Definire le relazioni, ai tempi delle dating app
Il report di Hinge, l'applicazione che nasce per creare relazioni solide, ha mostrato come funziona la "trappola dell'ambiguità"
20/03/2024 di Gianmichele Laino
Il report di Hinge, l’applicazione creata per mettere insieme delle relazioni stabili e che – quindi – promette di nascere “per essere cancellata”, mostra come anche in Italia, ai tempi delle dating app, risulta difficile per gli utenti definire la qualità della loro relazione. Il rapporto a distanza, il fatto di aver messo davanti a sé lo schermo di un pc o di un iPhone, da un lato può agevolare le conversazioni (dal momento che la mancanza di un contatto visivo vero e proprio può rendere sicuramente gli utenti più sicuri nel portare avanti i propri discorsi), dall’altro può contribuire a complicarle. Soprattutto quando la relazione, costruita digitalmente, diventa qualcosa che ha la potenzialità di poter sopravvivere anche nella vita offline. A questo proposito, Hinge ha realizzato uno studio che evidenzia come gli utenti della sua applicazione reagiscono nel momento in cui i partner arrivano a definire la propria relazione.
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Report Hinge sulla definizione delle relazioni: i dati
Secondo il report D.A.T.E. (Data, Advice, Trend and Expertise) redatto dai professionisti di Hinge, emerge che il 73% degli utenti dell’applicazione ritiene che chiedere di diventare partner sia un requisito indispensabile per stabilire l’esclusività, quindi è un passo che non si può saltare. Allo stesso tempo, però, più della metà (57%) degli utenti di Hinge della Gen Z si è trattenuta dal dire a qualcuno ciò che prova per il timore di essere respinta. Infine, il 46% di chi utilizza Hinge dice di aver evitato di definire una relazione con qualcuno solo perché non era sicuro di come parlarne, cadendo nella trappola dell’ambiguità.
È interessante analizzare questo trend emerso dai comportamenti di chi utilizza una dating app così diversa dalle altre come Hinge. Come abbiamo avuto modo di ricordare anche in passato, l’app è costruita secondo un algoritmo che punta a individuare delle connessioni e delle compatibilità tra gli utenti, non semplicemente delle fugaci relazioni basate su interessi marginali in comune e sulla geolocalizzazione. Va da sé che il profilo dell’utente medio di Hinge è quello di una persona che sta cercando qualcosa di più di un rapporto mordi-e-fuggi.
Ovviamente, anche una relazione seria – al giorno d’oggi – può essere costruita sulla base di un algoritmo. Ma tutto può complicarsi nel momento in cui questa stessa relazione arriva a essere definita. La disintermediazione dello schermo, infatti, non sembra agevolare particolarmente la sicurezza degli utenti: più della metà delle persone non era certo delle risposte dell’altro, quasi la metà degli utenti di Hinge, invece, non ha affrontato il discorso per evitare di essere male interpretato, in sintesi. È uno spunto utile per una riflessione sulle dating app e sul loro ruolo nella vita di tutti i giorni: come fare a superare le eventuali ambiguità che una connessione virtuale ci porta inevitabilmente a vivere? E – soprattutto – nei nuovi codici delle relazioni nate su piattaforme digitali, esiste una nuova definizione di rapporto che non rientri nei classici schemi dei legami interpersonali?