La minaccia di Google: «L’Australia ci costringe a pagare per le news? Noi blocchiamo il motore di ricerca»

Nel Paese si sta cercando di promuovere un nuovo codice per chiedere alle big companies un risarcimento per i siti di news

22/01/2021 di Gianmichele Laino

L’Australia sta cercando di dare una risposta governativa all’annoso problema delle news su Google e sui social network. Per i servizi che queste Big Companies offrono a livello informativo, infatti, si sta parlando da diverso tempo di corrispondere delle cifre agli editori che scelgono la strada di consentire a Google o a Facebook di utilizzare il proprio flusso di notizie all’interno dei feed dedicati degli OTT. L’Australia sta predisponendo un nuovo codice normativo che prevede, da parte dello Stato, di stabilire i costi delle transazioni economiche relative al mercato delle news. Una soluzione che Google ritiene non praticabile, tanto da minacciare la chiusura del motore di ricerca in Australia.

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Google Australia, cosa sta succedendo

Google non è contrario, in generale, alla soluzione di corrispondere una certa cifra agli editori per i suoi servizi di news. Anzi, in alcuni Paesi del mondo le trattative in questo senso sarebbero già in fase avanzata, ad esempio in Francia. Tuttavia, nel caso specifico sembrerebbe contrario al fatto che uno stato, attraverso un codice normativo, stabilisca le “tariffe”.

Mel Silva, il responsabile di Google per l’Australia e la Nuova Zelanda, ha manifestato la preoccupazione del motore di ricerca per quanto sta per essere approvato, a livello normativo, in Australia: «Insieme al rischio finanziario e operativo ingestibile – ha detto Silva -, se questa versione del Codice diventasse legge, non ci darebbe altra scelta che smettere di rendere disponibile il motore di ricerca Google in Australia». Una forzatura all’interno di una trattativa che potrebbe anche condizionare l’iter normativo che si sta indirizzando verso questa linea in Australia.

Infatti, secondo il codice che i politici dello Stato vorrebbero adottare e su cui si sta discutendo, Google dovrebbe scendere a negoziare il prezzo dei servizi con gli editori e – in caso di mancato accordo – dovrebbe sottostare a un arbitrato esterno: in quella sede si deciderebbe il prezzo corretto per la transazione economica. Il colosso di Mountain View ritiene inaccettabile una situazione del genere ed è arrivato alla minaccia, scatenando le ire del premier australiano, Scott Morrison: «Di certo Google – ha detto Morrison – non può stabilire come funziona la legge in Australia e non può stabilire per noi le regole. Se gli imprenditori vogliono lavorare in Australia sono i benvenuti, ma non rispondiamo alle minacce».

L’impatto di una eventuale down del motore di ricerca in Australia non è stimabile, anche se è piuttosto noto che i maggiori ricavi di Google nel Paese siano legati all’attività di search engine marketing. Eppure, evidentemente, preferisce chiudere i rubinetti dei suoi servizi e non “subire le trattative” rispetto agli editori locali. Un mercato appetibile, sin troppo, dal momento che il nuovo codice in fase di approvazione in Australia nasce proprio in seguito a considerazioni sul fatto che Google e Facebook avevano un potere di mercato eccessivo nel settore delle news. La reazione di Google ha inquietato – e non poco – gli esperti di settore in Australia, che sono arrivati a parlare apertamente di «comportamento agghiacciante e minaccioso per la nostra democrazia».

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