Chi sono gli Hikikomori e perché c’entra anche il mondo digitale

Il governo italiano si è impegnato a combattere l'isolamento sociale dei giovani e nei giorni scorsi è stata presentata una proposta di legge sul tema

10/11/2023 di Enzo Boldi

È un tema al centro di grandi dibattiti soprattutto oggi, con la nostra vita (soprattutto quella dei più giovani) improntata su un continuo utilizzo di mezzi digitali. È un argomento che ha dato il titolo a una canzone dei “Pinguini Tattici Nucleari”, con la band della provincia di Bergamo che ha trovato un parallelismo tra quanto successo durante la pandemia COVID-19 e quella condizione che coinvolge sempre più gli adolescenti di tutto il mondo. Ora l’Italia sembra esser pronta a dare la giusta attenzione al fenomeno “Hikikomori“, con l’annuncio – da parte della deputata di Forza Italia Rosaria Tassinari – di una proposta di legge che dovrebbe essere depositata a breve alla Camera dei deputati.

LEGGI ANCHE > Sindrome di Hikikomori e social network: esiste una correlazione?

Il termine è stato coniato dallo psichiatra adolescenziale giapponese Saito Tamaki ed è comparso per la prima volta in un saggio dal titolo “Hikikomori: Adolescence Without End” pubblicato nel 1998. La parola è composta da due kanji nipponici e vuol dire, nella traduzione in italiano, “stare in disparte” (o “mettersi in disparte”). Questa, infatti, la definizione data dall’esperto 25 anni fa:

«Persone che entro la terza decade di vita diventano reclusi nella propria casa, in cui restano per almeno sei mesi, e per le quali altri disturbi psichiatrici non spiegano il sintomo principale di rinuncia alla vita sociale». 

Dunque, si parla di un qualcosa che vede come “protagonisti” i giovani (fino ai trent’anni). A differenza di quanto indicato da Saito Tamaki, questa definizione è stata estesa a livello temporale: il “ritiro” dalla vita sociale non più ristretto in sei mesi, ma senza alcuna durata. Stiamo parlando, dunque, di un fenomeno studiato – prima che altrove – in Giappone. Non è un caso che venti anni prima (era il 1978), lo psicoterapeuta (sempre nipponico) Yoshimi Kasahara aveva individuato e descritto comportamenti simili tre i giovani e lo aveva etichettato come “nevrosi da ritiro”. Dunque, si parla di un qualcosa che non ha origine nell’era digitale. Oggi, però, i mezzi di comunicazione (di ogni tipo) hanno acuito queste dinamiche in tutto il mondo.

Hikikomori, chi sono quelli che scelgono di mettersi in disparte

Una forma di disagio sociale, insofferenza rispetto alla socialità e graduale chiusura in sé stessi. Le cause di questa condizione (la cui definizione è ancora difficilmente connotabile come “sindrome”), possono essere molto variegate. Nella maggior parte dei casi studiati dagli esperti di psichiatria infantile, si fa riferimento ad alcuni aspetti comuni: spesso e volentieri, ci si trova di fronte a ragazzi e ragazze molto intelligenti (con un QI elevato) e che hanno un carattere molto introverso che poco si confà a un mondo sempre meno introspettivo. Da qui un disagio, quasi un senso di ansia, sociale che porta queste persone a preferire una vita lontana da tutti. A tutto ciò si possono aggiungere altri fattori. Delle concause che possono alimentare questa condizione di distacco dalla socialità e “dall’altro”: come i rapporti conflittuali con i genitori (o con un altro componente della famiglia). E, da non sottovalutare, anche l’aspetto scolastico e i “contrasti” che possono esser sorti con i propri coetanei.

Trattandosi di una condizione psicologica (che ha dei riflessi potenziali) anche sulla salute di tutto il corpo, non esiste un solo fattore scatenante. Moltissimi giovani, infatti, decidono di ritirarsi in disparte per svariate ragioni. Quel che è accaduto in tutto il mondo negli ultimi anni è stato solamente un acceleratore di questo processo sempre più infestante all’interno della società globalizzata.

Perché c’entra anche il digitale

Stando agli studi più recenti, i numeri di questo fenomeno sono in costante crescita. Stando alle stime realizzate analizzando un campione studentesco, si pensa che in Italia la cifra sia verosimilmente vicina (o superiore) alle 100mila unità. Visto il campione analizzato sia dal CNR di Pisa che dall’Istituto Superiore di Sanità, questi numeri sembrano poter essere solamente la cornice di un problema molto più profondo e che coinvolge decine di migliaia di altre persone. Anche perché, tra i lasciti della pandemia c’è anche questo isolamento sociale volontario, figlio di mesi trascorsi tra obblighi e limitazioni. E a dare il colpo di grazia ci ha pensato il mondo sempre più digitale.

Molti giovani (e non solo) hanno iniziato a utilizzare con una frequenza sempre maggiore i dispositivi: dagli smartphone ai pc, passando per altri sistemi e strumenti di interazione virtuale (come i videogiochi online). Tutto ciò ha creato un senso di dipendenza (anche social) che ha allontanato molte persone dalla “vita pubblica”. Dagli incontri in carne e ossa. Dunque, ecco che il fenomeno hikikomori ha trovato terreno fecondo per instillarsi all’interno del tessuto sociale mondiale.

Share this article
TAGS