Perché la UE ha avviato indagini contro Meta, Google, Apple

I primi effetti del Digital Markets Act, dopo la sua entrata in vigore. Il processo di analisi dei vari punti critici, però, sarà lungo e non durerà meno di 12 mesi

26/03/2024 di Gianmichele Laino

Europa, Europa. Risuona nei corridoi degli uffici delle grandi aziende di Big Tech di oltre oceano il noto slogan di un programma di fine anni Ottanta-inizio anni Novanta dell’indimenticabile Fabrizio Frizzi. Perché, adesso, con il Digital Markets Act si prova a fare sul serio. Certo, con i tempi burocratici tipici dell’istituzione europea, dal momento che è stato approvato nel 2022 e che è entrato ufficialmente in vigore nel 2023. I suoi primi effetti, tuttavia, si sono fatti sentire nelle ultime ore, con la notizia dell’avvio di un’indagine – in virtù degli aspetti normativi che vengono trattati nel documento – nei confronti delle grandi multinazionali del digitale Meta, Apple, Google e Amazon. Una indagine UE con il DMA che, tuttavia, farà sentire i suoi effetti almeno tra dodici mesi. E in dodici mesi, nel settore del tech, può davvero succedere di tutto.

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Indagine UE con DMA: cosa rischiano le grandi aziende Big Tech

Lo hanno comunicato, nel corso di una conferenza stampa, i commissari Margrete Vestager e Thierry Breton. Entrambi hanno messo in evidenza quali sono i cinque punti su cui si focalizzeranno le ispezioni europee per arrivare a stabilire pratiche corrette sul mercato. Il DMA, infatti, si è sempre posto l’obiettivo di tutelare la concorrenza, in un ambito – quello digitale – che da sempre paga lo scotto di vedere come protagonisti sempre i più grandi, i più ricchi e i più radicati nelle vite (online) degli utenti.

Per questo motivo, dunque, si indaga sul monopolio nel settore del motore di ricerca da parte di Google, con la diretta conseguenza di favorire i propri servizi nell’ambito delle transazioni in e-commerce. Secondo questo principio, poi, vengono investigati i comportamenti dei social network come Facebook e Instagram – di proprietà di Meta – per la gestione dei dati personali e per la questione del pagamento per evitare il tracciamento di questi ultimi da parte degli utenti. Gli app store di Apple risultano favoriti sui dispositivi di Cupertino, così come il Google Play Store risulta essere quasi monopolista sui dispositivi di Mountain View. Il ranking dei prodotti proposti dall’e-commerce di Amazon, inoltre, potrebbe essere messo a sua volta in discussione rispetto ai principi previsti per i cosiddetti gatekeeper definiti in questo modo nel DMA.

Nel frattempo, Google, Apple e Amazon affermano di aver messo in campo delle strategie conformi rispetto a quello previsto dal Digital Markets Act appena entrato in vigore e che le proprie proposte siano in linea con quanto richiesto dal mercato. Risposte standard, che si ripetono – uguali a se stesse – ogni volta che ha inizio un procedimento sanzionatorio o, come in questo caso, una indagine per la verifica della conformità con una legge europea. Conosceremo la verità, forse, soltanto tra mesi. E così passerà un altro anno nel corso del quale le grandi aziende di Big Tech proveranno a minimizzare gli effetti del DMA sui propri business europei.

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