Michela Murgia e i suoi mestieri prima della scrittura: «Salvini, chi dei due è radical chic?»

Il post è di quelli memorabili. E, allo stesso tempo, di quelli estremamente virali. L’autrice Michela Murgia non ha resistito e ha risposto all’ennesimo attacco di Matteo Salvini nei suoi confronti. Nella giornata di ieri, infatti, il ministro dell’Interno l’ha etichettatata come «intellettuale radical chic». La Murgia parte da questa premessa: chiunque critichi Salvini viene sempre fatto passare come una persona molto ricca dal punto di vista economico, che nulla ha a che fare con la realtà della nostra società.

Michela Murgia e il gioco della sinossi dei curriculum contro Matteo Salvini

Per questo Michela Murgia ha proposto a Matteo Salvini un gioco, denominato la sinossi dei curriculum, in cui ha messo a confronto le sue passate attività lavorative con quelle del ministro. Non con intento polemico, ma per dimostrare che – prima di raggiungere la faticosa strada del successo – Michela Murgia era una donna come tante altre, che ha dovuto lavorare per ultimare gli studi e che ha svolto mansioni diverse per portare a casa uno stipendio che, a volte, era corrispondente a quella che oggi definiremmo ‘soglia di sopravvivenza’.

La storia di Michela Murgia parte dal lontano 1991: «Nel 91, anno in cui mi diplomavo come perito aziendale – scrive l’autrice sarda -, mi pagavo l’ultimo anno di studi lavorando come cameriera stagionale in una pizzeria. Purtroppo feci quasi due mesi di assenza perché la domenica finivo di lavorare troppo tardi e il lunedì mattina non sempre riuscivo ad alzarmi in tempo per prendere l’autobus alle 6:30 per andare a scuola. A causa di quelle assenze, alla maturità presi 58/60esimi». Negli stessi anni, ricorda la Murgia, Matteo Salvini frequentava il liceo classico della Milano bene, diplomandosi con 48/60esimi, senza dover lavorare per finire il suo percorso di studi.

Chi tra Michela Murgia e Matteo Salvini è il vero radical chic

Con il passare degli anni, la differenza tra Murgia e Salvini diventa sempre più evidente. Lei svolge le mansioni di insegnante precaria, di operaia in una fabbrica (dalla quale si licenzia, dopo aver testimoniato contro il datore di lavoro per un grave caso di inquinamento ambientale), di commesso che consegnava le cartelle esattoriale, di cameriera in un ristorante o di portiere notturno in un albergo. Contemporaneamente, Matteo Salvini prendeva il tesserino da pubblicista a Radio Padania e a La Padania, faceva carriera nel suo partito, si faceva eleggere come europarlamentare, diventava segretario della Lega.

«Non facendo ancora altro mestiere che la politica – dice la Murgia rivolgendosi a Salvini -, immagino che la politica le passasse uno stipendio. Chissà se somigliava al mio, che per stare sveglia mentre gli altri dormivano prendevo appena più di mille euro al mese».

Soltanto alla fine, Michela Murgia arriva a coronare il suo sogno e a intraprendere, grazie alla fiducia di lettori ed editori, la soddisfacente (dal punto di vista economico) carriera di scrittrice affermata. Il post si chiude così: «Se adesso le è chiaro con chi è che sta parlando quando virgoletta il mio nome nei suoi tweet, forse le sarà altrettanto chiaro che è lei, signor Ministro, quello distaccato dalla realtà. Tra noi due è lei quello che non sa di cosa parla quando parla di vita vera, di problemi e di lavoro, dato che passa gran tempo a scaldare la sedia negli studi televisivi, travestirsi da esponente delle forze dell’ordine e far selfie per i social network a dispetto del delicatissimo incarico che ricopre a spese dei contribuenti. Lasci stare il telefonino e si metta finalmente a fare il ministro, invece che l’assaggiatore alle sagre. Io lavoro da quando avevo 14 anni e non mi faccio dare lezioni di realtà da un uomo che è salito su una ruspa in vita sua solo quando ha avuto davanti una telecamera».

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