Non solo il FB che riammette Trump, anche quello che lascia Bolsonaro diffondere fake news sull’elezione di Lula

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Perché Trump è stato bannato da Facebook e Bolsonaro no, al netto delle situazioni simili e del modo simile in cui hanno agito in occasione degli assalti a Capitol Hill e a Brasilia?

Nell’attacco ai palazzi del potere brasiliani in nome di Bolsonaro – azione fatta per protestare contro la presunta frode elettorale che ha premesso a Lula di vincere – i social network hanno avuto un ruolo chiave (Giornalettismo ha dedicato un suo monografico alla questione). Partendo dal peso specifico di Twitter e Telegram nell’organizzazione della rivolta, abbiamo analizzato il modo in cui i social sono stati sfruttati tanto da arrivare a creare un parallelismo tra il caso di Capitol Hill e quello di Brasilia. Anche le piattaforme di Meta hanno avuto il loro ruolo rispetto a ciò che è accaduto in Brasile: Bolsonaro su Facebook ha fatto disinformazione sul coronavirus (in particolare, correlando il vaccino anti coronavirus con una maggiore possibilità di sviluppare l’AIDS), bufala che è stata rimossa dalla piattaforma di Meta prontamente. L’ex presidente del Brasile ha anche creato un decreto apposito – annullato dalla Corte Suprema – che puntava a impedire ai social di arginare la disinformazione. Un rapporto di certo turbolento, quello tra Facebook e Bolsonaro, eppure – nonostante il precedente di Donald Trump – il politico brasiliano non ha ricevuto lo stesso trattamento riservato al tycoon il giorno dopo gli attacchi a Brasilia.



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Bolsonaro su Facebook e Trump su Facebook: la differenza di trattamento

Si tratta di due situazione simili, quelle dell’utilizzo dei social fatto da Trump e quello fatto da Bolsonaro, con trattamenti differenti che rispecchiano l’enorme cambiamento che la moderazione ha fatto in un paio di anni. Gli account di Trump furono bloccati da Meta, da Twitter e da Google (su Youtube) a gennaio 2021 poiché ritenuto responsabile – con i contenuti che pubblicava – di incitare alla violenza. Una comunicazione che ha contribuito, come stabilito poi, a portare i suoi seguaci alle porte di Capitol Hill con le conseguenze che tutti ben conosciamo. Una comunicazione per la quale – ancora in tempi recenti – la Commissione di Giustizia Usa ha raccomandato di incriminare Trump per quell’assalto.



Perché quello che a Trump, appena un paio di anni fa, è costato il blocco su Facebook e Instagram oggi non ha comportato la stessa cosa per Bolsonaro? Ci sono due cose da tenere ben presenti: la moderazione da parte dei social network – seguendo il dibattito che attorno ad essa si è creato – è molto cambiata nel lasso di tempo che è intercorso tra gennaio 2021 e gennaio 2023. L’ex presidente del Brasile – proprio come ha fatto Trump – ha condiviso un post in cui veniva messa in dubbio la validità dell’elezione di Lula. Post che, però, è rimasto sulla sua bacheca per poco tempo ed è stato poi cancellato (come riporta CNN Brasile).

Appena due giorni dopo l’assalto, il 10 gennaio 2023, Bolsonaro ha voluto mettere in dubbio il risultato delle elezioni alludendo a brogli elettorali. Il contenuto è rimasto online per circa tre ore. Si trattava di un video che mostrava l’estratto di una intervista fatta a un avvocato, Felipe Gimenez, in cui l’uomo allude al fatto che l’elezione di Lula sarebbe frutto di un broglio dovuto all’inaffidabiltà del voto elettronico. «Lula non è stato eletto dal popolo brasiliano. Lula è stato scelto dal servizio elettorale, dai ministri dell’STF e dai ministri del Tribunale elettorale superiore – si sente dire nel video -. Perché se fosse una scelta del popolo, ci sarebbe potere del popolo su quella scelta, potere del popolo sul processo di conteggio dei voti».

Questa è proprio la base della posizione di coloro che, urlando al broglio, si sono introdotti nei palazzi del potere a Brasilia. Pur avendo condannato le modalità e la violenza, Bolsonaro ci è comunque “cascato” e ha condiviso quella che – secondo gli standard di Facebook – è disinformazione bella e buona che, sulla sua bacheca, assume un peso ancora maggiore nel possibile incitamento all’azione di coloro che credono in questa storia.

La differenza nella moderazione social di due anni fa comparata con quella di oggi, quindi, si nota anche per le diverse maniere in cui Meta ha scelto di affrontare due situazioni che hanno davvero molto in comune.