Che fine ha fatto la legge italiana sull’AI?
Il sottosegretario alla transizione digitale l'aveva promessa entro marzo. Non c'è traccia nemmeno del miliardo di euro destinato alle start-up che si occupano di AI
09/04/2024 di Gianmichele Laino
L’annuncio era stato fatto all’inizio dell’anno: entro il mese di marzo (o entro Pasqua, a seconda dei punti di vista e delle dichiarazioni rese alla stampa) avrebbe visto la luce una legge italiana sull’AI, uno dei primi provvedimenti nazionali dedicati a queste nuove tecnologie, dopo l’approvazione – a livello comunitario – dell’AI Act. In realtà, di quella legge non si è visto che una primissima bozza (che Wired, ad esempio, ha avuto modo di consultare), ma i suoi articoli non si sono ancora nemmeno affacciati in consiglio dei ministri. Il tutto all’indomani anche della promessa del governo di stanziare ben un miliardo di euro di finanziamenti per le start-up con focus specifico sull’intelligenza artificiale: anche quel fondo, annunciato in pompa magna come ogni elargizione di denaro pubblico, in realtà sembra essere sparito dai radar.
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Legge italiana sull’AI, quali erano state le promesse
Era il dicembre del 2023 quando Elon Musk calcava il palco di Atreju, la kermesse di Fratelli d’Italia. La presenza del magnate di Tesla, nonché proprietario di X e nuovo guru delle telecomunicazioni di area conservatrice era stata ghiotta occasione, da parte del partito che esprime la presidente del Consiglio, per annunciare un dialogo proficuo sull’intelligenza artificiale che sarebbe poi sfociato in una legge nazionale. Negli stessi giorni, il trilogo dell’Unione Europea dava un primo via libera all’AI Act, concretizzatosi poi successivamente a metà marzo 2024.
Una prima domanda che ci si era posti al momento dell’annuncio di una legge entro Pasqua riguardava proprio la sua compatibilità con l’AI Act: possibile che il legislatore italiano avrebbe avuto la forza di anticipare l’organismo comunitario con un progetto di legge non necessariamente rispondente ai dettami dell’Unione Europea. Insomma, l’odore di bruciato si sentiva sin dai primi annunci e – infatti – la legge non ha affatto preceduto il lavoro dei legislatori a Bruxelles.
Alcuni paletti ci sono, comunque. Agenzia per l’Italia digitale e Agenzia per la cybersicurezza nazionale, stando alle ultime parole del sottosegretario alla transizione digitale Alessio Butti, avrebbero avuto il controllo dei processi legati all’evoluzione dell’intelligenza artificiale nel nostro Paese. Ancora il 20 marzo, circa 20 giorni fa insomma, il sottosegretario si diceva convinto della possibilità di avere una legge pronta entro la Pasqua. Il fondo da 1 miliardo per le start-up, però, all’improvviso era finito in una sorta di imbuto equivoco: si era parlato di altri 800 milioni (ma non è ancora chiaro se questi siano in aggiunta o in sostituzione alla cifra annunciata da Giorgia Meloni) da destinare ai progetti legati all’AI. Sia nell’una che nell’altra interpretazione, tuttavia, manca la materia prima: soldi, in realtà, non se ne vedono.
La cosa aveva scatenato le ironie anche di chi, dal versante politico opposto, aveva guidato il processo legislativo che ha portato all’approvazione definitiva dell’AI Act al Parlamento Europeo. Brando Benifei, già in occasione dell’approvazione dell’AI Act, aveva lamentato l’assenza del governo italiano nel negoziato che aveva portato al regolamento europeo. Una scelta, in ogni caso, non isolazionista, dal momento che anche Francia e Germania erano state sul chi va là per tutta la durata delle trattative. Fatto sta che gli investimenti promessi per le start-up ancora non sono stati predisposti. Così come, al momento, all’orizzonte una legge non si intravede nemmeno.