Sui social, soltanto il 41% dei post degli italiani ha una buona opinione dei vaccini
L'analisi di Reputation Science sulle ultime notizie legate al siero contro il coronavirus
01/03/2021 di Gianmichele Laino
Italia, popolo di santi, poeti, navigatori e no vax. Almeno guardando i social network, almeno analizzando le ultime conversazioni sulla reputazione dei vaccini contro il coronavirus. Reputation Science, che è l’istituto che gestisce in maniera rigorosa il sentiment nei confronti di aziende, manager e istituzioni, ha pubblicato uno studio che analizza l’opinione espressa dagli italiani sui social network sul vaccino contro il coronavirus in generale e sulle singole case farmaceutiche che fino a questo momento li hanno prodotti e che hanno ottenuto le autorizzazioni alla distribuzione (non necessariamente in Unione Europea, come vedremo).
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Reputazione dei vaccini in Italia, i dati preoccupanti
Il dato più allarmante è che soltanto il 41% dei post analizzati (nel complesso sono stati 140mila, tra contenuti pubblicati su diverse piattaforme) presenta una sensazione positiva nei confronti dei vaccini. Il resto dei contenuti o non esprime una posizione definita o, al contrario, risulta essere totalmente scettico nei confronti del siero contro il coronavirus. Nel dettaglio, il 34% dei post percepisce il vaccino come un qualcosa di completamente negativo.
A incidere su questa percezione – è opportuno sottolinearlo per non creare fraintendimenti profondi – ci sono due fattori: il primo che è quello dell’efficacia dei vaccini stessi contro il coronavirus (e qui entriamo in un terreno che potremmo definire decisamente no-vax), il secondo è quello dei dubbi sulla loro distribuzione. Su quest’ultimo punto, infatti, ci sarebbe un discorso più ampio da fare: chi esprime questo tipo di perplessità non è necessariamente un no-vax, anzi potrebbe essere un cittadino con molta fiducia nella scienza che, tuttavia, è deluso dal comportamento delle case farmaceutiche che hanno tagliato le forniture ai singoli stati o delle amministrazioni locali che non hanno saputo individuare una strategia efficace per la distribuzione capillare dei vaccini.
I problemi di distribuzione, infatti, incidono in misura maggiore: esprime dubbi in merito il 35% dei contenuti pubblicati, mentre il dato relativo all’efficacia dei vaccini si attesta sul 26% (comunque un valore altissimo). Completa il quadro un altro 10% che esprime delle considerazioni generiche sulle case farmaceutiche. In ogni caso, in questa prima parte del 2021 – che doveva essere l’anno della rivincita dei vaccini e della scienza – questi effetti, almeno dal punto di vista della comunicazione, non si fanno sentire.
Quale vaccino ha una maggiore reputazione sui social?
Anche tra le aziende che distribuiscono i vaccini le opinioni sono diverse. I vaccini più apprezzati sono proprio quelli che in Italia o hanno una distribuzione limitata o non hanno affatto una distribuzione: il siero di Moderna, infatti, è quello che raccoglie intorno a sé più consensi (nonostante il fatto che, su quasi 6 milioni di dosi iniettate, Moderna abbia contribuito solo per circa 250mila unità). Al secondo posto nella classifica della reputazione, c’è il vaccino Sputnik, il siero russo che non è stato ancora autorizzato nell’Unione Europea. Eppure, sui social network, è visto quasi come un toccasana per i problemi di diffusione del contagio in Italia.
Completa il podio Reithera, il vaccino monodose dello Spallanzani che, tuttavia, è ancora in fase di sperimentazione e non è stato ancora somministrato. I due principali vaccini utilizzati in Italia (Pfizer e AstraZeneca) si comportano molto male a livello di reputazione: se AstraZeneca compensa le sensazioni negative con quelle positive, attestandosi su un indice prossimo allo zero, Pfizer ha una reputazione nettamente negativa tra gli utenti dei social network in Italia. Su questi ultimi elementi incide fortemente il fattore distribuzione: i problemi che ci sono stati con tra le case farmaceutiche e l’Unione Europea hanno condizionato l’opinione dei cittadini sui social e non è un caso, invece, che i vaccini con maggiore reputazione non siano ancora entrati nella fase di distribuzione nel nostro Paese.
Foto IPP/Felice De Martino