Cosa prevede la bozza del ddl AI di Palazzo Chigi

Principi, criterio di supporto e collaborazione alle professioni, nessun fondo extra: al momento, la legge sull'AI è solo una bozza piena di osservazioni

09/04/2024 di Gianmichele Laino

La legge italiana sull’intelligenza artificiale che era stata ampiamente annunciata qualche settimana fa e che doveva entrare nel consiglio dei ministri prima di Pasqua è un po’ sparita dai radar. Tranne da quelli di Wired, in grado di leggere in anteprima i 25 articoli che dovrebbero andare a formare la legge (ma il testo – pare di capire – è ancora fortemente emendabile, dal momento che nella bozza compaiono anche osservazioni da parte di autorità e dipartimenti). Dunque, ben lungi dall’avere un testo pubblico entro Pasqua (come a metà marzo avevano promesso sia Giorgia Meloni, sia il sottosegretario per la transizione digitale Alessio Butti), dobbiamo accontentarci dei rumors. E i rumors ci dicono tre cose: che nella legge si fa un gran parlare di principi etici, che nella legge si interpreta l’intelligenza artificiale come una sorta di assistente virtuale a qualsiasi cosa, che – soprattutto – nella legge non c’è traccia del miliardo di euro che Giorgia Meloni aveva sbandierato in concomitanza con l’approvazione, in Europa, dell’AI Act.

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Bozza ddl AI, cosa contiene

Sui principi è inutile dilungarsi: si tratta di elementi che sono già entrati nel cuore del dibattito pubblico sull’intelligenza artificiale, sul suo ruolo a livello etico, sull’impossibilità di utilizzarla per sostituire delle persone, anche in ambito lavorativo. Riferimenti accademici (alla visione antropocentrica dell’AI, esattamente come dall’Università di Urbino facevano notare per la rivoluzione 4.0 all’indomani della pandemia da covid-19) o ai lavori contenuti all’interno della Rivista italiana di informatica e diritto che, recentemente, ha proposto un osservatorio su AI e diritto coordinato da Giancarlo Taddei Elmi (in cui si parla dell’autonomia del potere decisionale dell’uomo rispetto ai sistemi di AI), per non parlare di tutti gli accenni alle varie discussioni internazionali sulla convivenza con sistemi basati sull’intelligenza artificiale.

Quello che emerge e che è significativo notare all’interno di questa bozza è sicuramente la visione del legislatore italiano rispetto all’intelligenza artificiale. Quest’ultima viene considerata de facto come uno strumento di assistenza: nella sanità (per cui, si scrive, l’AI non può discriminare i pazienti), nella giustizia (dove può essere utilizzata solo per finalità «strumentali e di supporto»), nel controllo fiscale (il sistema di intelligenza artificiale può essere di appoggio a indagini su mancati versamenti delle tasse condotte con metodi tradizionali), nelle professioni intellettuali (anche qui per finalità «strumentali e di supporto»).

Ecco, proprio quest’ultima formula viene spesso ripetuta e declinata a seconda del settore di riferimento. Ma se la si analizza per bene, si comprende come sia una espressione abbastanza vuota di senso. Dove sono, infatti, i confini alle finalità «strumentali e di supporto»? Cosa può essere considerato un “complemento” nelle professioni intellettuali o nell’esercizio della giustizia? Qual è il raggio d’azione entro cui l’intelligenza artificiale può essere utilizzata. È opportuno, dunque, approfittare del fatto che il testo sia ancora in una fase di bozza, per invitare il legislatore ad approfondire questi concetti che, altrimenti, genererebbero molta confusione, soprattutto in presenza di un altro documento normativo – come l’AI Act – che, da questo punto di vista, è molto più circoscritto e dettagliato.

Al di là dei suggerimenti e dei contenziosi (ad esempio, dalla bozza si evince una sorta di disallineamento tra il legislatore e il Garante della Privacy sull’età minima d’accesso all’AI, che il legislatore vorrebbe a 14 anni, contro i 18 richiesti dal Garante), si sottolinea anche la governance dei processi di AI – cosa ampiamente anticipata questa, con Agid e ACN che dovranno svolgere un ruolo di concertazione e di supporto a una Fondazione sull’AI che verrà costituita dopo l’approvazione della legge e che, dopo la sua costituzione (sic), dovrà darsi degli obiettivi – e l’elemento aggravante che potrebbe rappresentare l’utilizzo dell’AI nei casi di diffamazione o di diffusione di false informazione. La cosa più evidente è che nella bozza non si fa cenno al miliardo di euro per le start-up che era stato annunciato dalla Meloni. In che modo, infatti, una legge del genere potrà assicurare questa copertura? E se non sarà la legge a farlo, quale altro strumento verrà previsto dall’esecutivo per dar seguito a questa promessa? Forse, sulla bozza visionata da Wired, ci sarà ancora tanto da lavorare. Per questo la sua circolazione, al momento, è stata limitata. O, almeno, è quello che ci si augura.

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