Facebook affonda le news in Australia impedendo agli utenti di condividerle

La ritorsione, a questo punto, fa un passo in avanti verso la censura

18/02/2021 di Gianmichele Laino

La ritorsione fa un passetto in avanti verso la censura. Così, una questione meramente economica, che si basa sul principio cardine del giusto riconoscimento dei diritti per chi produce contenuti (soprattutto se questi ultimi sono contenuti informativi), entra direttamente nel solco della libertà d’espressione: Facebook blocca news in Australia, nel senso che sta impedendo agli utenti di condividerle all’interno dei propri feed sul social network. Si tratta di un riflesso del processo legislativo che è in corso nel Paese: il governo di Scott Morrison sta portando avanti un pacchetto di norme per disciplinare i rapporti tra editori e grandi compagnie del web (come Facebook e Google, ad esempio). L’obiettivo è quello di una negoziazione equa per l’utilizzo dei contenuti e laddove non dovessero essere d’accordo editore e big di internet, allora interverrebbe un arbitrato esterno per pattuire un giusto compenso per il contenuti utilizzati. Inoltre, il pacchetto di leggi prevede anche una maggiore trasparenza sugli algoritmi che regolano la distribuzione dei contenuti da parte delle grandi piattaforme.

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Facebook blocca news in Australia, l’ultima frontiera dello scontro

Mentre Google ha deciso di alzare la posta per trattative private che potessero convincere gli editori a non seguire la linea governativa, Facebook ha scelto l’altra strada. Quella più estrema. Ha deciso di impedire agli utenti di condividere le news attraverso i propri account. Il responsabile del Tesoro in Australia, Josh Frydenberg, ha affermato che questa mossa del social network è stata intrapresa senza che venisse dato un congruo avviso alle istituzioni. Per questo, il governo, attraverso il ministro della Salute Greg Hunt, parla di un vero e proprio attacco a una nazione sovrana.

Ma l’attacco di Facebook non si limita alla pura e semplice libertà d’espressione: entra in un terreno minato  che è quello di vietare anche informazioni di servizio, compresi i messaggi di emergenza statali che – solitamente – vengono condivisi attraverso le piattaforme sociali. Ha tagliato i fili della corrente, insomma, senza che nessuno abbia avuto il tempo di poter prendere le dovute contromisure. «Il fatto che ci siano organizzazioni come i dipartimenti sanitari statali, i vigili del fuoco e i servizi di emergenza – ha detto il ministro delle Comunicazioni Paul Fletcher – che si sono ritrovati con le loro pagine Facebook bloccate, è un problema di sicurezza pubblica». E come dargli torto.

Secondo Facebook, il suo rapporto con gli editori e i produttori di notizie in generale è equo. William Easton – che è amministratore delegato di Facebook in Australia – ha affermato che, nel corso del 2020, Facebook ha prodotto 5,1 miliardi di condivisioni gratuite che hanno generato, attraverso gli introiti pubblicitari, circa 407 milioni di dollari australiani per gli editori. Sostiene che il business degli editori attraverso la sua piattaforma è assolutamente tutelato, dal momento che gli editori scelgono volontariamente di condividere i propri contenuti su Facebook al fine di ottenere risonanza maggiore.

Peccato che Facebook abbia dimenticato di sottolineare come, spesso, i suoi algoritmi intervengano per limitare o per controllare la diffusione di un determinato contenuto, con logiche aziendali che – in quanto tali – non sono rese pubbliche. Da qui nasce l’esigenza in Australia – ma anche nel resto del mondo – di disciplinare i rapporti tra le piattaforme web e gli editori. Ma Facebook ha scelto di entrare in tackle duro. Senza possibilità di appello e passando, da strumento della libertà di informazione, a mezzo di censura.

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