Le stoccate sull’AI Act al governo di Giorgia Meloni

Brando Benifei, che è stato co-relatore dell'AI Act per tutto l'iter che ha portato al voto del parlamento europeo, ha puntato il dito sull'assenza del governo italiano e sulle promesse per ora non mantenute

14/03/2024 di Gianmichele Laino

Tutti contenti per l’AI Act? A leggere le dichiarazioni politiche all’indomani del voto del parlamento europeo che, a larga maggioranza, ha approvato il primo regolamento al mondo che, dal punto di vista istituzionale, cerca di mettere un freno e di dare una cornice di intenti al settore dell’intelligenza artificiale, sembrerebbe proprio di no. L’AI Act ha sicuramente imposto una stretta sull’intelligenza artificiale applicata al settore della sicurezza, con norme molto stringenti sul riconoscimento biometrico, sulle ricostruzioni delle identità applicate ai sentimenti soprattutto nei luoghi pubblici. Ha lasciato, invece – come abbiamo avuto modo di ribadire -, molto più spazio alle aziende che operano nell’AI generativa, che pure saranno obbligate a principi di trasparenza legati alla costruzione dei propri dataset, per evitare al massimo le violazioni del copyright. Brando Benifei, il co-relatore dell’AI Act, eurodeputato del Partito Democratico, è salito sul podio della conferenza stampa per commentare il voto di ieri a Strasburgo. E non ha mancato di evidenziare alcune mancanze del governo di Giorgia Meloni sul tema.

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Brando Benifei sull’AI Act e la critica al governo di Giorgia Meloni

«Il governo italiano dovrebbe lavorare molto sull’implementazione del regolamento – ha spiegato Benifei – anche perché durante il negoziato è stato più volte assente e anche confuso, poiché abbiamo visto liti tra ministri che non hanno giovato al lavoro negoziale». In realtà, non è stato solo il governo italiano a mettersi di traverso e a rallentare le operazioni che hanno portato al voto definitivo sull’AI Act. Anche Francia e Germania, su molti aspetti del regolamento, non si sono trovate sempre allineate e l’accordo è stato raggiunto soltanto dopo una incessante operazione di mediazione, che ha portato le due super-potenze dell’UE a sciogliere le loro riserve.

Tuttavia, le responsabilità del governo italiano risultano essere ancora maggiori secondo Benifei, viste anche le promesse – che non sono state ancora mantenute – rispetto all’organizzazione del settore dell’intelligenza artificiale: «Ieri – ha detto Benifei – abbiamo sentito Giorgia Meloni annunciare di nuovo un investimento da 1 miliardo di euro sull’intelligenza artificiale, dopo che è passato quasi un anno dall’annuncio di 150 milioni che, tuttavia, non si sono ancora visti. I fondi dovevano stare nell’ultimo decreto di attuazione del Pnrr, ma per ora non sono stati inseriti e, quindi, non sembrano esserci quelle risorse annunciate».

La maggioranza politica che guida l’Italia ha una visione piuttosto articolata dell’intelligenza artificiale. Diciamo che le sue posizioni sono più simili a quelle di Elon Musk (con il quale, non a caso, ci sono state diverse interlocuzioni in questi mesi, fino alla partecipazione dello stesso Musk ad Atreju, la festa di Fratelli d’Italia), che punta sicuramente sullo sviluppo dell’AI, che – in qualche fase della sua esperienza imprenditoriale – si è anche detto scettico su uno sviluppo senza regolamentazione (salvo poi fare un passo indietro su questo), ma che sicuramente non vorrebbe affidare questa regolamentazione a un’istituzione come quella dell’Unione Europea, definita troppo restrittiva rispetto alla libertà d’impresa nel settore digitale. Insomma, il voto al Parlamento UE ha trovato abbastanza freddezza tra gli esponenti di governo. Occorrerà capire che effetto avrà questa stessa freddezza nell’iter di assimilazione del regolamento alle normative nazionali.

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