La svolta “pay” dei social è partita dalle spunte blu, ma i dati “regalati” quando erano totalmente free?

La svolta delle piattaforme, soprattutto in Europa, è sicuramente condizionata dai regolamenti dell'UE sui giganti del digitale. Ma questi ultimi non possono cancellare, con un colpo di spugna, 20 anni di storia

04/10/2023 di Gianmichele Laino

Una funzione pay. Poi, un insieme di funzioni pay. Poi, uno dei principi di business più remunerativi dei social network (quello della profilazione pubblicitaria dell’utente) che viene meno, sempre se scegli la formula pay. Stiamo assistendo, più o meno, a questo iter per quanto riguarda le piattaforme che l’hanno fatta da padrone, in tutto il mondo, sul piano della distribuzione digitale dei contenuti. Si è partiti dalla famosa spunta blu di Twitter e si è arrivati alla notizia, fornita in esclusiva dal Wall Street Journal, delle versioni europee a pagamento dei social network per evitare agli utenti l’esposizione al bombardamento della pubblicità. Sì, va bene: ma i dati?

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Social network a pagamento, ma che fine fanno i dati lasciati fino a questo momento dagli utenti?

Se fissiamo su un asse il momento specifico in cui si decide di non essere più raggiunti dalle pubblicità, sicuramente non elimineremo quanto accaduto prima di questo momento specifico. L’utilizzo dei social network, anche in Europa, è cresciuto a dismisura negli ultimi 20 anni. Questo vale soprattutto per Facebook (una delle piattaforme che, per i moderni criteri del social networking, è considerata più “antica” e tradizionale), poi per Twitter, poi ancora per Instagram e giù a cascata con le altre piattaforme. Al di là delle tante modalità di fruizione e delle diverse possibilità di espressione in formato fotografico, testuale o video, una caratteristica comune dei social network è sempre stata quella di “pasteggiare” con i dati degli utenti. E non è un caso che, negli ultimi anni, quando la “cultura del dato” è entrata a far parte del dibattito politico-istituzionale prima e della coscienza collettiva poi, le aziende dei social network siano state bersagliate dai legislatori e dalle autorità garanti su questo tema. Fino all’inchiesta della Guardia di Finanza che ha evidenziato, nel mese di febbraio del 2023, la possibilità di una presunta evasione dell’IVA da parte di Meta, assumendo che i dati personali degli utenti possano avere un valore economico.

Dunque, bene che Facebook e Instagram chiedano ai loro utenti europei un pagamento mensile per non essere raggiunti dalle pubblicità. Ma i dati quegli stessi utenti che accetteranno di pagare un abbonamento hanno uno storico che può essere comunque utilizzato dalle aziende che fanno pubblicità. E ancora: il fatto di pagare un abbonamento non esclude – lo impone la stessa architettura dei social network – all’utente di essere profilato. Ci sono decine di declinazioni della profilazione e decine di modi, da parte dei social network, di monetizzare questa profilazione, al di là della vendita pubblicitaria diretta. Pensate, per un attimo, a tutte quelle attività imprenditoriali (dai ristoranti alle librerie, passando per le aziende edili o per le società commerciali) che hanno un proprio profilo sui social network. La raccomandazione del contenuto da parte dei social, magari basata su un valore abbastanza semplice come la geolocalizzazione dell’utente, può – ad esempio – consentire alle piattaforme di “suggerire” il profilo di un’attività imprenditoriale del territorio, senza per forza mostrarla in un annuncio pubblicitario diretto. Insomma, le modalità per aggirare lo stop alla pubblicità ci sono e sono a portata di mano.

Così come non è bastata una spunta blu per verificare gli utenti (anzi, con l’introduzione dell’account verificato a pagamento, è stata data la possibilità a perfetti sconosciuti di poter diffondere informazioni e contenuti con una “patente” di attendibilità, anche laddove questa attendibilità era palesemente farlocca), non basterà il pagamento dell’abbonamento per fermare il mercato pubblicitario – o meglio “promozionale” – dei social network, basato sui dati di profilazione dell’utente.

*statement di Facebook*

«Meta crede nel valore dei servizi gratuiti supportati da annunci personalizzati. Tuttavia, continuiamo a valutare opzioni che garantiscano la conformità ai requisiti regolatori in continua evoluzione. Al momento non abbiamo ulteriori informazioni da condividere», ha fatto sapere un portavoce di Meta.

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