Gli elenchi di link su Instagram possono aiutare a ingannare l’algoritmo per la disinformazione no-vax

Se i contenuti di quei link fossero riportati testualmente sul social network, sarebbero immediatamente bannati. E invece, alcuni utenti hanno trovato un modo

11/10/2021 di Redazione

Quando si parla di disinformazione sui social network, soprattutto per quanto riguarda il macroargomento dei vaccini e del Covid-19, occorrerebbe valutare tutti gli strumenti messi a disposizione degli utenti su queste piattaforme. Non soltanto la pubblicazione dei post, delle foto, dei video, ma anche la facoltà di inserire – in bio o negli swipe – una serie di link attraverso delle piattaforme apposite che creano degli elenchi (l’esempio più utilizzato è Linktree). Secondo una recente indagine di Kiera Butler, una giornalista che ha pubblicato un articolo su Mother Jones, ci sarebbero delle modalità – individuate da alcuni influenti profili no-vax – per diffondere lo stesso la disinformazione sui social network, nonostante le varie precauzioni che piattaforme come Facebook o Instagram hanno preso negli ultimi anni per contrastarla.

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Disinformazione su Instagram attraverso i link esterni alla piattaforma

Diversi profili che si presentano come contrari alle vaccinazioni o come complottisti contro la diffusione del Covid-19 nel mondo hanno scelto una nuova tecnica per proporre alla loro audience dei contenuti che – se pubblicati direttamente sulla piattaforma – sarebbero stati immediatamente contrassegnati come notizie false, rimossi e – magari – avrebbero causato una sospensione temporanea dei profili stessi.

L’esempio fatto prende spunto dall’attività di Janny Organically, un account Instagram che presenta proprio le caratteristiche appena descritte. Utilizza un elenco di link per puntare a contenuti che parlano di presunte correlazioni tra vaccino e autismo e di effetti collaterali del vaccino da coronavirus. La segnalazione della giornalista serve proprio a indirizzare questa ricerca sugli elenchi di link, dannosi potenzialmente allo stesso modo di un post testuale, di un video o di una foto che contengono disinformazione.

Il ruolo dei collegamenti tra più piattaforme

L’interazione tra più piattaforme per aggirare gli algoritmi che dovrebbero combattere la disinformazione, in ogni caso, è sempre più frequente anche attraverso altri strumenti. C’è un modo – qui descritto in un tweet da Christopher Bouzy – per utilizzare Telegram e far andare in tendenza dei contenuti su Twitter, tra l’altro mascherando l’attività coordinata degli utenti sull’app di messaggistica istantanea.

Non basta, dunque, voler combattere la disinformazione delegando il tutto a un filtro automatico. Serve monitorare attentamente il comportamento di account che hanno proseliti e che li hanno raccolti proprio sulla base di una attività di inquinamento dell’informazione.

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