Cos’è e come funziona la pubblicità comportamentale?

È la base economica di molte aziende che operano nel settore digitale. Negli anni si è evoluta, ma i principi alla base sono sempre gli stessi

03/11/2023 di Enzo Boldi

L’intervento dell’EDPB nei confronti di Meta (viatico per “colpire” anche altre aziende del settore digitale) va a toccare uno degli elementi fondanti della holding e delle piattaforme di proprietà di Mark Zuckerberg: la cosiddetta “pubblicità comportamentale“. Anche se nel corso degli anni sono cambiate le dinamiche e i paradigmi (arrivando a un tracciamento e una raccolta dati che poi si tramuta in annunci targettizzati sfruttando software e algoritmi), le basi sono sempre le stesse: si tratta di ads (advertising) che vengono proposti a un utente in base alle sue abitudini di navigazione. E questo è stato – e lo è ancora – uno dei mantra principali a sostegno delle attività economiche e commerciali derivate da Instagram e Facebook.

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Una soluzione che ha permesso, per anni, alle piattaforme social di non “chiedere” all’utente la sottoscrizione di un abbonamento e il versamento di un “obolo” (mensile o annuale). Perché, come noto, i nostri dati (non solo quelli sensibili) rappresentano il più importante veicolo di guadagno da parte delle aziende che operano nel settore digitale. Dunque, la raccolta dei dati e la targettizzazione per poi “offrire” la pubblicità comportamentale all’interno del feed social, ha un valore economico importantissimo per tutte le piattaforme.

Pubblicità comportamentale, cos’è e come funziona

Di cosa stiamo parlando? La pubblicità comportamentale – non solo relativamente ai social network – prevede l’erogazione di ads personalizzati. In che modo? In base agli interessi e alle preferenze degli utenti. Non solo quelle “dichiaratamente espresse” in fase di registrazione su una piattaforma, ma anche quelle desunte dalla nostra navigazione in internet e sui social network. Da qui l’aggettivo “comportamentale” (in gergo tecnico, utilizzando il vocabolario anglosassone, si parla di behavioural advertising), in quanto vengono “catturati” e analizzati i comportamenti degli utenti per poi creare segmenti di pubblico (i target). E tra i “dati” analizzati possiamo trovare i siti visitati, i prodotti acquistati, i contenuti pubblicati e le azioni compiute all’interno delle piattaforme (click, interazioni e altro). A tutto questo si aggiungono la geolocalizzazione e i dati demografici.

Oggi, però, l’evoluzione ha portato a un cambio – parziale – di paradigma. Soprattutto per quel che riguarda gli strumenti utilizzati per procedere alla targettizzazione per una pubblicità mirata. La naturale (anche se in questo caso l’aggettivo adatto sarebbe “artificiale”) evoluzione della pubblicità comportamentale è l’AdTech (o programmatic advertising). Il principio è sempre lo stesso (raccolta dati), ma si tratta di una raccolta automatizzata che, attraverso software e algoritmi, riesce a far matchare la targettizzazione dei dati con gli annunci creati dagli inserzionisti.

Come si raccolgono i dati per la targettizzazione

Ed è questo una delle principali fonti di sostentamento economico di quasi tutte le aziende che operano nel mondo digitale e delle loro piattaforme. Tra i principali strumenti troviamo:

  • Cookie: piccoli file di testo che vengono memorizzati sul dispositivo dell’utente che possono essere utilizzati per tracciare le attività dell’utente su un sito web o su più siti web.
  • Pixel di tracciamento: piccoli elementi di codice che vengono inseriti nelle pagine web e che possono essere utilizzati per tracciare le visite alle pagine web e le azioni compiute dagli utenti.
  • Log di server: registrano le attività degli utenti all’interno di un sito o di una app e possono essere utilizzati per tracciare le visite alle pagine web, le azioni compiute dagli utenti e le informazioni condivise.

Strumenti leciti? Sì, ma le piattaforme – come già sosteneva il Garante Privacy italiano nel lontano 2010, facendo riferimento alla direttiva e-privacy – devono consentire all’utente di esprimere il proprio consenso informato per procedere a questa targetizzazione.

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