È vero che Amazon mette in primo piano i propri prodotti?

La Commissione UE, oltre alle 5 indagini avviate contro Meta, Alphabet e Google, vuole verificare anche il comportamento della piattaforma di e-commerce

26/03/2024 di Enzo Boldi

Il principio sembra essere quasi paradossale, ma nell’ecosistema digitale e nelle leggi che lo regolamentano, la trasparenza e la neutralità dei sistemi e servizi a disposizione del pubblico/utenti devono seguire dei princìpi di basa. Il primo tra tutti è quello dell’eguale possibilità di concorrenza. In un approfondimento precedente, abbiamo parlato dell’indagine avviata – ai sensi del Digital Markets Act – nei confronti di Alphabet (la società che controlla Google) per quel che riguarda la pratica della cosiddetta “self-preferencing“. Si tratta di un tema molto vicino a un altro approfondimento investigativo aperto dalla Commissione UE contro Amazon: quello relativo al ranking nei risultati delle ricerche.

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Per spiegarla in modo semplice: quando effettuiamo una ricerca attraverso il motore di ricerca interno ad Amazon, il sistema ci restituisce una serie di risultati relativi ai prodotti correlati alla nostra ricerca. Si possono inserire dei filtri per evitare di visualizzare risposte che non sono di nostro interesse (dal produttore alle “stelline” relative alle valutazioni degli altri utenti, fino ad arrivare alle modalità di consegna e molto altro), ma inizialmente la piattaforma di e-commerce ci mostra dei risultati in base a un proprio ranking (gestito, ovviamente, da un algoritmo).

Commissione UE contro Amazon, l’indagine

Ed è proprio su questo fattore che la Commissione europea vuole avere delle risposte dal gigante dell’e-commerce. Nel comunicato con cui è stato annunciato l’avvio di queste misure investigative, infatti, viene sinteticamente spiegato:

«Amazon potrebbe favorire i prodotti del proprio marchio sull’Amazon Store in violazione dell’articolo 6, paragrafo 5». 

Dunque (ricordiamo che per il momento non si parla di violazione, ma di un approfondimento investigativo), Amazon potrebbe mettere in cima al ranking delle ricerche i prodotti che portano il proprio marchio. Qualora fosse evidenziato questo comportamento, si cadrebbe in una violazione (anche) del Digital Markets Act – lo stesso articolo contestato anche a Google -, applicando quella pratica denominata “self-preferencing” che ostacola gli altri produttori attraverso l’abuso di una posizione dominante sul mercato.

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