Spunta una relazione segreta pre-autopsia sul caso Cucchi

08/03/2019 di Enzo Boldi

Il secondo filone dell’inchiesta sul caso Cucchi sta offrendo una visione più completa di quanto accaduto durante quella nottata dell’ottobre 2009. Il pubblico ministero del processo sui depistaggi da parte dei carabinieri in merito alla morte del geometra romano, Giovanni Musarò ha svelato in Aula l’esistenza di una relazione segreta firmata da un medico prima dell’autopsia. Un documento che, a differenza di quanto dichiarato dall’Arma nel corso del primo filone d’inchiesta, non consentiva di accertare le cause del decesso. Quindi, non permetteva di escludere che il decesso di Stefano Cucchi sia morto per le botte ricevute.

«Il 30 ottobre 2009 era stata fatta una relazione preliminare sui primi risultati dell’autopsia di Cucchi tenuta segreta – ha detto il pm Giovanni Musarò nel corso dell’udienza ai cinque carabinieri imputati a Roma -, ma di cui il Comando Provinciale e il Gruppo Roma sapevano. In quel documento preliminare si sottolineava che la lesività delle ferite allo stato non consentiva di accertare con esattezza le cause della morte». Un documento mai condiviso dai carabinieri nel corso del processo sul Caso Cucchi e che viene svelato solamente oggi.

Caso Cucchi, spunta una nuova relazione

«La prima consulenza medico legale su Stefano Cucchi è stata farlocca, le testimonianze di consulenti e periti dell’altro processo introdurrebbero un vizio nel processo attuale – spiega ancora Musarò -. Il precedente processo è stato giocato con un mazzo di carte truccate, ora il mazzo è nuovo ma la credibilità di quei testi è irreparabilmente inficiata». I legali della famiglia Cucchi sarebbero stati a conoscenza di questa relazione segreta fin dal 2019, ma la richiesta di portare agli atti di questo documento a processo non sarebbe mai stata accettata.

Un documento richiesto già nel 2009

«Nei verbali a firma dell’allora comandante del Gruppo Roma Casarsa e dell’allora comandante provinciale Tomasone la relazione non viene menzionata – ha proseguito Giovanni Musarò nel suo intervento di fronte alla Corte d’Appello di Roma -. Nel documento, sottoscritto dal dottor Tancredi, si sottolineava che la lesività delle ferite allo stato non consentiva di accertare con esattezza le cause della morte. Ma già in quei giorni i carabinieri, pur sapendo di quella relazione preliminare segreta, nel verbale escludevano un nesso di causalità delle ferite con la morte».

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