Lo strano concetto di “libertà di parola” secondo Musk
Il caso più recente riguarda il "rallentamento" nel reindirizzamento da X verso i giornali che lo criticano
19/08/2023 di Redazione Giornalettismo
La vendetta è un piatto che Elon Musk vuole servire… lento. Per quasi due settimane, gli articoli della Reuters e del New York Times condivisi su X si sono “caricati” molto più lentamente rispetto a tutti gli altri contenuti. Per fare un esempio, cliccando su un link relativo a queste due testate, il tempo per il reindirizzamento è stato cinque volte più lento rispetto a tutti gli altri collegamenti. Una casualità o un disegno premeditato?
Musk ha rallentato i collegamenti ai giornali che lo criticano?
Secondo un’indagine del Washington Post, la responsabilità diretta è stata di X che, come faceva già Twitter, utilizza il dominio t.co per consentire la pubblicazione dei contenuti esterni sulla piattaforma. E proprio tramite questo strumento (che genera gli shortlink), si sono potuti dilatare i tempi di collegamento ai due giornali che non hanno mai risparmiato le critiche nei confronti di Elon Musk. Ma l’informazione non è l’unica “vittima” del vendicativo imprenditore: stessa dinamica è stata riscontrata per i link a Facebook, Instagram, BlueSky e Substack. Rivali storici di X.
Eppure, nel corso della lunga trattativa per acquisire la piattaforma, il fondatore di Tesla aveva parlato di “libertà di parola” da concedere a tutti sul suo social. A meno che, a quanto pare, non si parli male di lui. E mentre le evidenze sono venute a galla, anche TweetDeck è diventato a pagamento. E nonostante gli introiti, il capo di X non ha alcuna intenzione di sedersi al tavolo delle trattative per l’equo compenso sui diritti musicali.
- X ha rallentato l’accesso ai link dei giornali che criticano Musk
- Come ha fatto X a rallentare i collegamenti verso siti esterni
- La (non) risposta di X e Elon Musk sulla questione del rallentamento dei siti
- Musk contro i giornali e i “rivali” nonostante la promessa di libertà di parola
- Anche TweetDeck (anzi, XPro) è diventato a pagamento
- Intanto X chiede l’archiviazione della causa intentata dagli editori musicali