«Facebook dovrà recuperare il danno d’immagine, ma ora incentiviamo altri canali con il pubblico»

L'intervista a Magica Fossati, radio broadcaster ed executive producer di SBS

22/02/2021 di Redazione

Magica Fossati, broadcaster ed executive producer dell’importante emittente australiana SBS, si è trovata – come del resto tutti i suoi colleghi – di fronte a una realtà completamente diversa quando Facebook ha deciso di applicare un ban alle news sulla propria piattaforma. È stata la reazione alla discussione del News Media Bargaining Code, il tentativo del parlamento australiano di disciplinare il rapporto tra i media e le grandi piattaforme del web. Un rapporto che dovrebbe prevedere – questi i punti maggiormente contestati – un arbitrato esterno nel caso in cui non si trovasse un accordo economico per l’utilizzo delle news da parte delle piattaforme come Facebook o Google e una maggiore trasparenza degli algoritmi che disciplinano la distribuzione dei contenuti. Ora, il mondo delle news in Australia sta attraversando un momento complesso perché, se Google ha scelto la strada della trattativa, Facebook ha semplicemente chiuso i rubinetti al mondo dell’informazione.

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News in Australia, le opinioni dei giornalisti

Per cercare di capire l’impatto del Facebook news ban, da qualche giorno stiamo provando a confrontarci con i nostri colleghi giornalisti che operano nel Paese. Vi abbiamo raccontato, ad esempio, dell’esperienza della testata in lingua italiana Il Globo (che, tuttavia, almeno in un primo momento non sembra essere stata coinvolta nel ban di Facebook). Ma abbiamo voluto capire cosa sta succedendo anche ai grandi network locali, colpiti dal provvedimento del social di Mark Zuckerberg. Magica Fossati, che lavora da 17 anni alla SBS, ci ha spiegato il clima che si respira nel mondo del giornalismo australiano.

«Lo scopo del News Media Bargaining Code secondo quanto dichiarato dal governo federale – spiega a Giornalettismo – è sostenere un giornalismo di interesse pubblico, ma sulla sua efficacia in questo senso ci sono pareri contrastanti. Secondo alcuni commentatori, anche se si rivelasse utile, andrebbe a favorire solo i grandi gruppi editoriali, in particolare NewsCorp (il gruppo editoriale di Rupert Murdoch, ndr). Altri hanno criticato tout court l’obbligo a stabilire accordi commerciali, ma hanno evidenziato che alcune misure sarebbero sensate, come ad esempio l’obbligo da parte di Facebook e Google di comunicare agli editori i cambiamenti dei loro algoritmi di ricerca, che hanno un impatto diretto sulla visibilità dei contenuti. In ogni caso il codice prevede varie misure che andrebbero rivalutate ad un anno dall’eventuale entrata in vigore».

Nulla, dunque, ha un biglietto di sola andata. E anche chi si preoccupa, come il fondatore del World Wide Web Tim Berners-Lee, del funzionamento generale di internet dopo l’approvazione del News Media Bargaining Code (o di provvedimenti analoghi nel resto del mondo), dovrebbe prendere in considerazione che questa nuova legislazione non è tutto bianco o tutto nero, ma presenta delle sfumature intermedie e degli spunti che andrebbero seriamente presi in considerazione nell’intero ecosistema globale delle news.

Ripensare alla distribuzione delle notizie, in modo meno dipendente dai social network

Non è un caso, insomma, se alcune emittenti australiane si stanno rendendo conto di aver sviluppato, negli ultimi anni, una dipendenza eccessiva da Facebook. Un esempio? Sono bastati pochi giorni di news ban per far “riscoprire” agli utenti l’app di ABC (altro grande network australiano) che, in poco tempo, è diventata la più scaricata del Paese. «Senz’altro l’evento senza precedenti che è il Facebook news ban in Australia – ha affermato Magica Fossati -, comunque andrà a finire, può essere un utile momento di riflessione sul rapporto simbiotico che in molte parti del mondo si è stabilito tra Facebook e giornalismo. Riattivare e incentivare altri canali di comunicazione con la propria audience mi pare sia salutare, a prescindere dall’esito di questo braccio di ferro tra il governo australiano e la piattaforma di Zuckerberg. Tutte le testate giornalistiche e le emittenti australiane, inclusa SBS, stanno rilanciando i loro siti, le loro app e newsletter per non perdere il contatto con il proprio pubblico, con esiti probabilmente diversi, che dipendono dalla tipologia della loro audience, e che è forse prematuro valutare».

E in effetti la dipendenza dei giornali da Facebook, negli anni, è stato un vero e proprio tallone d’Achille anche per la qualità dei contenuti: si è commesso l’errore di cercare l’approvazione facile, il like, la viralità, mettendo al primo posto queste cose rispetto all’approfondimento e ai criteri di notiziabilità. Il Facebook news ban, paradossalmente, sta facendo riflettere molto su questo. Anche se il braccio di ferro avviato dal social network di Mark Zuckerberg potrebbe creare, alla lunga, un problema di reputazione: «It’s early days, come diciamo qui, e non sono certo nella posizione di poter prevedere come si risolverà questo contrasto – conclude Magica Fossati -. Facebook ha scelto la linea dura, perché teme di stabilire un precedente a livello internazionale. Il fatto però che Google abbia già avviato una strategia diversa, non di opposizione ma strategica, con una serie di accordi tra cui quello con la stessa NewsCorp, potrebbe lasciar spazio per intravedere soluzioni analoghe anche per Facebook. Resta da vedere se Facebook riuscirà anche a recuperare l’innegabile danno di immagine provocato agli occhi dell’opinione pubblica, visto che nei primi giorni l’oscuramento delle pagine ha colpito in modo maldestro anche pagine governative, di carattere sociale e sanitario, tra cui ad esempio quella dell’Istituto di Meteorologia (BoM) e di 1800Respect, la linea dedicata alla violenza domestica».

It’s early days, sicuramente. Ma l’Australia ci sta mettendo di fronte a un bivio. E sarà una guida indispensabile per capire che tipo di giornali vorremo fare in futuro e attraverso quali strumenti riusciremo a diffonderli.

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