di utilizzo, abbiano costituito mezzo insidioso, o quando il loro impiego abbia comunque ostacolato la pubblica o la privata difesa o aggravato le conseguenze del reato.
Un’ulteriore aggravante è prevista per chi, attraverso la diffusione di prodotti dell’IA, prova ad alterare i risultati delle competizioni elettorali, come già avvenuto in altre nazioni europee.
Si punisce l’illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di intelligenza artificiale, atti a indurre in inganno sulla loro genuinità, con la pena da uno a cinque anni di reclusione se dal fatto deriva un danno ingiusto.
Si introducono circostanze aggravanti speciali per alcuni reati nei quali l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale abbia una straordinaria capacità di propagazione dell’offesa».
Si tratta, dunque, di informazioni piuttosto superficiali che annunciano il peso di questo schema di disegno di legge approvato e che ora sarà al vaglio delle Camere. A fornire maggiori dettagli, però, è stato il Ministro della Giustizia Carlo Nordio nel corso della conferenza stampa.
Fino a 5 anni di carcere per chi arreca danno usando l’AI
In particolare, ci si è concentrati su fenomeni come i deepfake, sempre più diffusi. Soprattutto quelli legati alla sfera intima e sessuale delle persone.
«Chi diffonde senza il consenso video o immagini alterate con la Ia, cagionando un danno ingiusto, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. L’aspetto penale può essere devastante perché può creare una realtà che non è più virtuale ma reale, può dare una rappresentazione di una persona realistica, non vignettistica o come fotomontaggio. Si può creare un mondo reale ancorché virtuale. Allora per questo interviene la norma penale».
Dunque, l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale – secondo quanto previsto dal ddl AI – è considerato un’aggravante rispetto a reati già esistenti. Ma non solo per quel che riguarda i deepfake.
«Quando l’uso della’AI è effettuato in modo insidioso, costituisce aggravante specifica per tutta una serie di reati, come sostituzione di persona, rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi, truffa, frode informatica, riciclaggio, aggiotaggio. Per questi reati l’uso della IA costituisce una aggravante perché è un mezzo dannatamente insidioso e purtroppo efficace. Nessuno si illude che la norma penale costituisca un deterrente assoluto ma colma un vuoto di tutela».
Lo stesso Ministro, dunque, sottolinea che probabilmente l’aumento delle pene con l’introduzione di queste aggravanti non avrà un effetto deterrente. Sta di fatto che si tratta di princìpi che vanno a colmare un vuoto normativo.