Il caso Sea Watch è coperto dal segreto di Stato

08/03/2019 di Enzo Boldi

Si può nascondere il destino degli esseri umani dietro a un segreto di Stato? La risposta più ovvia sarebbe no, ma sul caso dei ritardi nell’attracco della nave della Ong Sea Watch, rimasta in rada per settimane a largo delle coste siciliane in attesa di un accordo tra l’Italia e gli altri Paesi europei sulla redistribuzione dei migranti, c’è il grande rischio che il tutto si riduca in una questione su cui i cittadini non potranno mai mettere gli occhi e capire esattamente cosa è successo in quei lunghi e concitati giorni in cui si è fatta della mera propaganda politica sulla pelle dei migranti.

«Non sarà possibile sapere chi ha dato l’ordine di bloccare la nave Sea Watch a Siracusa, né chi e perché ha impedito lo sbarco immediato dei 15 minorenni a bordo dirottando poi il vascello verso il porto di Catania – scrive Avvenire -. La conferma dello stato di riservatezza degli atti arriva dal Viminale che ha respinto la richiesta di divulgazione dei documenti depositati presso il ministero delle Infrastrutture». Un muro di gomma invalicabile che non permetterà mai di render pubblico l’iter delle decisioni, i nomi e i vari protagonisti di questa vicenda.

Sul caso Sea Watch cade il segreto di Stato

«La tipologia di atti richiesti non è soggetta a pubblicazione obbligatoria» è stata la risposta del Capo di gabinetto del ministro Matteo Salvini alla richiesta di divulgazione dei documenti. Il tutto celato dietro alla norma per la «sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; la sicurezza nazionale; la difesa e le questioni militari; le relazioni internazionali; la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento: il regolare svolgimento di attività ispettive». Di tutto un po’, a mo’ di supercazzola perché la risposta arrivata dal Viminale non spiega in quali di quei casi rientra la questione Sea Watch.

Simile a quanto accaduto con la Diciotti

Un atteggiamento simile a quanto accaduto con il caso Diciotti, ricordando come Alfonso Bonafede – ministro della Giustizia – incalzato da Lilli Gruber a Otto e Mezzo su La7, faceva il vago di fronte alla richiesta di maggiori dettagli sull’iter che portò al mancato sbarco dei migranti soccorsi dalla nave della Marina Militare Italiana a largo della Libia. E, anche in quel caso, non sappiamo chi ha preso quella decisione, quando e soprattutto perché.

(foto di copertina: ANSA/ORIETTA SCARDINO)

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