La Consulta legittima la legge Merlin: «La prostituzione non è una libertà sessuale»

06/03/2019 di Enzo Boldi

Negli ultimi giorni, dopo la dichiarazione di Matteo Salvini sulla volontà di riaprire le case chiuse e di regolamentare la prostituzione, si è tornati a parlare della legge Merlin. La norma, approvata dal Parlamento italiano il 20 febbraio del 1958, è finita nel mirino – come accade ciclicamente – di chi vorrebbe togliere alcuni paletti di quel provvedimento per rendere la ‘cessione di prestazioni sessuali a pagamento’ una vera e propria professione. Giovedì mattina, però, la Consulta si è espressa a favore proprio delle prescrizioni indicate dalla senatrice Lina Merlin 61 anni fa spiegando che non vada contro i principi costituzionali.

La questione della legittimità della legge che sancì – tra le altre cose – i reati di induzione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione era stata sollevata dal tribunale di Bari nel merito del processo che vede coinvolto Gianpaolo Tarantini, l’imprenditore pugliese accusato di presentare le escort a Silvio Berlusconi. Nel procedimento è stata sollevata la legittimità della legge Merlin. Ora, con il parere della Consulta, il processo potrà riprendere con le accuse, oramai legittime, di sfruttamento della prostituzione.

La libertà sessuale non equivale alla prostituzione

«Le questioni erano state sollevate con specifico riferimento all’attività di prostituzione liberamente e consapevolmente esercitata dalle cosiddette escort – si legge in una nota ufficio stampa della Corte Costituzionale che ha anticipato il deposito della sentenza -. I giudici baresi sostenevano, in particolare, che la prostituzione è un’espressione della libertà sessuale tutelata dalla Costituzione e che, pertanto, punire chi svolge un’attività di intermediazione tra prostituta e cliente o di favoreggiamento della prostituzione equivarebbe a compromettere l’esercizio tanto della libertà sessuale quanto della libertà di iniziativa economica della prostituta, colpendo condotte di terzi non lesive di alcun bene giuridico».

La Legge Merlin non è incostituzionale

Per la Consulta, però, non è così e «non è in contrasto con la Costituzione la scelta di politica criminale operata con la legge Merlin, quella cioè di configurare la prostituzione come un’attività in sé lecita, ma al tempo stesso di punire tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino. Inoltre, la Corte ha ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzione non contrasta con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale». Il processo, dunque, andrà avanti con le accuse già mosse in primo grado.

(foto di copertina: ARCHIVIO ANSA)

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