Torre Maura e quegli alloggi ai rom «seguendo le graduatorie dei bandi pubblici» | VIDEO

03/04/2019 di Enzo Boldi

Nel turbinio di parole pronunciate da chi ha protestato e sta protestando contro l’arrivo di alcune famiglie di etnia rom nel quartiere capitolini di Torre Maura (e Est di Roma) è emersa e sta emergendo un a grande confusione, fatta di luoghi comuni e stereotipi razzisti che vanno oltre la mera percezione del pericolo. E così succede che il gruppetto di manifestanti si è scagliato contro una signora – che è volontaria dell’associazione Open Nomadi – che aveva accompagnato una donna roma dalla Polizia per denunciare il rogo della roulotte della sua famiglia.

«Ma che sei venuta a creà scompiglio, ma portatela via», grida uno dei più facinorosi. «Portateli a casa tua, te li devi portà a a casa tua», strilla un’altra donna che viene fermata dal cordone delle forze dell’ordine prima di entrare in contatto con la signora Patrizia. Poi altre parole e insulti vari nei suoi confronti, sintomo di un odio irrazionale e fomentato. La volontaria di Open Nomadi è stata poi fatta salire sul blindato della Polizia, prima di raccontarci la storia che c’è dietro a questa vicenda che vede protagonista il quartiere Torre Maura.

Torre Maura e le graduatorie per gli alloggi popolari

«Ho accompagnato una ventina di famiglie a sceglier casa e prendere le chiavi – ha detto Patrizia di Open Nomadi a Giornalettismo -. Il tutto è stato fatto da graduatoria: è uscito il bando, sono entrati in graduatoria, hanno aspettato il tempo che dovevano aspettare e sono stati chiamati perché il loro punteggio era alto. Non perché li hanno agevolati o perché sono rom». La questione, dunque, non è la legittimità o meno di quella che per i cittadini di Torre Maura è stata una ‘concessione’, ma il rispetto dei punti cardine di un bando pubblico e ufficiale a cui tutti coloro i quali avevano e hanno i requisiti possono partecipare.

Case assegnate secondo un bando pubblico

«Negli altri casi in cui ho accompagnato queste persone a scegliere ed entrare nell’abitazione che spetta loro di diritto e da bando, non era mai capitata una situazione simile – spiega ancora la volontaria di Open Nomadi -. È successo solamente in un’altra occasione, ma il giorno dopo chi aveva protestato ha capito la legittimità di quella decisione ed è andato a chiedergli scusa, aiutando loro anche nel trasloco». La questione, dunque, non è sociale, ma politica, con lo sfruttamento del malcontento per generare caos, indignazione e degenerazione rispetto a un qualcosa avvenuto secondo legge  e alla luce del sole. E il tutto è evidenziato dal fatto che chi protestava ha scambiato Patrizia di Open Nomadi per una donna rom.

(video e foto di copertina: FRANCESCO COLLINA / GIORNALETTISMO)

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