La corretta divulgazione sul vaccino anti-Covid che passa dall’ironia su TikTok

Abbiamo intervistato le dottoresse che hanno fondato la pagina TikTok Vita_da_as smentendo le fake news sul vaccino anti-Covid a colpi di ironia e divulgazione

01/03/2021 di Ilaria Roncone

Vita_da_as è nata su TikTok a metà dicembre e i video piacciono parecchio: quasi 75 mila mi piace per i contenuto proposti da cinque assistenti sanitarie. Miriana Girardi, Giusy Amodio, Chiara Amoruso, Alessia De Marzo e Lucia Servedio svolgono ogni giorno il proprio lavoro e, una volta finito il turno, si occupano di divulgare notizie sul vaccino con video ironici su TikTok e non solo. Il contributo che delle assistenti sanitarie possono dare per smentire le notizie vaccino false tramite social non è da sottovalutare e l’esperiemento, per ora, si sta dimostrando di successo.

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Vita_da_as su TikTok: «Il progetto nasce per smentire le notizie vaccino false»

 

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«Questo progetto è nato a metà dicembre», hanno spiegato ai microfoni di Giornalettismo la dottoressa Girardi e la dottoressa Amodio.«In realtà non era nemmeno tanto programmato nel senso che la nostra professione – siamo laureate in assistenza sanitaria – è improntata proprio alla prevenzione e alla diffusione dell’educazione sanitaria, alla promozione della salute. Finora nessuno aveva utilizzato le nuove tecnologie e i social come stiamo facendo noi. Visto il periodo storico molto delicato e il fatto che abbiamo notato la diffusione di tante fake news il progetto nasce proprio da qui: purtroppo chiunque può scrivere qualsiasi cosa e molta gente, non sapendo dove andare a informarsi correttamente né le fonti ufficiali da leggere, crede a queste fake news e le diffonde».

«Abbiamo pensato di fare questi video a partire da TikTok per contrastare le notizie false e dire la nostra spiegando in modo scientifico le nozioni, basandoci su quelle che sono le reali fonti ufficiali. Vogliamo parlare con le persone e chiarire le idee che, giustamente, sono anche un po’ confuse. Oltre a dare notizie sul Covid e sul vaccino vogliamo anche far conoscere la nostra professione. Tramite questi social, che sono molto intuitivi, utilizziamo anche l’ironia che sicuramente ci contraddistingue».

«Oltre a fare i video rispondiamo anche ai messaggi privati e ai chiarimenti che ci richiedono, su Instagram nelle storie mettiamo a disposizione un box domande e le persone possono chiedere ciò che vogliono. Noi rispondiamo tranquillamente per chiarire ogni tipo di dubbio, anche con documenti pubblicati da fonti affidabili come l’Aifa, il ministero della Salute e così via. Se non vogliono credere a noi forniamo altre fonti attendibili».

«Puntiamo a creare una pagina Facebook per raggiungere le persone più grandi»

«Inizialmente abbiamo utilizzato Instagram e TikTok perché volevamo raggiungere i più giovani, considerato che grazie a loro la notizia si diffonde facilmente. È importante, però, anche arrivare a quel pubblico un po’ più adulto perché anche e soprattutto loro hanno bisogno di essere informati. Proprio per questo ci sposteremo anche su Facebook, dove troviamo i più grandi tra i quali vorremmo eradicare certe concezioni e certe credenze».

«Fanno complottismo anche su di noi»

Nella giornata in cui l’analisi di Reputation Science ci ha restituito una serie di dati non proprio incoraggianti – a partire dal fatto che solo il 41% dei post che sui social parlano del vaccino lo fanno in maniera positiva – la conferma in tal senso arriva anche dalle as di Vita_da_as: «Un po’ ce lo aspettavamo perché il vaccino, in generale, è sempre stato un po’ demonizzato. Notizie false sui vaccini ci sono sempre state, anche se andiamo indietro di trent’anni. Noi, grazie ai video, abbiamo ricevuto feedback molto positivi ma i no-vax li troviamo ovunque. Ce ne dicono si ogni, credono che veniamo pagate per fare questi video quando in realtà non è assolutamente così. Dopo le ore di turno rimaniamo anche per fare questi video, un extra che facciamo volentieri perché ci piace la nostra professione. Fanno complottismo anche su di noi, non di fermano in nessun caso».

«Ci prendiamo anche insulti e c’è chi ci ha augurato anche il male. Ci sono persone che credono che dentro il vaccino ci sia di tutto, ne abbiamo lette veramente tante (compresa quella del Covid nei frutti). L’obiettivo nostro e di tutti gli operatori sanitari, al momento, deve essere quello di sensibilizzare e rassicurare la popolazione perché in un momento di paura e di confusione è giusto informarsi presso fonti competenti. Comprendiamo perfettamente che ci sono tante persone che soffrono per motivi non solo di salute ma anche economici, c’è del nervosismo in generale. Proprio questo vogliamo far capire: per uscire da questa situazione ed essere sereni la sola arma che abbiamo è quella del vaccino. Andare contro all’unica speranza che c’è non ha senso».

Il ruolo dei media e della comunicazione nella percezione del vaccino

Rimanendo sempre sui dati relativi alla percezione del vaccino la percezione delle cinque as è positiva per quanto riguarda le interazioni social dei loro profili: «Però i commenti negativi ci sono e li leggiamo un po’ ovunque, anche sotto gli articoli di giornale. Purtroppo è anche il tipo di comunicazione che si utilizza a portare a questi metodi di difesa che usano i no-vax e non solo. Quelle persone che vogliamo raggiungere proprio tramite Facebook, interagire con una fascia completamente diversa per dare aiuto e chiarimenti, notizie vere».

Sul lavoro dei media l’impressione è negativa, in generale: «Avrebbero potuto fare di meglio, il meccanismo dei titolo per ricevere click è troppo esagerato. Hanno pubblicato qualsiasi notizia, da quelle false a quelle incerte, creando ovviamente ancora più confusione nel pubblico. La strategie migliore sarebbe stata quella di restare tutti su una stessa linea e uscire solo quando c’erano conferme. C’è stato un po’ di delusione per il lavoro dei media, però ci sono anche giornalisti che lavorano bene. Fare un titolo clickbait e poi scrivere dentro la notizia corretta non serve perché la gente non lo apre l’articolo, si ferma al titolo. Anche per questo abbiamo optato per i video e non per gli articoli: una persona i video li apre ed è costretta ad ascoltare e a leggere quello che vogliamo dire. Con l’articolo, invece, potremmo risolvere poco e niente».

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