Cosa prevede la proposta di legge sui “baby influencer”

Presentato dalla deputata M5S Gilda Sportiello, il testo si occupa anche dello sharenting

12/04/2024 di Enzo Boldi

Giovedì 11 aprile la presentazione alla stampa, ma quel testo era stato già annunciato un mese prima – ai parlamentare di Montecitorio. La proposta di legge firmata dalla deputata del MoVimento 5 Stelle Gilda Sportiello ha due obiettivi principali: colmare quel vuoto legislativo intorno al fenomeno dei “baby influencer” e allo sharenting. Due pratiche che sono sempre più diffuse sui social e di cui si è parlato molto anche per l’eco mediatico dei comportamenti adottati (solo di recente) da Chiara Ferragni e Fedez sui rispettivi canali social: i volto dei loro figli non viene più mostrato nelle stories e nei post, dopo anni passati a condividere tutto.

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Ovviamente, questa decisione è stata presa per motivi collaterali e non c’entra nulla con la pdl presentata da Gilda Sportiello (o con quella firmata Alleanza Verdi – Sinistra), ma il cambio di rotta ha riportato il tema dell’esposizione mediatica dei minori (anche a scopi commerciali) all’ordine del giorno anche nel dibattito pubblico. Anche perché, in altri Paesi (come la Francia), proposte di questo tipo risalgono a oltre un anno fa e l’Italia è ancora in ritardo per quel che riguarda la tutela dei minori dall’esposizione mediatica sui social network.

Baby influencer, la pdl presentata da Gilda Sportiello

Ma cosa prevede il testo della pdl firmata da Gilda Sportiello? Innanzitutto c’è un riferimento molto interessante alla legge 977 del 17 ottobre 1967, quella che si occupa del lavoro minorile. Ma in che modo si vuole integrare quanto già esistente al mondo delle piattaforme digitali?

«Si introduce quindi il nuovo articolo 4-bis che disciplina l’impiego dei minori nell’ambito delle piattaforme digitali di condivisione di contenuti multimediali che, in primo luogo, estende l’ambito di applicazione della legge n. 977 del 1967 a qualsiasi impiego e sfruttamento commerciale di minore effettuato su registrazioni sonore e audiovisive o su immagini al fine di trasmetterle, a scopo di lucro, su una piattaforma digitale di condivisione di informazioni, suoni, video e immagini. Questo comporta che qualsiasi impiego di minori sul web deve prevedere un regolare contratto di lavoro». 

Questo è un punto fondamentale per quel che riguarda il mondo dei “baby influencer” e che riprende, in alcuni aspetti, la normativa francese sul tema. Anche dal punto di vista economico:

«I redditi stessi vengono versati immediatamente in un conto corrente gestito, fino al raggiungimento dei diciotto anni del minore, da un curatore speciale nominato dal tribunale in cui risiede o è domiciliato il minore medesimo. Una quota del reddito, determinata dal tribunale nei limiti stabiliti da un successivo decreto, può essere lasciata a disposizione del minore che abbia compiuto sedici anni ovvero dei rappresentanti legali del minore stesso per essere impiegata e rendicontata, nell’interesse esclusivo del minore». 

Dunque, la monetizzazione e gli introiti da eventuali accordi commerciali devono essere gestiti da un curatore nominato dal tribunale e resi a disposizione del minore solamente al compimento della maggiore età (con parte dei soldi disponibili al compimento dei 16 anni.

Sullo sharenting

Come detto, questa pdl non si occupa solo dei “baby influencer”, ma anche dello sharenting. Se ne parla nell’articolo 2 di questa proposta di legge che, per alcuni versi, ha dei princìpi molto simili a quelli annunciati nella pdl presentata da Alleanza Verdi – Sinistra. In particolare:

«Si ribadisce che il minore ha il diritto alla riservatezza ed è vietato a chiunque diffondere notizie o contenuti multimediali riguardanti i minori senza che ciò sia nell’interesse primario e oggettivo del minore, secondo i princìpi e i limiti stabiliti dalla Carta di Treviso. Si ribadisce che i genitori sono tenuti a tutelare congiuntamente il diritto di immagine del figlio minore e sono tenuti a coinvolgerlo nell’esercizio dei suoi diritti di immagine, secondo la sua età e il suo grado di maturità […] Si ribadisce che il consenso alla disposizione del ritratto o immagine di un minore ovvero dei contenuti multimediali è un atto di straordinaria amministrazione e in quanto dispositivo di diritti personalissimi e fondamentali spetta esclusivamente e congiuntamente a chi ha la responsabilità genitoriale». 

E, anche in questo caso, si parla del diritto all’oblio che un minore può far valere al compimento dei 14 anni nei confronti di chi ha condiviso la sua immagine (non solo per scopi commerciali) sulle piattaforme digitali:

«Si dispone che il diritto all’oblio del minore che ove abbia compiuto quattordici anni può in ogni momento richiedere la cancellazione dei dati personali, anche in relazione ai contenuti multimediali diffusi da chi ha la responsabilità genitoriale o con il suo consenso». 

Viene inoltre richiesta ad Agcom, Garante Privacy e Garante per l’Adolescenza e per l’Infanzia di redigere un codice di auto-regolamentazione sulla diffusione dei contenuti con minori alle piattaforme.

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