Il caso del bando RAI per la CDN e il vulnus giuridico dell’ora per allora

L'intervista all'avvocato Antonino Galletti che ha rappresentato l'azienda Mosai.co nei ricorsi contro l'azienda pubblica

09/11/2023 di Enzo Boldi

C’è un caso giuridico che mette in evidenza un clamoroso vulnus nella macchina della giustizia amministrativa in Italia. Parliamo del concetto “ora per allora”, spesso utilizzato nei giudizi relativi al cambiamento dello status quo rispetto al momento in cui è stata presentata una causa o un ricorso presso il Tar o il Consiglio di Stato. Parliamo di una battaglia legale figlia dell’aggiudicazione di un bando pubblico sul servizio CDN della Rai in favore di Fastweb che, come confermato dall’ultima sentenza, aveva consegnato una documentazione insufficiente in risposta ad alcuni test necessari relativi ai servizi informatici per la diffusione di servizi multimediali prodotti dall’azienda pubblica per essere usufruiti mediante tutti i dispositivi connessi a una rete internet.

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Dunque, parliamo di un bando relativo al servizio di Content Delivery Network (CDN) che faceva parte del lotto numero 2 per un valore pari a 3,8 milioni di euro. L’assegnazione, nel 2019, andò a Fastweb ma Mosai.co si oppose facendo ricorso al Tribunale Amministrativo del Lazio. Giornalettismo ha parlato con l’avvocato Antonino Galletti, legale dell’azienda ricorrente, per farsi raccontare l’andamento lento di questa causa e i vulnus che sono emersi.

Bando CDN RAI, cosa è successo dal 2019

«Noi abbiamo prima perso in primo grado al Tar che ci ha dato torto con una sentenza datata 2020 (la numero 10046/2020, ndr), poi abbiamo fatto appello al Consiglio di Stato (sezione V) ci ha dato ragione il 14 febbraio 2022 (con la sentenza 1039/22). Con quali motivazioni? Perché dice che la documentazione fornita da Fastweb alla Rai per il superamento del test era insufficiente. Tra l’altro, questa sentenza ci dà ragione dopo aver disposto in appello una consulenza tecnica che in primo grado non era stata fatta». Nella sentenza del Consiglio di Stato viene espressamente dichiarato:

“È provato il difetto di istruttoria nella fase di c.d. verifica della corrispondenza; per le informazioni che l’aggiudicatario le aveva rimesso, la stazione appaltante non era in condizione di poter dire accertata con certezza la corrispondenza, e cionondimeno, ha proceduto a disporre l’aggiudicazione”.

Mosai.co, tra le sue richieste, aveva anche richiesto di rendere inefficace il contratto stipulato in seguito al mancato rispetto di quel criterio alla base dell’aggiudicazione senza aver consegnato una documentazione sul superamento del test sufficiente. Ma il Consiglio di Stato ha respinto questa richiesta:

“Per quanto l’appellante abbia manifestato interesse al subentro nel contratto, considerato il vizio del provvedimento di aggiudicazione riscontrato – la carenza di istruttoria relativamente alla certificazione degli esiti della verifica di corrispondenza in relazione al test “S5” – non vi sono le condizioni per poter affermare con sufficiente grado di probabilità che, ripetuto il test nel rispetto delle prescrizioni imposte, le apparecchiature offerte da Fastweb s.p.a. risulteranno inadeguate a garantire il livello di prestazioni richieste dal capitolato tecnico, anche alla luce delle conclusioni raggiunte dal consulente in risposta al terzo quesito. Per queste ragioni, tenendo, altresì, conto dell’interesse della stazione appaltante alla continuazione del servizio, ormai avviato da tempo, il Collegio reputa di dover respingere la domanda di inefficacia del contratto”.

Nonostante l’accertamento del primo punto, quindi la mancata documentazione del superamento del test da parte di Fastweb, la Rai non si muove e Mosai.co srl decide di fare nuovamente ricorso al Consiglio di Stato per l’ottemperanza: «Nel corso del ricorso per l’ottemperanza, la televisione pubblica fa di nuovo l’aggiudicazione a Fastweb. Noi abbiamo chiesto la nullità della nuova aggiudicazione, in violazione del giudicato precedente perché è stata fatta la ripetizione della verifica (con esito positivo) senza tenere conto di nuovi elementi». Ed è qui, leggendo la sentenza 01784/23 che entra in ballo un concetto giuridico che non dovrebbe – ma lo ha – essere inserito all’interno delle cause giudiziarie legate alle tecnologie. Nello specifico, infatti, si legge:

“Invero, partendo dal presupposto che Mosai.Co non contesta la circostanza per cui la verifica di corrispondenza sia stata effettuata dalla RAI rispettando i requisiti metodologici richiesti dalla CTU, va rilevato che la tesi della ripetizione della verifica “ora per allora” non è suscettibile di pratica realizzazione, come rileva la RAI, in un contesto di sopravvenuta modifica tecnologica. Allorché la rinnovazione sconta il “fattore tecnologico”, l’attività si traduce tendenzialmente nel consentire l’attribuzione del bene della vita con la medesima decorrenza del provvedimento annullato; mentre nel caso della riedizione di un giudizio meramente documentale il carattere retroattivo dell’annullamento consente un più intenso rispetto del criterio “ora per allora”. 

L’avvocato Galletti ci spiega questo clamoroso vulnus basato sul concetto “ora per allora“: «Questo è il punto nevralgico. Perché la Rai ha ripetuto la verifica di corrispondenza – in video-conferenza, ndr – due anni dopo. Su questo incidono due fattori. Il primo riguarda la durata del giudizio amministrativo, perché in questo caso tutto è partito da una vicenda iniziata nel 2019 e che si è conclusa in sede di ottemperanza nel febbraio del 2023. Se i tempi della giustizia amministrativa fossero stati più brevi, ovviamente, non ci sarebbe stata questa implementazione tecnologica che, invece, in quattro anni è molto più evidente». Ripetendo una prova a distanza di anni, l’esito del test è quasi necessariamente differente rispetto all’inizio per via dell’evoluzione e delle implementazioni tecnologiche.

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