La Procura di Marsala accusa la “televisione” per i depistaggi nel caso Denise Pipitone

È quanto emerge dal verbale dell'ultima richiesta di archiviazione nei confronti di Anna Corona. Nel mirino finiscono le trasmissioni che hanno dato spazio a "denunce" che si sono rivelate solamente frutto di suggestioni o mitomania

29/09/2021 di Enzo Boldi

Prove schiaccianti, testimonianza affidabili e ricostruzioni veritiere e verosimili. Ma solo nei salotti televisivi e nelle trasmissioni che hanno tenuto alta l’attenzione sul caso della sparizione di Denise Pipitone. L’ultima vicenda di questo infinito caso di cronaca nera (e giudiziaria) riguarda l’archiviazione della posizione (e delle accuse) nei confronti di Anna Corona – ex moglie del padre della piccola scomparsa il 1° settembre del 2004 da Mazara del Vallo – e Giuseppe della Chiave (il nipote di un testimone, sordomuto e ora deceduto, che lo avrebbe indicato come esecutore materiale del rapimento), con la Procura di Marsala che lancia una forte accusa al sistema televisivo italiano.

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Ovviamente, nella richiesta di archiviazione della Procura di Marsala, non si fa riferimento a Piera Maggio. La madre della piccola, scomparsa da Mazara del Vallo nel 2004, vive da anni nel dolore e giustamente non si arrende. Vuole che le ricerche proseguano perché la perdita di una figlia è un male insormontabili. Il discorso dei pubblici ministeri va a colpire tutto il sistema mediatico che nel corso degli anni (anche di recente) ha dato vita a un vero e proprio circo fatto di testimonianze prese per buone (e poi smentite all’interno delle aule giudiziarie) o episodi di mitomania. Perché l’effetto di tutto ciò ha avuto un lato positivo (quello di tenere accesa l’attenzione su questo caso) ma anche molti aspetti negativi, con indagini basate sul nulla.

Denise Pipitone, procura di Marsala accusa la televisione

Ma cosa scrive la Procura di Marsala? Come riporta Salvo Palazzolo sul quotidiano La Repubblica, nel testo del verbale con la richiesta di archiviazione nei confronti di Anna Corona emerge un’accusa al sistema mediatico italiano (ma anche straniero, come accaduto con l’emittente russa solo qualche tempo fa): «L’influenza dei media è a tale punto che essi non si limitano a raccontare gli eventi piuttosto, spesso, in una gara a chi arriva prima tra diverse testate giornalistiche, a provocarli. E tali eventi hanno pure una sgradevole referenza sulle indagini in corso». Trasmissioni che hanno focalizzato la loro attenzione su ricostruzioni (partite al di fuori dagli ambienti giudiziari e lontane dalle indagini delle forze dell’ordine) e testimonianze che hanno, di fatto, ingolfato il lavoro della Procura costretta a correre dietro a suggestioni e mitomania.

A cosa fanno riferimento i pubblici ministeri

Nel caso specifico, l’archiviazione di Anna Corona – ma anche quella di Giuseppe della Chiave – sono arrivate perché nessuna delle accuse (passate prima dalla tv per poi arrivare, solo dopo l’esplosione mediatica, nelle aule giudiziarie) ha avuto riscontri concreti. Nello specifico, infatti, la famosa “ricostruzione” fatta da un testimone sul presunto rattoppo di una parete nel garage della donna si è rivelata falsa e infondata. Così come i racconti di chi diceva di aver ricevuto confidenze direttamente da Anna Corona e dalla sua famiglia sul suo ruolo attivo nella sparizione (e l’uccisione, anche se il corpo ancora non è stato ritrovato) di Denise Pipitone.

Tutte le testimonianze false e la mitomania

Tutte narrazioni smentite dagli stessi protagonisti. Quelle stesse persone che erano andate in televisione a raccontare una storia non vera. Perché le forze dell’ordine non hanno trovato nessun “rattoppo” e nessuna doppia parete nel garage di Anna Corona; perché chi ha detto di aver ricevuto confidenze dirette ha smentito se stesso di fronte ai magistrati. Poi c’è anche un altro caso, il più emblematico, nato dalla televisione, suggestionato dalla televisione e spentosi davanti a chi indaga. Si fa riferimento alla turista che aveva raccontato (in televisione) di esser stata ospite dell’hotel in cui lavorava all’epoca Anna Corona. Erano proprio i giorni in cui Denise Pipitone sparì da Mazara del Vallo e la donna disse di aver visto qualcuno urlare contro “l’accusata”, rea di aver portato in quell’albergo la bambina rapita. E, in sottofondo, c’erano le grida e il pianto della piccola nascosta dietro una tenda.

Poi, però, emerse una verità ben diversa. Controllando i movimenti della sua carta di credito è venuta a galla la verità: quel giorno la turista non era in Sicilia. Evidenze che l’hanno costretta a smentire il tutto davanti ai giudici, parlando di storia raccontata a causa della suggestione mediatica e per la sofferenza di non avere notizie sulla sparizione di quella bambina di soli quattro anni. Incoscienza e mitomania che hanno costretto la Procura ad aprire casi che poi, alla fine, erano basati sul nulla. Ma a cui la televisione ha dato adito.

(foto: da Chi l’ha visto, RaiTre)

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