I primi effetti del DSA e la solita accusa di “legge bavaglio”

Il 25 agosto, il Digital Service Act è entrato nel vivo. Ma non sono mancate le polemiche

03/09/2023 di Redazione Giornalettismo

Venerdì 25 agosto è iniziata la prima vera fase strutturale del Digital Service Act. Le 19 piattaforme “identificate” dalla Commissione UE come VLOP (Very Large Online Platform) hanno iniziato ad adeguare i propri sistemi al Regolamento Europeo sui servizi digitali che, tra le tante cose, prevede degli obblighi ben precisi in termini di trasparenza, responsabilità, protezione dei minori e rispetto dei diritti fondamentali. Queste aziende (tra cui troviamo Facebook, Instagram, Twitter, Google, Wikipedia e TikTok) hanno avviato da tempo alcune modifiche strutturali tra cui, per fare un esempio, la possibilità di scelta tra un feed algoritmico e uno cronologico. Due piattaforme, però, si sono ribellate: da una parte Zalando (l’unica europea nell’elenco) che ha presentato ricorso alla Corte di Giustizia Europea, dall’altra Amazon. Entrambe ritengono che l’inserimento all’interno dell’elenco VLOP sia sbagliato e penalizzante rispetto ad altre piattaforme.

Digital Service Act e l’accusa di “legge bavaglio”

Al netto della rincorsa all’adeguamento, molte altre piattaforme hanno espresso pareri non proprio in linea con gli stringenti paletti imposti in Europa dal Digital Service Act. In attesa di scoprire i reali effetti di questo Regolamento, anche piattaforme come X (ex Twitter) hanno iniziato a modificare alcuni aspetti: nonostante le recenti polemiche di Elon Musk, sul social è stato inserito un pulsante ad hoc per inviare segnalazioni in caso di violazioni delle leggi vigenti in UE (proprio ai sensi del DSA).

In Italia poteva mancare una polemica? Assolutamente no. La Lega, unico partito italiano a votare contro questo provvedimento al Parlamento Europeo, sostiene che dietro questo provvedimento ci sia una “legge bavaglio” per reprimere la libertà di espressione online. Una narrazione che viene spesso riproposta dai partiti di destra, ma che non ha un’effettiva collocazione razionale leggendo il testo del Regolamento.

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