Chiusura regioni causa coronavirus, il ministro Boccia non la esclude

«Appena si accende una spia bisogna intervenire»

09/10/2020 di Redazione

Se la parola lockdown sembra ancora un tabù – anche se il ministro della Salute Roberto Speranza è passato dal darla come misura non praticabile una seconda volta a utilizzare il condizionale su un nuovo ricorso -, non lo è più quello della chiusura regioni. Il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia ha affermato, nel corso di un’intervista a Radio Capital, che se si accende una spia sulla diffusione del contagio da coronavirus, è opportuno intervenire.

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Chiusura regioni, secondo Boccia non si può escludere

Dal 3 giugno scorso, infatti, le regioni sono di nuovo a libera circolazione. Ma la nuova impennata dei contagi della prima settimana di ottobre potrebbe portare l’esecutivo ad attuare nuovamente delle misure severe per quanto riguarda la mobilità da un territorio all’altro. «Le limitazioni di spostamento tra le regioni non possono essere escluse, non si può escludere nulla – ha detto -. Dobbiamo difendere il lavoro e la salute a tutti i costi. La mobilità tra le regioni deve essere salvaguardata, ma la situazione dovrà essere monitorata giorno per giorno».

Perché si potrebbe arrivare alla chiusura regioni

Insomma, una prima misura più restrittiva, dopo l’obbligo di indossare la mascherina sia all’aperto sia al chiuso laddove possibile, potrebbe proprio essere quella di portare i cittadini a non spostarsi dalla regione di residenza o dove sono domiciliati al momento. L’attuale distribuzione dell’epidemia da coronavirus in tutto il territorio italiano è dovuta proprio al fatto che, per tutta l’estate, c’è stata una circolazione molto più libera delle persone. Non a caso, in questi giorni, i casi più preoccupanti sono al sud, con la Campania che è una delle regioni che fa registrare più contagi giornalieri in Italia e con altre regioni meridionali – si pensi alla Puglia, ma anche alla Basilicata e alla Sicilia – che stanno vivendo giorni che non avevano avuto modo di sperimentare nel corso della prima fase della pandemia.

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