Stiamo passando dal giornalista influencer al giornalista content creator?

Fare informazione sui social network rende un giornalista influencer? E, poi, i giornalisti che usano i vari social, come Lorenzo Tosa, possono essere considerati dei content creator? In questo articolo rifletteremo su queste e altre domande

24/06/2023 di Giorgia Giangrande

Lorenzo Tosa è un giornalista influencer? Non propriamente o, comunque, non più. Sempre di più, infatti, l’espressione «influencer» ha lasciato il posto all’etichetta di «content creator». Ma questo è valido anche per i giornalisti? Disclaimer: non c’è una risposta esatta, ma proveremo a riflettere insieme sulla questione.

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Il giornalista influencer è considerato un content creator?

Fino a qualche anno fa (attenzione, anche meno di dieci), il giornalista era immediatamente associato alla carta stampata. Gianni Minà, per citare un’icona del giornalismo in Italia, e non solo. Con l’avvento di Internet e, più di tutto, dei social network, anche il giornalista è sbarcato sui social. Come i nutrizionisti, come i logopedisti, come le principali testate (sia fisiche che online). Nonostante ciò, se oggi si pensa al connubio giornalista-social, le figure che vengono in mente non sono coloro che si limitano a presidiare i social repostando scatti eventi o conferenze stampa a cui aderiscono.

Sono figure come Roberto Saviano, Francesco Oggiano, Francesca Barra. Come Lorenzo Tosa. Cosa accomuna questi nomi? Il fatto di conoscere i linguaggi dei social network, i formati, le funzionalità, i meccanismi – talvolta tossici – delle piattaforme digitali, in cui si trova di tutto. Dai dibattiti sani con i propri followers al confronto con la cattiveria degli haters. Editare un Reel, scrivere una didascalia con una call to action finale e, in generale, creare una narrazione coerente tra Stories e Post da presentare a una fanbase ampia (nell’ordine dei 100k) rende un profilo più di un semplice giornalista-influencer. Lo rende un giornalista content creator.

Chi è e dovrebbe essere un giornalista nel 2023: l’esempio di Lorenzo Tosa

La nascita di progetti di informazione digitale le cui principali delivery sono i social network ha fatto sì che le notizie, dapprima relegate nella «nicchia» dei media tradizionali, trovassero un terreno fertile anche nei social: i nuovi media. Questo ha comportato un grande cambiamento: oggi chiunque sente che, attraverso il proprio profilo, può esprimere liberamente il proprio pensiero e, in base al numero di followers, attirare consensi, dividere il popolo, influenzare. Sempre più spesso, infatti, anche nei dibattiti tra amici (nella vita reale) capita di avviare una conversazione a partire da un «Hai letto il post di Lorenzo Tosa? Cosa ne pensi?».

 

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Un post condiviso da Lorenzo Tosa (@lorenzotosa)

La risonanza di certi contenuti social e il conseguente successo di giornalisti come Lorenzo Tosa dovrebbe accendere una lampadina nei giornalisti che scelgono di non presidiare quei canali, pur svolgendo lo stesso la professione? Non necessariamente. Ma se l’obiettivo è quello di far circolare il proprio nome insieme alle proprie parole, allora questa è sicuramente la strada percorrere. Sui social il nome utente si muove insieme ai testi delle didascalie: infatti, l’azione più immediata se si condivide il pensiero di un giornalista è quella di repostare quel post nelle proprie Stories. Per il giornalista non-influencer, invece, è più probabile che a circolare siano le sue parole, non il suo nome, e, ancor di più, le sue parole direttamente associate alla testata.

Forse, in fondo, è soltanto questa la differenza tra le due figure.

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