C’è davvero bisogno, nel dibattito politico, di titoli di giornale tipo «Campo lardo»?

L'editoriale di Marco Travaglio sostiene anche che «a dettar legge non è il leader con più seggi e consensi, ma con più chili»

03/08/2022 di Redazione

Se la politica non offre sicuramente un bello spettacolo in questa campagna elettorale estiva (durante la quale, tra le altre cose, non si sa ancora bene chi correrà con chi), anche l’informazione e la carta stampata non stanno benissimo. L’editoriale del Fatto Quotidiano di oggi, firmato da Marco Travaglio, non poteva che puntare il dito sull’alleanza tra il Partito Democratico e Azione di Carlo Calenda. Non ci si aspettava di certo un panegirico esaltante, ma la scelta di titolarlo Campo lardo, con un riferimento neanche troppo velato all’aspetto fisico di chi lo ha sottoscritto, sembra davvero estranea alla normale dialettica.

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Campo lardo, il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio

Tanto più perché i toni da bodyshaming non si sono certo fermati al titolo. All’interno dell’editoriale, si fa anche questo passaggio: «Infatti a dettar legge non è il leader con più seggi e consensi, ma con più chili». Nelle righe successive, anche se non viene esplicitamente nominato Carlo Calenda, si citano le sue percentuali: dato al 3,6% da Pagnoncelli e al 7% da se stesso, avrà il 30% dei posti contro il 70% del Pd dato da Pagnoncelli al 23%. Impossibile non associare a lui il riferimento fatto attraverso questa battuta.

Nonostante i progetti editoriali solidi e affermati, si cerca sempre più spesso di trasferire sulla carta stampata alcune dinamiche che sono proprie della rete: quella, ad esempio, della battuta sul corpo, dell’insulto mordace che – soprattutto agli occhi delle nuove generazioni – difficilmente fa ridere. Ecco, questa cosa di prendere dal web sempre gli aspetti peggiori e declinarli successivamente in formule e formati più tradizionali (come i giornali) non giova al futuro dell’informazione. Addirittura, le solite nuove generazioni a cui facevamo riferimento fanno fatica a comprendere queste dinamiche: perché qualcosa che loro stessi combattono sui social network dovrebbe incontrare il loro gradimento su altre “piattaforme”?

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