Twitter sta provando a fuggire dal Digital Service Act?
L'abbandono del codice di condotta UE contro le fake news sembra essere il primo passo. Perché il 25 agosto partirà la sorveglianza delle aziende Big Tech, come previsto dal DSA
30/05/2023 di Enzo Boldi
L’inizio delle operazioni per abbandonare il codice di condotta dell’Unione Europea sulle fake news è solo il primo passo di un piano molto più ampio, che potrebbe avere degli effetti molto più profondi sul destino del social network di proprietà di Elon Musk nel Vecchio Continente. Perché la prossima carta sul tavolo è quella del DSA (il Digital Service Act) che potrebbe portare a una clamorosa – ma paventata – ipotesi che vedrebbe Twitter confinato al di fuori dei confini comunitari. Perché tra i vincoli imposti da questo regolamento, c’è anche una profonda attenzione da parte delle piattaforme per contrastare la disinformazione.
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Perché fin dalla sua approvazione, era nota una data di “scadenza” per quel che riguarda le 19 principali aziende del mercato digitale (tra cui, per l’appunto, Twitter): le Big Tech hanno tempo fino al 25 agosto per applicare tutti i codici di condotta previsti dal testo del DSA – compresi quelli relativi alla trasparenza e alla disinformazione -, perché a partire da quel giorno inizierà il monitoraggio del rispetto dei precetti inseriti all’interno del Digital Service Act. Per questo motivo l’abbandono del codice di condotta UE contro le fake news da parte di Elon Musk sembra essere propedeutico al mancato adeguamento al DSA.
DSA-Twitter, Musk sta provando a smarcarsi dalla legge?
Quindi, estendendo questa linea fattuale e temporale, questo potrebbe portare a un disimpegno di Twitter in Europa. Dunque, all’addio del social dei messaggi brevi nel Vecchio Continente (perché anche il Regno Unito, pur essendo fuori dalla UE, sta pensando a una normativa che ricalca in pieno i principi del DSA). Questa ipotesi era stata paventata da tempo, dato che Elon Musk non giudica l’Europa con uno spazio commerciale adeguato per la sua piattaforma. Dunque, il canto dell’uccellino potrebbe essere arrivato alla nota finale. Almeno da noi.
Cosa prevede il Digital service act sulle fake news
Anche se l’adesione al codice di condotta dell’UE contro la disinformazione è sempre stata volontaria, diventa una pratica strettamente vincolante con il Digital Service Act. All’interno del testo approvato (ed entrato in vigore nel novembre scorso, con i primi risultati fattuali che vedranno il via il prossimo 25 agosto) ci sono numerosi richiami a politiche di controllo da parte di grandi aziende e piattaforme sulla disinformazione. In particolare, si legge:
«Nel valutare i rischi sistemici individuati nel presente regolamento, tali fornitori dovrebbero concentrarsi anche sulle informazioni che non sono illegali ma contribuiscono ai rischi sistemici individuati nel presente regolamento. Tali fornitori dovrebbero pertanto prestare particolare attenzione al modo in cui i loro servizi sono utilizzati per diffondere o amplificare contenuti fuorvianti o ingannevoli, compresa la disinformazione. Qualora l’amplificazione algoritmica delle informazioni contribuisca ai rischi sistemici, tali fornitori dovrebbero tenerne debitamente conto nelle loro valutazioni del rischio. Qualora i rischi siano localizzati o vi siano differenze linguistiche, tali fornitori dovrebbero tenerne conto anche nelle loro valutazioni dei rischi. I fornitori di piattaforme online di dimensioni molto grandi e di motori di ricerca online di dimensioni molto grandi dovrebbero, in particolare, valutare in che modo la progettazione e il funzionamento del loro servizio, nonché la manipolazione e l’uso intenzionali e talvolta coordinati dei loro servizi, o la violazione sistemica delle loro condizioni di servizio contribuiscano a tali rischi. Tali rischi possono sorgere, ad esempio, da un uso non autentico del servizio, come la creazione di account falsi, l’uso di bot o altri usi ingannevoli di un servizio, e da altri comportamenti automatizzati o parzialmente automatizzati che possono condurre alla rapida e ampia diffusione al pubblico di informazioni che costituiscono contenuti illegali o incompatibili con le condizioni generali della piattaforma online o del motore di ricerca online e che contribuiscono alle campagne di disinformazione».
Dunque, quando si parla del rapporto DSA-Twitter non si può non far riferimento alla disinformazione. E l’abbandono del codice di condotta sembra andare proprio in quella direzione.