Sanità: se a Treviso va in scena il paradosso del sovranismo

La notizia ha fatto già il giro della stampa locale e nazionale, ed è stata ripresa da una bella inchiesta del Fatto Quotidiano. In Veneto, e in particolare a Treviso, roccaforte del leghismo duro e puro della prima ora, c’è carenza di medici. E allora il direttore della USL locale si trova costretto a farne arrivare dieci dalla Romania. Il tutto grazie a un accordo con l’Università di Timisoara e con quella di Padova. “Stiamo aspettando l’ok dall’Ateneo veneto – ha spiegato a Ilfattoquotidiano.it il direttore generale dell’Usl Francesco Benazzi – Si tratta di giovani medici che dovrebbero frequentare l’ultimo anno di formazione nei nostri ospedali con la borsa di studio rumena, in cambio di vitto e alloggio. E una volta imparata la lingua potrebbero partecipare ai concorsi per l’assunzione”.

Sanità, l’allarme medici destinato a peggiorare con “Quota 100”

Tutto ok? Non proprio. Bennazzi infatti racconta che la carenza di medici è strutturale, che mancano soprattutto anestesisti, ginecologi, pediatri, pneumologi e radiologi e che già in passato l’ospedale di Oderzo aveva richiesto due anestesisti croati. Ma non basta, la regione feudo della Lega, governata da Luca Zaia, ha un deficiti di ben 1300 specialisti e ne ha già richiesti 400  all’Amsi (l’associazione dei medici stranieri in Italia). Solo nell’Usl trevigiana invece, ricorda il Fatto Quotidiano, che conta sei strutture ospedaliere, oggi mancano 86 unità.

E la situazione, avvertono gli esperti, è destinata a peggiorare drammaticamente con la famigerata “Quota 100”, quando molti dei medici presenti nelle strutture pubbliche andranno in pensione. Una dinamica in cui influiscono sciuramente problemi strutturali della nostra sanità come il mancato accesso alle specializzazioni, la scarse retribuzioni (se comparate con le medie europee), i turni spesso massacranti e via dicendo. Rimane però il paradosso di un partito che si sforza di ripetere ovunque, come una litania, il motto “Prima gli italiani”, e che deve rendersi, volente o nolente conto, dell’importanza degli stranieri nella società e nell’economia italiana. Segno che la realtà è molto più complessa, e meno lapidaria, di un tweet o di un selfie da postare su Facebook.

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