Come ha fatto X a rallentare i collegamenti verso siti esterni

La piattaforma utilizza il dominio t.co per la creazione degli shortlink e per tracciare il traffico

16/08/2023 di Enzo Boldi

Il caso del collegamento ritardato ad alcuni link (pubblicati su X) che rimandavano a testate “avverse” a Elon Musk come Reuters e New York Times (ma anche a piattaforme rivali come Facebook, Instagram, Bluesky e Substack) non sembra essere una mera casualità. Infatti, il social network guidato dal fondatore di Tesla ha al suo interno una funzione (e un dominio) che – tra le sue tante implicazioni) può gestire la velocità di collegamento attraverso link condivisi dagli utenti sulla piattaforma. Dunque, appare evidente come X possa rallentare i siti esterni attraverso il proprio portale e tutto passa dal dominio t.co.

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Una funzione nota da tempo e che, fino a qualche ora fa, non sembrava essere meritevole di un approfondimento specifico. Da anni, infatti, Twitter (ora X) utilizza il dominio t.co per permettere la creazione dei cosiddetti shortlink per condividere gli articoli e i contenuti esterni sulla propria piattaforma. Proprio attraverso questo strumento, X non è solo in grado di tracciare il traffico dei contenuti condivisi, ma può anche analizzare quelli che portano a maggiori interazioni e quelli più popolari. Di fatto, un “esercizio” parallelo agli hashtag, per consentire all’algoritmo – soprattuto nell’epoca (voluta da Musk) dei “Per te” che viaggiano parallelamente al feed cronologico – di indicizzare quanto pubblicato online.

X può rallentare siti esterni? Sì, grazie al dominio t.co

Come rivelato dal Washington Post nella sua analisi di quanto accaduto negli scorsi giorni ai collegamenti ai contenuti pubblicati dalla Reuters, dal New York Times e le ricondivisioni di link che rimandano a piattaforme “rivali”, con t.co X può rallentare siti esterni. In che modo?

«Il ritardo ha interessato il dominio t.co, un servizio di “accorciamento dei collegamenti” che X utilizza per elaborare ogni collegamento pubblicato sul sito web. Il traffico viene instradato attraverso il dominio, consentendo a X di tracciare e, in questo caso, rallentare l’attività verso il sito Web di destinazione, sottraendo potenzialmente traffico ed entrate pubblicitarie alle aziende che Musk non ama personalmente». 

L’analisi del Washington Post si è basata sulla velocità di collegamento attraverso link che riportavano a molte testate e altri siti esterni. E le problematiche (ovvero il ritardo salito a 5 secondi, rispetto al poco più di un secondo “tradizionale” per il reindirizzamento) sono state rilevate solamente per quel che riguarda i collegamenti ai siti di cui abbiamo parlato prima. Difficile, dunque, possa trattarsi di un “incidente”.

Il throttling

Leggendo sulla pagina dedicata alle funzionalità del dominio t.co, vengono riportate le caratteristiche di questo “servizio”, obbligatorio per ogni condivisione di un link esterno du X. Non si fa riferimento alla possibilità di “ritardare” il collegamento a un portale esterno. In realtà, con questo passaggio “interno”, la piattaforma ha la possibilità di modificare il “throttling“, una tecnica che consente di “gestire” la velocità di collegamento a un link. Instradando il traffico dei collegamenti sul dominio di proprietà di quel social che fino a qualche tempo fa si chiamava Twitter, si può gestire la velocità con cui reindirizzare gli utenti che cliccano su un determinato link, ponendo dei paletti proprio in base al dominio. 

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